A volte non serve urlare per essere ascoltati, e nemmeno compiere azioni eclatanti per sensibilizzare le persone. Questa è invece una storia intima che è diventata importante e pubblica grazie alla leggerezza e fotogrametriall’ironia. Enzo Suma è una guida naturalistica di 41 anni. Il suo progetto si chiama Archeoplastica ed è un museo in divenire di vecchissimi oggetti di plastica restituiti dopo molti anni dal mare alle spiagge pugliesi.
“Sono nato e vivo a Ostuni, in Salento. La mia vita e la mia professione sono legate al mare che vedo da sempre dalle finestre di casa”. Enzo ha studiato scienze ambientali a indirizzo marino a Venezia e da quando è tornato a casa si dedica a tutelare le coste pugliesi lavorando con istituzioni come il Parco regionale delle dune costiere di Ostuni o la Riserva di Torre Guaceto. Oggi collabora con i Millenaridipuglia, associazione che porta le persone a conoscere la regione divulgando la cultura del rispetto ambientale.
La spiaggia salentina di Torre Guaceto / foto Shutterstock
“Ho sempre raccolto plastica, in modo spontaneo e con amici, organizzando raccolte collettive. La mia attività inizia ogni anno quando l’estate è ai saluti. Allora gli ombrelloni si chiudono e con le prime mareggiate di maestrale e grecale il mare inizia a restituire oggetti di ogni tipo che con gli stabilimenti chiusi nessuno si premura di buttare. Non so quantificarne la quantità, ma dopo anni di raccolte volontarie mi stupisco di quante cose galleggino e restino sui fondali per anni”.
“In uno di questi momenti dedicati al mare ho avuto l’incontro che ha ispirato il progetto. Era l’inverno del 2018 e ho raccolto dalla spiaggia un flacone di abbronzante, integro, ancora con il tappo. Il prezzo ancora leggibile sull’etichetta era in… lire, segno che quella bottiglia girava per mare da almeno più di vent’anni. Poi cercando in rete ho capito che quel prodotto era stato messo in commercio tra gli anni 60 e i 70, ed era in voga negli anni 80.
L'abbronzante anni 60 da cui è nata Archeoplastica / foto Archeoplastica
"Sono rimasto scioccato. Certo sapevo che un rifiuto di plastica ha una durata incalcolabile, ma mai ne avevo avuto percezione. Da quel momento ho continuato a conservare le cose più curiose e datate che trovavo. Dopo tre anni dal primo ritrovamento, avevo catalogato circa duecento oggetti restituiti dal mare. Ero pronto per fare qualcosa di più strutturato. Ho cercato fondi con il crowfonding di Produzioni dal Basso, realizzando prima il sito e poi un museo virtuale grazie alla fotogrammetria, tecnica grafica utilizzata dai musei archeologici per mostrare su uno schermo una immagine tridimensionale di un reperto. Volevo creare una mostra itinerante”.
Il pallone delle Notti Magiche dei campionati del mondo di calcio Italia 90 / foto Archeoplastica
Nel 2021 è nata infine Archeoplastica, un sito, una pagina Instagram, ora un profilo Tiktok e molta voglia di sensibilizzare con leggerezza, attraverso il gioco dell’oggetto misterioso. Un meccanismo che ha trovato nei social una enorme cassa di risonanza per una comunità che si sta allargando e che aiuta Enzo a sciogliere veri e propri enigmi. E non solo, perché tra palloni, fustini, bottiglie, lacche si è moltiplicato anche l’effetto nostalgia per il vintage di culto. Tanto che “dalla comunità del web ho ricevuto moltissimo riscontro, molte foto di oggetti “spiaggiati” e moltissimi suggerimenti per capire la provenienza di oggetti che mai avrei saputo decifrare”.
“La forma lo faceva associare a uno strano clown e in fondo alla confezione c’era una scritta Kazaplast. Ho provato così a pubblicare un video sui social ed è bastato pochissimo perché una ragazza riconoscesse una somiglianza nella grafica di Kazaplast con quella di un promo di un'azienda greca di oggettistica e giocattoli, Attiki, che a sua volta si era ispirata a un manifesto degli anni 50 in cui un ragazzo faceva la stessa smorfia del clown che ho ritrovato sulla spiaggia pugliese”.
Cosa diventerà Archeoplastica ora che è un fenomeno social? “Io vorrei utilizzarla per continuare il mio lavoro di divulgazione - racconta Enzo - con piccole mostre itineranti, con la presenza nelle scuole, allargando il cerchio finchè si può. Stanno arrivando molte soddisfazioni, partecipiamo a festival di ecologia, compariamo su media nazionali, abbiamo collaborato con National Geographic. Ho naturalmente il desiderio che Archeoplastica cresca ancora e che al di là del web valichi i confini pugliesi con mostre dal vivo. Ma a una condizione. Non voglio che venga sfruttato come strumento di greenwashing, ovvero che un’azienda che non ha a cuore davvero l’ambiente usi il mio progetto per ripulirsi l’immagine davanti ai potenziali clienti. Vorrei che rimanesse un progetto libero e partecipato dal basso e che ci si diverta”.
Un oggetto culto per i bambini degli anni '80, lo sparacaramelle Pez / foto Archeoplastica
INFORMAZIONI
Scopri di più sul sito www.archeoplastica.it
Vai alla pagina Instagram di Archeoplastica