A volte gli ironmen possono incutere timore. O almeno una sorta di reverenza. Alex Bellini, classe 1978, ha attraversato il deserto di corsa, l'Alaska in slitta, un oceano a remi e poi un altro nello stesso modo, perché evidentemente non gli bastava ancora. Scorri la sua biografia infarcita di imprese al limite dell'umano e inizi a immaginare un energumeno inossidabile e inscalfibile, di quelli che sanno esattamente dove vanno e dove va il mondo attorno a loro. Ti prefiguri lezioni sulla consapevolezza acquisita, sul karma, sull'equilibrio interno. 
Poi ci parli per un'ora, con Alex Bellini, e scopri ovviamente tutt'altro. Un uomo che ha saputo cambiare prospettiva, innanzitutto, il cui sguardo da sé stesso si è allargato al mondo (che non è certo un passaggio banale). Un uomo gentile e pacato, che ti pare subito sorridente anche se non lo stai vedendo fisicamente. E soprattutto un uomo pieno di dubbi sul futuro del pianeta, un po' come tutti noi; ma che - a differenza di tanti altri che potrebbero farlo - si è messo a studiare, a documentarsi, a comunicare, a parlare prima che sia troppo tardi. 
Ecco che cosa ci ha raccontato nell'intervista che gli abbiamo fatto. 


Alex Bellini - foto Paul Wilkinson
 

Alex, partiamo da questo cambiamento. Quando hai iniziato a concentrarti meno su te stesso e più sul mondo?
È stata una trasformazione che è avvenuta a poco a poco. Per vent'anni ho esplorato il mondo guidato dalla domanda "chi sono?". Tuttavia, non mi accorgevo granché di quello che mi circondava: ho attraversato a remi l'Atlantico nel 2006 e il Pacifico nel 2008, ma ero talmente focalizzato sull'impresa e sul superamento dei miei limiti che non mi era neanche passata per la testa l'idea che gli oceani potessero essere in cattive condizioni di salute. Poi ho iniziato a guardarmi attorno. Forse sono "cresciuto", poi sono arrivate mia moglie Francesca, le mie figlie Sofia e Margherita... e ho capito che non potevo più non fermarmi a riflettere sul rapporto tra uomo e natura.
 
Un rapporto che è sempre più in crisi. 
In grande crisi. L'uomo sta cambiando il mondo, ma non riesce a cambiare se stesso. Ne ho ragionato con la mia famiglia e ne è nato il nuovo progetto cui sto lavorando, 10 Rivers 1 Ocean, ideato anche con il contributo di mia moglie. Abbiamo deciso di concentrarci sulla plastica in mare: un problema ormai evidente a tutti, di cui l'uomo è responsabile al 100%, ma di cui pochi conoscono le cause.
 

Alex Bellini, la moglie Francesca e le figlie Sofia e Margherita - foto Paul Wilkinson

Ovvero da dove viene tutta questa plastica che ci ritroviamo in mare.
Esatto. Grazie a uno studio tedesco, ho capito che l'80% della plastica presente nei mari e negli oceani di tutto il mondo proviene da 10 grandi fiumi (di cui quattro in Cina; gli altri sono Mekong, Gange, Indo, Amur, Niger, Nilo). Perché allora non risalire come salmoni questi fiumi, in modo da capire dove questa plastica ha origine? E soprattutto, quali sono le condizioni in cui vivono gli uomini lungo le rive di questi fiumi, quali i loro schemi mentali? L'idea è stata quella di navigare sulle parti più densamente inquinate di questi corsi d'acqua, procedendo su zattere di fortuna da inventare di volta in volta con materiali di recupero trovati lungo le sponde.

Il primo, a febbraio 2019, è stato il Gange, in India. Che cosa hai trovato?
Una situazione incredibile. L'indiano medio ha una relazione quasi spirituale con il fiume, trascende dal fiume stesso, a volte lo venera proprio. Ma manca completamente dell'aspetto più concreto: è come se non pensasse minimamente a quali sono gli effetti delle sue azioni. Ho visto persone gettare i fiori nelle acque del Gange ponendoli prima in un sacchetto di plastica, così da farli viaggiare più a lungo! Oppure: ho chiesto a un signore di bollire l'acqua del fiume, così da utilizzarla per cucinare. Ne è seguita questa conversazione: "Ma come mai vuoi bollirla?" "Beh, perché le analisi dicono che contiene batteri fecali 500mila volte più del livello di sicurezza..." "Figurati! Guarda me: ho 70 anni, bevo quest'acqua tutti i giorni e sono in forma splendida!". Ecco, spesso diamo un senso al mondo vedendo come stiamo con il nostro corpo, ma non andiamo oltre. Non siamo in grado di capire la complessità e la fragilità dell'insieme.


Alex Bellini sul Gange - foto Mauro Talamonti

Il primo fiume cinese che hai solcato è stato invece il Fiume delle Perle, insieme a Folco Terzani. Quali differenze hai riscontrato con l'India?
Innanzitutto che l'India non ha un piano, la Cina sì: pur essendo un grande inquinatore, sta facendo grandi sforzi per ridurre il suo impatto. E poi che cinese medio è sempre indaffarato a fare, a produrre. Pensavo di raccogliere canne di bambù, per costruire la mia zattera, invece non ne ho trovata nessuna: tutto è utilizzato nell'industria della costruzione. E in generale, ho visto molta pratica del riciclo, visto che anche l'immondizia ha un valore: forse perché le risorse sono finite e non infinite, e loro sono così in tanti. In alcuni tratti del fiume ci sono anche dei veri e propri "guardiani del fiume". Ma c'è anche tanta povertà, tanta fame.

E di qui vengono molte riflessioni sul legame tra povertà e inquinamento... 
Certo. La paura della morte in molte zone del mondo è così forte che non ci si chiede neppure quale stile di vita si può o si deve adottare. A volte l'inquinamento sembra un problema per ricchi, così come l'utilizzo dell'energia. Ma il problema ambientale è per tutti. Sono in tanti quelli che potrebbero dire "mi state rubando il presente", non solo il futuro, come dicono Greta e i ragazzi dei Friday For Future. Anche perché non esiste un pianeta B, un pianeta di riserva.


Alex Bellini sul Fiume delle Perle - foto Folco Terzani


La zattera costruita da Alex Bellini sul Fiume delle Perle - foto Wing@TwinTigerStudios​

Se si risolvessero i problemi legati alla povertà, qualcosa quindi potrebbe cambiare, secondo te?
Certo, ma sono molti i discorsi collegati. Altre parole chiave sono educazione e accessibilità alla scuola, fondamentali per accrescere la consapevolezza. Lo spartiacque è la conoscenza, la comprensione delle varie dinamiche. L'indiano povero e analfabeta si immerge nel Gange, l'indiano colto spesso non lo fa. 

E noi, cosa possiamo fare per dare il nostro contributo?
Guarda, io sono convinto che per quanto piccolo il contributo di ogni singola persona è sempre meglio di zero. Partendo dall'equazione "vivo, quindi consumo, quindi impatto" spesso ripeto che dovremmo ridurre i consumi, visto che non c'è prodotto più sostenibile del prodotto non acquistato. E poi, fare le nostre scelte in maniera consapevole, sia quando si acquista sia quando si vota. Ci sono grandi aziende che hanno intrapreso percorsi lenti ma ben precisi per rinnovarsi in questo senso, le cosiddette "benefit corporation": ecco, iniziamo a premiarle. Se tutti acquistiamo i loro prodotti, magari un domani sugli scaffali troveremo altri prodotti simili. Un ciclo virtuoso. 


Alex Bellini sul Fiume delle Perle - foto Wing@TwinTigerStudios​

Il Touring insiste spesso sul concetto di "bene comune" per sensibilizzare gli italiani a prendersi cura di quello che gli sta attorno.
È un concetto estremamente importante, su cui dovremmo lavorare molto. Mi è piaciuta moltissimo una vacanza passata in Svezia con la mia famiglia, dove ho imparato quanto per gli svedesi la natura sia un diritto di tutti, quindi anche mio, che devo assicurarmi di preservarlo. Se ci pensi, quando parliamo di ambiente sembra sempre che l'ambiente stia altrove, separato dall'uomo. Proteggere l'ambiente pare quasi un'azione altruistica. Invece dovrebbe essere un'azione egoistica! Proteggere l'ambiente significa proteggere noi stessi. 


Alex Bellini sul Gange - foto Mauro Talamonti

Tornando a 10 Rivers 1 Ocean, come procederà il progetto?
Nel 2019 avevo fatto in tempo anche a percorrere a remi il Great Pacific Garbage Patch, quell'enorme ammasso di plastica che le correnti stanno formando nell'oceano Pacifico, al largo degli Stati Uniti d'America. Poi nel 2020 stavo per partire per il Nilo, che ha un legame stretto anche con il nostro Mediterraneo, quando è scoppiata la pandemia. Mi sono dovuto mettere in pausa. Ma non per questo il progetto si ferma: navigare è solo uno dei tanti modi per comunicare alla gente, si può agire anche parlando, raccontando, portando la propria testimonianza. È quello che stiamo cercando di fare anche in questi giorni.



Inquinamento nel Great Pacific Garbage Patch - foto Alex Bellini​

Alex, per finire, ti definisci ancora esploratore? O preferisci essere chiamato ambientalista?
Oggi mi definisco eco-esploratore, ma capisco che sia una tautologia... però mi piace sempre il concetto di esploratore che viaggia per acquisire conoscenze e poi diffonderle al mondo. Da sempre l'esploratore ha un ruolo di pioniere, di capofila, di trasmettitore di un messaggio: ecco, in questo senso mi sento esploratore nel profondo del cuore, e non cambia molto se esploro un fiume inquinato o una landa desolata. 

Viaggiare è quindi importante per conoscere.
Di più: è indispensabile. Anche perché viaggiare significa conoscere, conoscere significa comprendere, comprendere significa prendersi cura e difendere. Un conto è leggere di Tuvalu e del fatto che queste isole pacifiche siano a poco a poco sommerse dall'innalzamento degli oceani, dovuto al cambiamento climatico. Un altro conto è andarci, vederlo con i tuoi occhi, poterlo raccontare, diventarne ambasciatore.

C'è un luogo al mondo che ti è rimasto particolarmente "dentro"?
Senz'altro. È il ghiacciaio nei pressi di Ilulissat, nella Groenlandia nordoccidentale. Sono stato lì con la mia famiglia, è uno spettacolo che non dimenticheremo mai. Un'enorme massa di ghiaccio che si riversa in mare davanti ai tuoi occhi e da cui ogni giorno si staccano decine di iceberg. Tutto avviene davanti a te, in una sola fotografia: la neve che diventa ghiaccio, il ghiaccio che si scoglie in mare, il ciclo degli elementi che continua. Uno spettacolo straordinario. 

INFORMAZIONI
- Il sito web di Alex Bellini è alexbellini.com; quello di 10 Rivers 1 Ocean www.10rivers1ocean.com.