Luca Zironi e Francesca Schintu, due appassionati cicloturisti: laurea in filosofia lui, laurea in architettura e dottorato in storia dell'architettura lei, amano esplorare il mondo percorrendo le principali ciclabili sparse sul territorio, cercando di lasciare qualche resoconto scritto, per fare un po' di "proselitismo alla causa". Seguite le loro tracce!
 

Bangkok, per i thailandesi Krung Thep, per tutti BKK. Otto milioni di persone, traffico senza pari. Una delle città più caotiche del pianeta. Immersi da appena qualche ora nell’intricato delirio di questa metropoli, dove convivono pacificamente sacro e profano, misticismo e materialismo, oriente e occidente, ci sembra evidente che il codice stradale si limiti a due regole essenziali: rosso fermati, verde vai. Poi ognuno per sé e Dio per tutti. Una premessa che non induce all’utilizzo spensierato della bicicletta. E invece anche Bangkok offre diverse opportunità ciclabili autogestite, economiche e sicure, il cui numero è destinato senz’altro ad aumentare con lo sviluppo green della città. 

L’offerta relativa ai tour guidati in bicicletta, infatti, sta crescendo esponenzialmente in città. Di fatto si differenzia nella durata, dunque nel costo, e nella scelta tra il giorno e la notte. La Old Town è piuttosto battuta e i tour notturni, in cui si evitano le ore più calde della giornata, sono particolarmente apprezzati. Oltre ad una rinnovata sensibilità verso la mobilità ciclabile urbana, è evidente il tentativo di dare una risposta alle richieste di un turismo diverso, meno mordi e fuggi, più riflessivo e stanziale. I due o tre giorni che solitamente si dedicano alla capitale della Thailandia sono davvero troppo pochi.

Bangkok, secondo alcune classifiche, è la città più visitata al mondo per i suoi meravigliosi templi, il suo delizioso street food, i suoi quartieri a luci rosse, i mercati galleggianti e le mille altre cose che si trovano nei cataloghi di viaggi. La sfida è, per esempio, quella di rifugiarsi in un tempio di quartiere, piccolo e in apparenza insignificante, o in quel mercatino colorato che sa di sagra di paese, per estromettersi dal circuito rassicurante e autoreferenziale. L’idea è scappare dalla Bangkok degli stereotipi, del turismo di massa, del sorriso interessato, del Palazzo Reale (pur sempre bellissimo), per farsi trascinare in un vicolo scuro, dove c’è povertà ma mai degrado. Pochi sorrisi ma buoni. Bangkok è un’avventura zaino in spalla. Meglio se in bicicletta. Con gli occhi spalancati e il cuore aperto. 

Ecco che cosa abbiamo scoperto.
 


Vista su Bangkok dal Tempio Wat Saket (Golden Mount) - foto Zironi/Schintu
 
1. I PARCHI DI BANGKOK IN BICICLETTA
"Cooling break" della capitale, i parchi di Bangkok sono una grandi oasi di pace. Oltre la barriera del suono. Oltre la cortina di smog. Uno dei più famosi, nel centro nevralgico della città, è quello di Lumphini, situato all’incrocio tra lo skytrain (BTS line) e la metropolitana (MRT line). I servizi pubblici di Bangkok costano pochissimo, sono super efficienti e utilizzati quasi esclusivamente dai thailandesi. I turisti preferiscono consegnarsi al folklore spericolato dei tuk tuk o, in alternativa, alle rassicuranti corse dei taxi, con il risultato di sganciare molti baht in più, di rimanere congestionati nel traffico o, nel peggiore dei casi, di vedersi recapitati nel posto sbagliato. Per ridurre questi spiacevoli inconvenienti consigliamo l’utilizzo dell’applicazione gratuita “Grab”: costo del viaggio prestabilito, pagamento anticipato su carta di credito e nessun equivoco sulla destinazione.

Dicevamo, stiamo per varcare a piedi uno degli ingressi del Lumphini Park, quando ci si materializza davanti una stazione di bike sharing “Pun Pun Bycicle” in tutta la sua verdeggiante livrea. È vero che la tessera costa circa 9 euro, ma sono già incluse 8 ore di pedalata. I cicloturisti indefessi, intenzionati a stare in sella ben più di 8 ore, saranno certo intrigati dal costo competitivo delle pedalate successive (che si aggira intorno ai 30 centesimi all’ora) e accoglieranno con favore la notizia che esistono almeno altre cinquanta stazioni di bike sharing, sparse per la città, dove riporre la Pun Pun Bike a fine giornata. L’iscrizione si può effettuare anche on-line, ma la tessera si ritira solo in alcune postazioni, tra cui quelle di All Seasons, Central World 2, Chamchuri Square, Siam Square, Surasak 1, Park Venture, Rajanakarn e Vorawat.


Bike Sharing a Bangkok - foto Zironi/Schintu

Come gli altri parchi cittadini il Lumphini Park è un’oasi rilassante in mezzo al caos della metropoli. Si presta benissimo a gradevoli pedalate tra sentieri orlati di piante tropicali e laghetti artificiali, dove non è raro avvistare qualche varano intento a nuotare abilmente, per poi concedersi una passeggiata o un bagno di sole sulla terraferma. All’interno del parco si trovano frequenti servizi igienici gratuiti e puliti (la mancia per l’inserviente è gradita ma non pretesa, in pieno stile thai, gentile e discreto). Il consiglio è quello di percorrere in bicicletta l’anello esterno del parco e poi disegnare un doppio otto sopra le passerelle tra i laghetti, per superare così i 5 chilometri complessivi di pedalata. Ad ogni angolo, lo sguardo incoraggiante del sovrano accompagna e sorveglia la vita di sudditi e turisti.


Il parco di Lumphini a Bangkok - foto Zironi/Schintu

Saliamo sullo skytrain e, in 30 minuti di corsa sinuosa tra grattacieli futuristici, approdiamo a Chatuchak, il più grande mercato del sud est asiatico. Infinito, colorato, fagocitante, impossibile uscirne con qualche baht ancora in tasca. Siamo ipnotizzati, persi tra gli angusti cunicoli di questo mondo parallelo, inebriati dai profumi di ogni tipo di street food e infine riplasmati dalle mani vigorose delle minute massaggiatrici thailandesi. Ogni acquisto, a patto che il prezzo non sia dichiaratamente esposto, può essere contrattato. Si possono concludere grandi affari, o almeno è quello che ci piace credere, facendo incetta di regali per noi e per tutti. 
 

Adiacente al gigantesco ingombro di Chatuchak si estende un’area verde altrettanto vasta, generata dalla fusione di tre grandi parchi: Vachirabenchathat, Queen Sirikit e, separato da una strada poco trafficata, Chongkho Park. Girando a sensazione, sospinti da una misteriosa frenesia, li pedaliamo in lungo e in largo per quasi 15 chilometri, senza neanche accorgercene. Alcuni tratti di Queen Sirikit sono interdetti al passaggio delle biciclette per la presenza di un incantevole orto botanico, che merita un ritmo di visita più riflessivo. In linea con il nuovo orientamento green della città, nel parco di Vachirabenchathat è stata installata una fitta rete di incroci, rotonde e cartelli stradali che simulano un percorso ciclabile cittadino, dove i bambini di Bangkok possono apprendere in tutta sicurezza la mobilità ciclabile urbana. Non ci risultano postazioni di bike sharing nelle vicinanze. Si possono invece trovare con facilità bici a noleggio, sul lato nord di Vachirabenchathat park, al modico prezzo di circa 2 euro al giorno. 

Il parco di Chong Kho a Bangkok - foto Zironi/Schintu

2. BANG KRACHAO, LA GIUNGLA DI BANGKOK IN BICICLETTA
La Turtle House di Terzani, “un’oasi di vecchio Siam in mezzo all’orrore del cemento”, non esiste più. Divorata dalla giungla di grattacieli che sta facendo sprofondare, letteralmente, Bangkok. Impossibile farsene una ragione. Ma quelle stesse vibrazioni organiche, tipiche dell’architettura tradizionale thailandese, si possono ancora sperimentare visitando la casa di Jim Thompson e il Bangkokian Museum, due gioielli in legno di teak e musei che emanano le atmosfere esotiche di un tempo perduto, immersi nel verde regale dei loro giardini, affollati di scoiattoli, pesci, tartarughe, uccelli e chissà quali altre creature.
Jim Thompson, ex agente di spionaggio statunitense, si rifà una vita in Thailandia come imprenditore della seta con l’hobby del collezionismo, per poi scomparire misteriosamente nella giungla della Malesia negli anni sessanta. Lascia in eredità una preziosa collezione di statue, porcellane e dipinti del sud-est asiatico, collocati con gusto sapiente in ogni angolo della sua non proprio umile dimora, nata dalla fusione di sei case thailandesi dell’Ottocento con curiosi innesti di pavimenti in marmo europeo. Il Bangkokian Museum è indubbiamente la vera sorpresa: un piccolo grande museo etnografico che attraverso un’esposizione meticolosa di oggetti e arredi originali, racconta le aspettative della borghesia thailandese del secolo scorso. Staff amorevole, ingresso gratuito, giardino lussureggiante, sono gli ingredienti di questa visita imperdibile. 


La casa di Jim Thompson a Bangkok - foto Zironi/Schintu

Per chi invece cerca la giungla, quella vera, c’è Bang Krachao. Come raggiungere il polmone verde di Bangkok, paradiso dei cicloturisti? Mappa alla mano, ci arrendiamo all’evidenza che questo mitico luogo, miracolosamente risparmiato dalla cementificazione, non è proprio a due passi dal nostro alloggio. Raccogliamo informazioni sul campionario di mezzi di trasporto che offre Bangkok e, con qualche riserva, optiamo per l’autobus urbano. Ancora una volta il trasporto pubblico si dimostra impeccabile. Nonostante esteriormente il torpedone esibisca cicatrici accumulate in anni di battaglie nel traffico, l’interno si presenta pulito e dignitoso. Come in qualsiasi altro mezzo pubblico, anche negli autobus, è proibito consumare cibi e bevande: la regola non viene infranta da nessuno, eccetto che da noi, poveri stolti. Ovviamente notiamo il cartello troppo tardi, solo dopo aver addentato un sofficissimo panino thai, tra gli sguardi severi (ma anche compassionevoli) degli altri passeggeri. Alcuni posti devono necessariamente essere ceduti, in ordine di importanza, ai monaci, agli anziani, agli infortunati, alle donne incinta e ai bambini. Il biglietto si acquista a bordo, varia a seconda della destinazione, ma è sempre nell’ordine di 40/50 centesimi a tratta. Googlemap e Grab si sono rivelati super affidabili nel mostrarci il numero di autobus da prendere con le relative fermate.

Ed ecco che da Lumphini Park saliamo sul 43 e nel giro di mezzora arriviamo al molo di Khlong Toei. Qui ci intercetta un dolce signore che ci invita a salire su un’improbabile, minuscola, lancia in legno consumata dagli elementi, ma dotata di motore e di due salvagenti scoloriti. Sì, perché per raggiungere Bang Krachao bisogna prima superare l’ampio alveo del fiume Chao Phraya, dalle acque non proprio cristalline. Ormai ci siamo e sembra scortese tirarsi indietro. Trascorriamo cinque interminabili minuti di navigazione a filo d’acqua, a tutta velocità, avvolti dagli spruzzi e dagli schizzi del Chao Phraya, mentre il nostro nocchiero non batte ciglio e ci consegna sani, salvi e inzuppati al noleggio bici sull’altra sponda. Costo dell’operazione: imbarcazione andata e ritorno, noleggio bicicletta per l’intera giornata, bottiglia d’acqua in omaggio, due euro e quaranta centesimi. Consiglio: dotatevi di K-Way.


Il molo di Khlong Toei, Bangkok - foto Zironi/Schintu

Il noleggiatore ci consegna una cartina con un percorso turistico ben segnalato che però preferiamo ignorare per attenerci alla traccia di 15 chilometri caricata sul nostro navigatore. L’esperienza è oltremodo entusiasmante. Una tentacolare rete ciclabile nel fitto della giungla, strette passerelle in legno, deliziose abitazioni tipiche, templi e altarini con statue di Buddha, un mercato galleggiante, una casa sull’albero, canali, laghetti e un adorabile orto botanico accessibile alle biciclette. Tutto nella rigogliosa cornice di un verde indimenticabile. I percorsi ciclabili vanno però all’occorrenza condivisi con il vero animale simbolo della Thailandia, che non è l’elefante, come si legge nei dépliant, ma ancora una volta il ben più esotico varano. Non sottovalutatelo è un lucertolone estremamente intelligente e saprà darvi la precedenza.


Nella giungla di Bang Krachao, Bangkok - foto Zironi/Schintu
 

3. FUORI PORTA: AYUTTHAYA IN BICICLETTA
Sono innumerevoli le gite fuori porta che si possono affrontare in giornata partendo dalla stazione dei treni di Bangkok. Una su tutte, la più famosa, è quella verso Ayutthaya, antica e gloriosa capitale del regno di Siam. Nel 1767 la città fu preda della furia iconoclasta dei conquistatori Birmani, che non si limitarono a recidere teste e arti delle statue dei Buddha in segno di sfregio, ma deportarono gran parte della popolazione e della famiglia reale.  

Per coprire l’estensione del sito, dal 1991 patrimonio Unesco, la bicicletta è d’obbligo. Ci dotiamo di due bolidi a noleggio all’uscita dalla stazione di Ayutthaya, che ricordano quelli che guidavamo con orgoglio nei primi anni Novanta. Dopotutto un po’ di nostalgico amarcord non guasta mai. 


Il noleggio ad Ayutthaya - foto Zironi/Schintu

Anche in questo caso il consiglio è quello di percorrere il perimetro esterno del sito, seguendo una pista ciclabile a doppio senso di marcia con un inconfondibile tappeto d’usura di colore verde, per poi visitare i monumenti più importanti del parco archeologico nel quadrilatero interno. Qui l’ingresso è a pagamento (costo 500 baht) ma vale assolutamente una visita, non tanto per l’iconica testa di Buddha incastonata nell’albero sacro, sosta privilegiata per scatti più o meno artistici, quanto per il fascino di quelle grandiose rovine che custodiscono l’afflato segreto dell’“invincibile” capitale del regno di Siam.


I templi di Ayutthaya - foto Zironi/Schintu

In tutta questa poesia pedaliamo per circa 12 chilometri, spartendo i percorsi ciclabili con maestosi elefanti che assicurano un tour da sogno a turisti che si atteggiano da maharajah, dall’alto di portantine agghindate a festa. Per un attimo ci sfiora la tentazione di abbandonare le nostre biciclette per innalzarci sulla groppa di quei meravigliosi pachidermi. Solo per un attimo, perché a ben guardare le condizioni non sono ottimali: l’asfalto dove camminano è incandescente, fanno sempre lo stesso piccolo ripetitivo anello, sotto il sole cocente, senza un filo d’ombra, mentre certamente è garantita l’ombra ai loro passeggeri. 


Elefanti ad Ayutthaya - foto Zironi/Schintu

Per riconsegnare le biciclette pedaliamo verso la stazione dei treni percorrendo strade decisamente trafficate, dove bisogna prestare molta attenzione e rammentare che in Thailandia la circolazione stradale è a sinistra e il sorpasso a destra. Novanta minuti di viaggio in un dignitosissimo vagone di terza classe e siamo di nuovo a Bangkok. 

In bicicletta ad Ayutthaya - foto Zironi/Schintu
INFORMAZIONI E WEB
- Turismo Thailandese, www.turismothailandese.it
- Bangkok, applicazione Grab: www.grab.com/sg
- Bangkok, modulo iscrizione Pun Pun bike sharing: www.punpunbikeshare.com; altre informazioni utili: www.make-my-bangkok-holiday.com/service-punpun.html
- Tour guidati in bicicletta a Bangkok: www.covankessel.com