Fu uno dei quattro lager italiani, l’unico con un forno crematorio. Oggi è un museo per ricordare
In pellegrinaggio alla Risiera di San Sabba, a Trieste
Il 27 gennaio si celebra la Giornata della memoria per commemorare i milioni di vittime dell’Olocausto. Milioni di morti che hanno insanguinato la mappa dell’Europa durante la Seconda Guerra Mondiale. Milioni di morti che hanno sancito nei fatti la fine della presenza secolare della cultura e delle genti ebraiche nell’Europa Centrale e Orientale.
- Il reportage dedicato alla Varsavia ebraica
È l’ingresso della Risiera di San Sabba, uno dei quattro lager nazisti in Italia. Perché si tende spesso a ignorare, o quantomeno a dimenticare, che anche sul territorio italiano dopo l’8 settembre 1943 vennero creati campi di concentramento. Di questi la Risiera era l’unico con un forno crematorio, gli altri si trovano a Bolzano, a Fossoli – una frazione di Carpi, in provincia di Modena – e a Borgo San Dalmazzo, in provincia di Cuneo.

Dopo l’8 settembre, quando a Trieste arrivarono i tedeschi fu trasformato nello Stalag 339, un campo di prigionia provvisorio per militari italiani. Successivamente venne trasformato nel Polizeihaftlager: campo di detenzione e polizia affidato alle SS, l’ingranaggio di un sistema infernale. Dopo la Liberazione continuò a essere utilizzato come campo di raccolta per profughi dai Paesi oltre Cortina, fino a quando, nel 1965 non divenne quello che è oggi: un monumento nazionale dove esercitare quella pratica necessaria per ogni Paese evoluto, il ricordo.


Un luogo che racconta, bene, una storia tragica. Un luogo altamente educativo. Dove andare perché come scriveva il cacciatore di nazisti Simon Wiesenthal: «Tutti devono sapere che delitti come questi non cadono sul fondo della memoria: non vengono prescritti. Chiunque pensasse a un nuovo fascismo deve sapere che, alla fine, sarà sempre la giustizia a vincere». E la giustizia si nutre, anche, del ricordo.
Risiera di San Sabba, via Giovanni Palatucci 5, Trieste; www.risierasansabba.it.