Non è una guida, è molto di più. Si intitola Gli stadi più belli e i luoghi del calcio in Europa (pag. 78, 19,50 €, ai soci Tci 15,40 €): scritto dal giornalista Lorenzo Vendemiale e illustrato da Massimiliano Aurelio, è un libro Touring ricco di illustrazioni che racconta storia e storie degli stadi italiani ed europei, da San Siro-Meazza di Milano all’Olimpico di Roma, dal Camp Nou di Barcellona al Bernabeu di Madrid. Aneddoti curiosi e partite mitiche, statistiche e musei, per sapere davvero tutto sugli stadi più belli.

Lo potete trovare su www.touringclubstore.com, nei Punti Touring e in tutte le librerie.

Bernabeu, Madrid - illustrazione di M. Aurelio - Gli stadi più belli e i luoghi del calcio in Europa, TCI

Ecco la presentazione del libro scritta da Tino Mantarro, giornalista della redazione di "Touring - Il nostro modo di viaggiare".

La prima volta che andai a Madrid avevo 18 anni e un obiettivo: vedere il Santiago Bernabeu. Non tanto perché era lo stadio in cui, quella sera del luglio 1982, Marco Tardelli si liberò in una corsa a perdifiato, Sandro Pertini saltò sulla poltrona presidenziale e l’austero Dino Zoff accennò un sorriso: l’Italia aveva vinto la Coppa del Mondo, sbaragliando la Germania che allora era solo dell’Ovest. Volevo vedere il Bernabeu perché, e qui c’è del patologico, era lo stadio in cui per due volte la mia Inter aveva giocato, e perso, le semifinali di Coppa Uefa con i blancos del Real Madrid. Quelle furono due partite epiche e tragiche: rimonte impensabili, grappoli di rigori, una biglia lanciata dagli spalti in testa a Beppe Bergomi, sceneggiate memorabili, una bolgia umana e un clima che potevo solo immaginare, anche perché quelle due partite – correva l’anno 1985 e 1986, segnò sempre Santillana – le avevo ascoltate alla radio. Volevo vedere il Santiago Bernabeu perché da adolescente faceva parte del mio immaginario spagnolo ben più del Prado con i suoi tesori e di Guernica di Picasso conservato al Reina Sofía, più della Puerta del Sol e della movida notturna.

Del resto, se Albert Camus una volta ha detto che tutto quanto di importante sapeva sulla morale umana lo aveva imparato dal calcio, in tanti possono ben dire di aver imparato la geografia grazie al pallone (e alle figurine Panini). C’è da essere onesti: per la maggior parte dei nati negli anni Settanta l’unico monumento conosciuto di Ascoli è il Cino del Duca (e Tonino Carino); di Avellino, il Partenio. Persone che se dici Genova rispondono Marassi, Verona: Bentegodi. Una generazione che gli stadi li poteva immaginare, specie quelli stranieri, trasfigurando luoghi come Anfield Road (a Liverpool) e l’Olympiastadion di Monaco di Baviera in templi moderni di un culto pagano. Persone che avrebbero pagato oro per avere tra le mani un libro come Gli stadi più belli e i luoghi del calcio in Europa, il nuovo volume pubblicato dal Touring Club Italiano e pensato per i ragazzi, ma non solo per loro. Scritto da Lorenzo Vendemiale e illustrato da Massimiliano Aurelio, è un piacevole compendio degli stadi più iconici d’Europa, raccontati con agili schede che ne riassumono la storia, ne celebrano la bellezza architettonica – gli stadi rappresentano alcuni tra gli ultimi imponenti monumenti della nostra epoca – e ne scandiscono le tappe nella storia del calcio e non solo. Perché, come racconta Vendemiale, gli stadi contemporanea, dallo scioglimento della ex Jugoslavia simbolicamente iniziato sul campo della Dinamo Zagabria, all’arrivo degli albanesi in Italia, raccolti sul rettangolo verde del vecchio stadio Comunale di Bari, non il lunare S. Nicola disegnato da Renzo Piano per i Mondiali del ’90.


Bernabeu, Madrid - illustrazione di M. Aurelio - Gli stadi più belli e i luoghi del calcio in Europa, TCI
Un libro di quelli che i ragazzi, c’è da scommettere, consulteranno come un breviario, così da arrivare preparati al pellegrinaggio degli stadi d’Europa che prima o poi convinceranno i padri a fare (le madri, sconsolate, accetteranno). Perché ormai nei tour delle più importanti città europee il giro allo stadio è una tappa obbligata. Vuoi mettere quanta amara poesia racchiude l’Estádio da Lùz di Lisbona, casa del Benfica? Racconta Vendemiale che si tratta dell’unica squadra al mondo a essere stata maledetta dal suo stesso allenatore, l’ungherese Béla Guttmann, che nel 1962 le ha giurato cent’anni senza vittorie internazionali (siamo a 58 anni con 9 finali perse). 
Se per lo scrittore spagnolo Javier Marías scrivere la sua rubrica dedicata al calcio è un «esercizio settimanale di infanzia», per qualcuno visitare uno stadio può essere altrettanto salutare. Oggi gli stadi sono diventati luoghi che celebrano se stessi e il proprio mito, grazie anche a musei sempre più interattivi come quello ospitato nell’Amsterdam Arena. La casa dell’Ajax è visitata ogni anno da un milione e mezzo di turisti che accorrono ad ammirare il primo impianto dell’era contemporanea, con tanto di tetto apribile e ristoranti all’interno. Perché oggi gli stadi, specie quelli inglesi, ma anche il moderno Juventus Stadium di Torino, puntano a far vivere ai turisti tifosi esperienze immersive ed esclusive. Come a Bolton, o a Norwich, in Inghilterra, dove i supporter possono addirittura dormire in una stanza con vista sul prato verde. Ne sarebbe felice l’Ivano di Viaggi di nozze, il film di Carlo Verdone in cui lo stesso Verdone/Ivano dalla terrazza di un albergo di Firenze scruta l’orizzonte e la moglie Jessica gli dice: «Che stai a fa’, Iva’?». E lui: «Nun riesco a individua’ ‘o stadio!». Si vede che da ragazzo non ha avuto un libro come Gli stadi più belli.