L’Italia è un paese disseminato di rovine di ogni tipo. Sontuosi resti romani, seminascoste necropoli etrusche, mezze colonne fenice, ampollosi teatri greci, mozziconi di castelli medievali affollano un paesaggio umano denso e stratificato. Sono le ricchezze delle nostro passato, alle volte valorizzate, altre neglette che comunque caratterizzano il paesaggio italiano. Poi ci sono le rovine contemporanee: opere pubbliche mai finite, stadi senza terreno di gioco, viadotti lasciati a metà, dighe senza fiume e altre fantasiose e inutili costruzioni di cui è ricco il territorio. Capitale italiane delle incompiute pare essere Giarre, cittadina siciliana a un passo dall’Etna, due da Catania e mezzo dal mare. Qui, dal 2 al 4 luglio, si terrà il primo festival dell’incompiuto siciliano. Un’occasione per riflettere, raccontare e provare a progettare il parco dell’Incompiuto siciliano, ma anche l’occasione unica di esplorare le rovine del Novecento siciliano per la prima volta accessibili.

La scelta di Giarre non è casuale. Qui la lista delle opere incompiute è immensa: la piscina provinciale, il centro polifunzionale, il mercato dei fiori, la pista per automodellismo, la casa per anziani, il parco Chico Mendez con la sua bambinopoli e il teatro comunale con i suoi quasi 60 anni di incompiuto. E infine un gigantesco campo per giocare a polo (esatto, proprio quello sport con cavalli e mazze amato dai reali inglesi), che doveva essere utilizzato per le Universiadi del 1997.

Una “ricchezza” che il gruppo Alterazioni Video in collaborazione con Claudia D'Aita ed Enrico Sgarbi vuole trasformare in un Parco Archeologico dell’Incompiuto. Un intervento di sviluppo sostenibile del territorio orientato alla promozione turistica, riconoscendo le opere incompiute come risorse. Perché, come scrivono nel loro manifesto “il processo di creazione delle opere pubbliche Incompiute celebra la conquista del paesaggio da parte dell'uomo moderno”. Ed è un modo nuovo per interpretare la storia dell’architettura pubblica in Italia dal dopoguerra a oggi. Ma il festival è soprattutto l’occasione per aumentare nei cittadini la consapevolezza dello scempio cui è stato sottoposto il paesaggio, e per provare a coinvolgeri nel progettare il futuro architettonico della propria terra. 

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