Dicono che l’aria della Mitteleuropa sia la stessa che si respira a Trieste. Un po' cosmopolita e un po’ decadente, rivolta su se stessa e aperta sul mondo. L’aria di una città che sta su una frontiera, in bilico tra un presente periferico e un glorioso passato di porto imperiale. Un posto dove si potrebbe parlare italiano, slavo o tedesco, ma dove di preferenza si mastica triestino. Ordinata e razionale, con viali che sembrano vie di fuga verso il mare e palazzi che potrebbero stare a Vienna, Trieste ha una peculiarità che riesce - non si sa come - a tenere nascosta: è una città bellissima.

Giorno 1. La bellezza di Trieste risiede nella sua essenza, in quell’atmosfera distaccata e nobile che la fa sembrare una capitale pur non avendo mai comandato alcunchè. Basta incamminarsi dalla stazione (il treno, nonostante le cospirazioni di Trenitalia è ancora il mezzo più comodo per arrivare) per entrare nel luogo. Lungo via Ghega e via Carducci si ha il primo impatto con i palazzi regali e la geografia squadrata della città. All’incrocio con Cesare Battisti si svolta verso il mare e ci si ritrova sul canale Grande, con la chiesa di San Antonio Nuovo in fondo e il tempio di S. Spiridone, tempio della comunità serbo-ortodossa. Di lato palazzo Gopcevich, museo teatrale e sede di mostre d’arte, in acqua i gozzi con cui prendere la via del mare. Da qui, si prosegue lungo le rive, guardando il porto vecchio e il profilo dei moli, se si è fortunati entra una nave, ed è sempre un bel guardare. In piazza Unità si rimane stupiti da tanta armonica perfezione. Da qui, arrivati al palazzo della Borsa si sale sul colle di S. Giusto, tra il castello e la cattedrale, eredità della città d’epoca medievale. Ma non è solo qui che risiede la bellezza di questa città. Per coglierla a fondo, meglio entrare in un buffet, ordinare un cotto caldo in crosta, un piatto di luganege de viena con contorno di crauti e rafano e stare a guardare i vapori della caldaia di brodo bollente da cui emergono. Poi si può riprendere a passeggiare, andando senza meta tra il borgo giuseppino e le rive, fermandosi al museo Revoltella o al museo Sartorio. Oppure, sarebbe il caso, andando alla Risiera di San Sabba, per vedere da vicino l’orrore della guerra e la follia del nazismo, che anche in Italia ebbe il suo campo di sterminio (questo), anche se ogni tanto ce ne dimentichiamo

Giorno 2. Trieste è una città da guardare. La prospettiva più bella si gode dal molo Audace: cento metri di banchina tagliati giusto in mezzo al porto, davanti a piazza Unità d’Italia. Dal fondo, in mezzo alle onde si vede il profilo ordinato del lungomare, un accenno di castello San Giusto sullo sfondo, il Carso tutto intorno. Ma anche quella dall’alto, dalle montagne di Opicina, è una bella prospettiva. Si prende l’antico tram in piazza Oberdan, si risale per venti minuti e 348 metri e si arriva in alto, fino al Belvedere dell’Obelisco. Da qui si abbraccia tutta la città, lunga e distesa tra il mare e il confine sloveno, e poi le luci delle navi in rada. Guardando a destra si segue la linea di terra che, stretta dalla montagne, arriva fino a Monfalcone, in Friuli. Ha ragione il triestino Paolo Rumiz quando scrive: “Trieste è una linea in bilico tra mare e montagna”. Se fosse stagione la domenica a pranzo converebbe fermarsi in alto e andare in cerca di una fraschetta. Segnala le “osmizze”, agriturismi d’altri tempi. Nel 1784 un decreto imperiale asburgico concesse ai contadini la vendita di vino e altri prodotti di casa, purché l’attività venisse segnalata da una fraschetta rinsecchita. Ambienti solidi e spartani, sono il luogo ideale dove trovare i triestini, quelli veri, intenti a mangiare sottaceti e prosciutto, bevendo un buon bicchiere di rosso. In inverno però meglio scendere in città e chiudersi in uno dei caffè dall’aria viennese che popolano il centro. Lo facevano gli intellettuali europei un secolo fa, i vari Saba, Joyce e Svevo, lo si può fare ancor oggi, leggendo un giornale mentre si sorseggia un nero, o un capo, come si chiamano qui gli espressi. I posti migliori? L’antico Tommaseo, nella piazza omonima, il San Marco in via Battisti, il regale caffè Torinese. Da qui si può fare un’ultima passeggiata e andare a conquistare un’altra bella vista di Trieste: dalla Lanterna accanto al molo fratelli Bandieria. Sembra quasi di stare sul ponte di una nave che sta per gettare l’ancora in città.

Info. Tutte le informazioni utili sul sito di Turismo Friuli Venezia Giulia, www.turismofvg.it/Localita/Trieste. Per visitare la Risiera di San Sabba, www.risierasansabba.it.

Dormire. A Trieste c’è un ostello in riva al mare, accanto a un castello. Sta a Miramare, certo non sarà comodo per il centro (anche se c’è un bus dalla stazione) però è in una posizione invidiabile e ovviamente ha ottimi prezzi (doppia da 32 euro, posto in camerata 16 euro; www.ostellotrieste.135.it). Altrimenti in città i prezzi sono molto poco mitteleuropei, ma fra i tre stelle ha spesso buone offerte (doppie da 90 euro) l’Albergo alla Posta, in piazza Oberdan (tel. 040.365.208, www.albergopostatrieste.it).

Mangiare. Il regno della Lubianska, la risposta slava al cordon bleu, si chiama Marea (via Rita Rosani 11, tel. 040.813255), un locale assai rustico e lontano da centro, ma nel suo genere il migliore della città. Per capire cosa sia un vero buffet triestino si deve andare da Pepe S'ciavo (via Cassa Di Risparmio 3; tel. 040.366858)  dove si mangia il maiale in tutte le sue molteplici forme. Per il pesce si può provare Saturnia (via Alberto Boccardi 1; tel: 040.3223374) oppure la Tenda Rossa (strada Costiera 172, Santa Croce, tel. 348.7117688) affacciato sul golfo, ma per arrivare serve l'auto. 

Arrivare. In treno bastano un paio di ore da Venezia, con cui è collegata da regionali quasi ogni ora. In auto si segue l’autostrada A4, Torino-Venezia: ora che il passante di Venezia è completato è quasi agevole, tranne in estate quando si possono trovare lunghe code di turisti diretti in Slovenia. In aereo, l’aeroporto di Ronchi dei Legionari dista 40 chilometri dal centro, e ha collegamenti con Roma, Napoli e Milano gestiti da Alitalia.