Passione Italia. A fronte del forte momento di difficoltà che il Paese sta attraversando e per ricordarci tutti insieme che possiamo essere uniti anche a distanza, il Touring lancia Passione Italia, una campagna per promuovere il territorio italiano e le sue bellezze. Un invito a tutti a “viaggiare da casa”, per scoprire e riscoprire ciò che ha da offrire il nostro Paese, semplicemente dal computer o smartphone. Scoprite tutti i contenuti su www.touringclub.it/passioneitalia e sui canali social dell'associazione. E contribuite alla mappa della bellezza con #passioneitalia #mappadellabellezza.     
Il reportage, che vi invitiamo a ripercorrere non appena l'emergenza sarà finita, è stato realizzato a settembre 2019 grazie al mezzo fornito da APC - Associazione Produttori Camper, partner di Touring Club Italiano per la valorizzazione del territorio e la promozione del turismo all'aria aperta.
In Toscana e Umbria i borghi da scoprire certo non mancano. Il Touring stesso ne ha certificati ben 47 con la Bandiera arancione, il riconoscimento per la qualità turistica e ambientale che da oltre vent'anni premia i Comuni eccellenti dell'entroterra italiano. Eppure, molti di questi piccoli paesi immersi tra le viti, i cipressi e gli ulivi non sono noti che agli intenditori. Rimangono fuori dalle rotte più battute (il che spesso ha fatto la loro fortuna), si svelano soltanto a chi li va a cercare con calma e pazienza, a chi apprezza la pala del Quattrocento anche se non è di Piero della Francesca e a chi gioisce nello scoprire il sapore vero di una marmellata prodotta da sapienti mani contadine. 

Ecco, è con questo spirito che siamo saliti sul nostro camper, messo a disposizione dall'Associazione Produttori Camper, e ci siamo messi in viaggio tra Aretino e Perugino. Tre borghi accoglienti, tre Bandiere arancioni, tre paesi amici del turismo all'aria aperta che possono essere uniti l'uno all'altro in un itinerario di scoperta, ideale per chi vuole andare al di là delle pur straordinarie Val d'Orcia, Assisi, Cortona e compagnia varia. Dove, soprattutto, trovare persone che amano il luogo in cui vivono, che lavorano con gioia e passione per conservare, valorizzare, comunicare.   


Lucignano, centro storico - foto Stefano Brambilla​
LUCIGNANO, UN ALBERO TUTTO D'ORO
Già l'arrivo a Lucignano mette di buonumore, in particolare per chi viene da lontano: l'area camper è ai piedi del paese, tra gli ulivi, si sente profumo di Toscana. Prendendo poi la piccola sterrata dalla parte opposta dell'area, attraversata la statale, lo scatto fotografico è di quelli da portare nella memoria: il borgo disteso su una piccola collina, le mura che lo cingono, le torri che spuntano dal reticolo di case. Eppure, per capire Lucignano bisognerebbe innanzitutto vedere una foto scattata dall'alto. "Perché solo così si scopre la forma speciale del borgo" ci spiega Enrica Cassioli, che lavora all'ufficio turistico comunale. "Una pianta ellittica, ad anelli concentrici, che non ha eguali nel panorama italiano". La si intuisce camminando nel centro storico, dove le due strade principali sono visibilmente curve, unite tra loro da scale, e alla fine del giro ci si ritrova al punto di partenza. Incredibile che la topografia si sia conservata nei secoli, "anche se pure qui sono arrivate le bombe della seconda guerra mondiale" racconta Enrica, facendoci notare uno squarcio nelle mura, laddove c'era una porta.   
Lucignano, l'area camper - foto Stefano Brambilla​

Anche girovagando a caso, prima o poi si arriva ai monumenti principali del borgo, che ha solo 400 abitanti nel centro storico (ma 3500 contando anche la parte più moderna, fuori dalle mura). La Collegiata, torreggiante in alto sulla cima della collina e preceduta da una scenografica scalinata seicentesca giocata a curve concave e convesse; e poi il complesso del Palazzo Comunale e di San Francesco, un angolino di Toscana che non ha niente da invidiare a mete molto più note, con gli stemmi appesi al muro esterno del palazzo e quella facciata della chiesa a righe bianche e nere. "Ma non hai ancora visto che cosa c'è all'interno" sorride Enrica, che ci porta alla scoperta delle glorie lucignanesi: in San Francesco, innanzitutto, i frammenti di affreschi quattrocenteschi, con quei Re Magi nel transetto abbigliati come nobili alla corte dei Medici e il Trionfo della Morte nella navata destra, vero e proprio straordinario fumetto ante litteram. "Vedi? La morte è rappresentata come un cavaliere che corre capelli al vento, e le sue parole escono dalla bocca, manca solo una nuvoletta". Somiglia a Legolas del Signore degli Anelli, la morte. Galoppa brandendo un arco sul suo cavallo nero, calpestando papi e mercanti, tutti accomunati dallo stesso destino. 

Lucignano, centro storico con la cbiesa di San Francesco - foto Stefano Brambilla​

Poi c'è lui, la meraviglia assoluta. Entriamo nel museo ospitato nel Palazzo Comunale, che conserva una bella crocifissione del 1280 e alcuni particolari cataletti funebri, ma che vale la visita anche soltanto per l'Albero d'oro, una preziosissima reliquia a forma di pianta che lascia letteralmente di stucco. Prima di tutto, perché è ospitata da sola in mezzo di una bella sala affrescata nel Quattrocento, detta del Buongoverno; poi, per le sue dimensioni, che in altezza superano quelle di un essere umano; poi ancora per la ricchezza dei materiali con cui fu realizzata intorno al 1471 per ospitare reliquie di San Francesco e della Croce: rame dorato, argento, smalti traslucidi, rametti di corallo, cristallo di rocca. "E pensare che nel 1914 fu rubata e sotterrata" sussurra Enrica mentre contempliamo estasiati l'opera. "Per fortuna tre anni dopo fu ritrovata in una caverna, anche se qualcosa andò danneggiato". 

Lucignano, l'Albero d'oro nel Museo Comunale - foto Stefano Brambilla​

Storditi da tanta bellezza, passeggiamo meditabondi per le due strade concentriche: un tempo quella più interna era abitata dai ricchi e quella più esterna dai poveri (da notare le differenze nella costruzione delle case). Veniamo risvegliati dall'incontro con i bottegai e i negozianti del paese. C'è Laura Pandini, che ha aperto un negozio di cappelli e stole in materiale naturale - i Ricami del Borro - e che ci racconta come abbia scelto Lucignano "perché gli eventi organizzati qui sono tanti, bellissimi e mi piaceva l'atmosfera che si crea in quei giorni in paese". Ci sono Barbara Scarpelli e suo marito Gilberto, che da 24 anni gestiscono la macelleria che porta i loro nomi, dove ci fanno assaggiare una bresaola di chianina da urlo: "ci riforniamo sempre dallo stesso produttore, che ora ha 82 anni e alleva le chianine come nessun altro... vengono qui anche da lontano per comprare bistecche e bolliti, tartare e salami". Ci sono le due sorelle de La Tavernetta, una in sala e una in cucina, e il proprietario chef de Il Goccino, che ci mostrano le loro sale con vista campagna e i menù ricchi di profumi tipici, dai pici all'aglione alla cinta senese. Ne ricaviamo un'idea di un borgo vivace e verace, attivo nell'organizzazione di mille manifestazioni, per nulla contaminato dal turismo, dove ancora calamite a due euro e opere d'arte contemporanea a cinquemila sono lontane dall'essere agognate.

Lucignano, la macelleria di Barbara e Gilberto - foto Stefano Brambilla​

Ultima tappa del nostro breve tour la cantina Palma, a pochi minuti dal paese. Giuliano Di Ciocco ci accoglie sotto il gigantesco leccio - probabilmente vecchio di 400 anni -  davanti alla tenuta della famiglia per farci visitare i giardini, i vigneti di Syrah e Merlot, gli ulivi accanto al viale di antichi cipressi. C'è anche una piccola fattoria per allietare i più piccoli. Sentiamo parlare americano: è una giovane coppia che sta facendo un tour con degustazione. "A 25 euro offriamo un percorso completo, dalla cantina alla produzione all'assaggio. I più curiosi però sono i cinesi, gli spediamo anche i vini a casa". Dargli torto: che cosa c'è di più toscano, di più italico, di immergere il naso in un calice di vino, circondati dalla bellezza?

Lucignano, i vigneti di Palma - foto Stefano Brambilla​

CASTIGLION FIORENTINO, SOTTO L'ALA DI SAN MICHELE
Dall'alto della torre del cassero il panorama lascia senza parole. Da una parte c'è la Val di Chiana, ubertosa pianura che Leonardo ritrasse a volo d'uccello in un celebre disegno, e Lucignano che saluta dalle colline sul versante opposto. Dall'altra la Val di Chio, piccola valletta di frutteti e uliveti, pacifico locus amoenus circondato dai monti boscosi al confine con l'Umbria. Ai nostri piedi, il complesso del cassero di Castiglion Fiorentino e, accoccolate intorno, case e chiese della cittadina (sono 14mila gli abitanti). "Vedi? Là da quella parte si vede la sagoma del castello di Montecchio Vesponi, poi dietro la collina c'è Cortona. Da qui capisci ancor meglio perché Castiglion Fiorentino fu così contesa in passato, quando continuò a passar di mano tra Arezzo, Perugia e Firenze" spiega Stella Menci, da sei anni direttrice del complesso museale.

Castiglion Fiorentino la vista dalla torre del cassero - foto Stefano Brambilla​

Scendiamo. Scommettiamo che in tanti musei vorrebbero avere una come Stella come direttrice. Il suo entusiasmo è contagioso, la sua competenza da archeologa inappuntabile, la sua giovinezza contagiosa. Chissà che bellezza - pensiamo mentre Stella ci conduce da una sala all'altra - nascere in un borgo come questo, crescervi, studiare e poi diventarne direttore del museo. E non pensate che si tratti di quattro sale polverose. "Il complesso del Cassero comprende un percorso archeologico sottteraneo, un museo civico archeologico, un fondo antico con una preziosa biblioteca, una sezione medievale e la Pinacoteca comunale. E pensa che il Comune da cinque anni ha voluto che tutto questo fosse gratuito per quattro giorni alla settimana: la cultura per tutti, senza distinzioni". Un modello da seguire, anche a giudicare da come sono allestite le sale. Difficile soffermarsi su una singola opera, tante sono quelle che meriterebbero attenzione: dai resti dell'acquedotto etrusco che passava per la via principale del borgo agli incunaboli del Cinquecento, dagli splendidi bronzetti del 550 a.C. a un busto reliquario di Sant'Orsola del XIV secolo, con la santa che ti guarda con i grandi occhi sbarrati. "Il nostro grande valore aggiunto, in ogni caso" spiega Stella "è la continuità di storie e stratificazioni che si possono riscontrare dentro al complesso".

Castiglion Fiorentino, il reliquiario di Sant'Orsola nella Pinacoteca Comunale  - foto Stefano Brambilla​

Stella, peraltro, non è l'unica giovane ad avere in mano le redini di Castiglion Fiorentino. "Gran parte della nostra amministrazione è composta da nuove leve" spiega il vicesindaco Devis Milighetti, che ci fa da cicerone per la cittadina. "Dopo un'amministrazione disastrosa, che ha portato il Comune a fallire e a essere commissariato, dal 2014 stiamo cercando di portare nuova linfa al territorio". E a giudicare dalla percentuale - il 72% - con cui il sindaco Mario Agnelli è stato rieletto, la popolazione sembra aver gradito. L'Arcangelo Michele, da sempre simbolo della città, avrà visto di buon occhio quanto è stato fatto: in primis un palinsesto di eventi che ogni mese propone dal jazz al cinema, dal vintage al palio tra i tre rioni del borgo; poi il rafforzamento del rapporto con l'Università A&M del Texas, con gli studenti che arrivano ogni anno per seguire corsi e master; e ancora politiche di rete tra i Comuni della valle e rafforzamento delle associazioni (oltre 40) tra cui quella dedicata al pilota di rally Fabrizio Meoni, nativo di Castiglion Fiorentino. "Prima non esisteva il turismo o quasi; in pochi anni siamo riusciti a triplicare le presenze, da 30 a 88mila" dice soddisfatto Devis, e l'oste del ristorante Muzzicone gli fa eco: "Qui si vive la Toscana dei toscani, non come a Cortona, dove si vive la Toscana dei turisti". 

Castiglion Fiorentino, centro storico - foto Stefano Brambilla​

Difficile essere una cittadina di media grandezza e riuscire a emergere senza snaturarsi - con grandi aziende che nel bene e nel meno bene premono ai fianchi, come Ferrero, che vuol piantare noccioli in Val di Chiana, e Aboca, che ha sede nella vicina Sansepolcro. Ci vuole intelligenza e sagacia, ma a giudicare da quattro chiacchiere con tutti Castiglion Fiorentino è sulla giusta via. Nei dintorni, Devis ci conduce a chiacchierare con artigiani del bello: scultori, vignaioli, allevatori, ceramisti, ristoratori. Tutta bella gente, Toscana come ve l'immaginate, estro e parlata fluente e tanto chilometro zero. Con Massimo Chianucci parliamo, sembra un gioco di parole, di chianina: e lo facciamo in mezzo a una trentina di simpatici animali che ci guardano con i loro grandi occhi neri. "Una gallina dalle uova d'oro, la chianina" spiega "ma difficilissima da allevare, tra costi della tecnologia e necessità di grandi spazi sia per le stalle sia per le coltivazioni per alimentare gli animali". Capiamo che per un giovane metter su un allevamento è impresa quasi impossibile; il territorio del Comune, peraltro, ospita solo quattro allevamenti, per circa 120 animali. Quello di Massimo esiste da generazioni: una cultura, nel vero senso della parola. E capirete che insulti a chi vanifica un lavoro incredibile con carni contraffatte e operazioni al limite del lecito...

Castiglion Fiorentino, le chianine di Massimo Chianucci - foto Stefano Brambilla​

Poi parliamo di tradizione ceramica con Edi Magi, che ha un negozio ma soprattutto organizza corsi e laboratori per chiunque voglia imparare; e di vendemmie e matrimoni con Lidia Castellucci, che con cognata e due nuore (di cui una americana) gestisce la Buccelletti, un'impresa tutta al femminile che si occupa di vino, di ospitalità in bellissimi casali restaurati, di olio, di portare in giro turisti from USA entuasiasti di scoprire la Toscana più vera. "Faccio quello che mi piace" sorride Lidia "e sono convinta che sia indispensabile fare rete, tanto che presiedo l'Associazione Operatori Turistici di Castiglion Fiorentino". Torniamo al camper ricchi di storie e di entusiasmo.

Castiglion Fiorentino: sulla destra il paese, in fondo a sinistra il castello di Montecchio Vesponi - foto Stefano Brambilla​

MONTONE, NEL NOME DI BRACCIO
Via con il camper attraversando proprio la val di Chio, percorrendo strade sinuose tra castagni e uliveti, superando lo scenografico confine tra Toscana e Umbria. Dalla valle del Clanis a quella del Tiberis, ovvero il glorioso Tevere che ancora nel Perugino sembra un torrente come un altro, circondato dai campi di tabacco. Poi una breve salita sul versante opposto ed eccoci, alle porte di Montone, dove ci sistemiamo in un'area minuta che sembra uno specchio del paese. Montone, Montone: qui le aspettative sono ancora minori dei borghi precedenti, chi ha mai sentito parlare di Montone? Eppure, come spesso succede in Italia, la bellezza è sempre dietro l'angolo anche quando non ce la si aspetta.


Montone, l'area camper - foto Stefano Brambilla​

Il primo impatto, entrando nei vicoli del paese, è quello di un paese incantevole: tutto è in ordine perfetto, dai balconi fioriti alla pavimentazione, e denota una insolita cura del bene comune; la piazzetta centrale è una vera chicca, stretta e minuta, ancora autentica con i tavolini del bar, la chiesetta trasformata in ufficio postale, gli anziani che giocano a carte, la vita che scorre quasi come una volta. "Pensa quando diventa scenario dell'Umbriafilmfestival, sotto la direzione artistica di Terry Gilliam" ride Chiara, mentre ci prepara una torta al panaro. "Vedere i film sotto le stelle in un simile scenario fa venire sempre la pelle d'oca".

Chiara è fidanzata di Mauro Migliorati, la cui famiglia produce dal 1990 marmellate, sottoli, salse di pomodoro, carne e formaggi, e che da agosto ha aperto un piccolo punto vendita sulla piazza. "Il papà di Mauro ha abbandonato la cultura del tabacco e piantato lamponi: una scelta coraggiosa, ma che avuto successo". Tanto che Mauro si è licenziato dall'ufficio e ha iniziato a lavorare nei campi alle Carpini, nella valle accanto a Montone; e Chiara, cui mancano tre esami alla laurea, li aiuta con entusiasmo. "Facciamo tutto in famiglia, produciamo quello che mangiamo e vendiamo, passiamo le giornate a togliere le erbacce a mano, per il negozio abbiamo scelto espositori riciclabili e piatti compostabili". I prodotti, inutile dirlo, sono eccellenti. La crema di castagne, poi, è un sogno. Ma siete tutti così bravi, a Montone? "Guarda, la nostra è una generazione di giovani che rimane, anche il sindaco ha 44 anni e figli piccoli, ci dà una bella spinta". Sindaco tanto apprezzato che è stato rieletto a maggio con il 92,7% dei voti. Percentuali bulgare.


Montone, il centro storico - foto Stefano Brambilla​

Scopriamo chiacchierando che molte piccole produzioni di Montone raccontano storie simili. Il vino di Poggio Maiolo, il birrificio Fortebraccio, i formaggi di Monni, il miele di Mielisa. Ce ne parla anche Paolo Morbidoni, titolare del ristorante Tipico e della Locanda del Capitano, qualche casa più in là. "Forniscono tutti prodotti utilizzati nel nostro menù, dove ogni cosa è cento per cento made in Umbria: se vieni fin qui devi per forza fare un'esperienza autentica. E non hai ancora assaggiato il mazzafegato, che è presidio Slow Food: noi lo sfruttiamo per una carbonara speciale...". Paolo ha appena ingrandito il ristorante, creando una società con lo chef Giancarlo Polito e diversificando le proposte. "Montone da anni è nei circuiti di qualità e abbiamo voluto investire qui" spiega. "La sfida è mantenere l'eqilibrio tra l'identità del paese, che resiste allo spopolamento e alla invasione degli stranieri, e la pressione turistica. A luglio e agosto quelle 2/300 persone ogni finesettimana sono tante, ma portano con loro una microeconomia indispensabile per la sopravvivenza". 


Montone, Paolo Morbidoni e Giancarlo Polito del Ristorante Tipico

Sempre Paolo ci racconta che il turismo di qualità è legato anche agli eventi, che sono un altro motore di Montone: dalla stagione teatrale al festival del cinema di cui parlava Chiara (e sì, Terry Gilliam, cittadino onorario del borgo, è proprio quello dei Monty Python e dell'Esercito delle dodici scimmie). E poi, la Festa del bosco, a novembre, e la Festa della Donazione della Santa Spina, ad agosto. Che ci porta al personaggio clou di Montone, quel Braccio Fortebraccio (detto anche Braccio da Montone) celebre capitano di ventura nel Quattrocento, citato più volte anche da Machiavelli: tutto è dedicato a lui, dalla piazza al birrificio, e sulla sommità del borgo ci sono anche i resti della sua rocca. Per inciso, la spina è quella della corona di Cristo donata al paese dal figlio di Braccio, Carlo, nel 1473, e che ogni anno viene esposta per due volte; ma al turista interesserà soprattutto il Museo civico di San Francesco, la vera perla culturale di Montone. "Ogni volta che entro nella chiesa sento la sua storia come se i personaggi che l'hanno vissuta fossero lì" ci rivela Elisa Minchielli, che per Sistema Museo coordina con tanta passione la gestione del complesso museale. "Il contesto stesso trasmette emozioni, qui le opere non sono decontestualizzate, sono ancora dove si trovavano...". È vero, è un viaggio emozionale quello in San Francesco, di fronte ad affreschi magari non preziosi come altrove ma ugualmente suggestivi. Ed Elisa e Mariangela, che lavora con lei, ci costruiscono sopra storie e racconti, come quando si trasformano nei personaggi del passato (come Margherita Malatesta) e ogni domenica mattina, nella bella stagione, inscenano le storie di "Montone segreta".


Montone, San Francesco - foto Stefano Brambilla​

Daniele Canini, che porta i turisti a camminare in giro per i boschi intorno al paese, ci conduce infine alla Rocca d'Aries, la prima costruzione realizzata da Braccio (per i camper la strada sterrata che vi arriva è troppo impegnativa). È bellissima, la rocca, svettante, massiccia, restaurata da poco. Aspetta ancora una sua destinazione d'uso, sperando che non diventi proprietà privata e venga sbarrata da un cancello. Guardiamo il tramonto, boschi fino all'orizzonte, colli dove non si vede quasi presenza umana. La bellezza delle Bandiere arancioni è anche in questi momenti.  
 

Montone, la Rocca d'Aries - foto Stefano Brambilla​
 

INFORMAZIONI
- Lucignano (Ar). Sito web Visit Lucignano e scheda borgo sul sito Bandiere arancioni. L'area camper è situata sulla strada provinciale dei Procacci, nella zona dei campi da tennis in direzione Arezzo; ampia, illuminata e gratuita, è fornita di posto scarico, carico acqua e prese di corrente. Il centro storico si trova a 100 metri a piedi. Per entrare nell'area, è necessario chiedere il codice di sblocco della sbarra al numero 348.6566731; istruzioni anche in loco. Tra i ristoranti, segnaliamo Il Goccino (classico ed eccellente), La Tavernetta (tipico e semplice), Zenzero (ricercato); l'Azienda Agricole Fabbriche Palma vi aspetta per una visita con degustazione. 
 
- Castiglion Fiorentino (Ar). Sito web Castiglion Fiorentino Turismo, sito pro loco e scheda borgo sul sito Bandiere arancioni. L'area camper è in via di progettazione anche grazie alla vittoria del bando di APC-Associazione Produttori Camper; al momento, si può sostare e pernottare nell'ampio parcheggio di piazzale Garibaldi, alle porte del centro storico. Tra i ristoranti, segnaliamo Muzzicone (rinomato per la carne) e Il Ristoro di via Dante (accogliente e gustoso). Per degustazioni di vini, famiglia Buccelletti.

- Montone (Pg). Sito web del Comune e scheda borgo sul sito Bandiere arancioni, con approfondimenti su che cosa vedere, mangiare e sul festival estivo del cinema. Utile anche il sito montonein. L’area sosta camper, gratuita e ubicata in via dello Sport (presso il Campo sportivo comunale), è attrezzata per ospitare sino a un massimo di sei autocaravan contemporaneamente. Presenti prese di cor