Dal fiume Aventino salendo al massiccio della Majella, il territorio di Lama dei Peligni passa dai boschi di quercia popolati da caprioli e cinghiali su fino a ripide e inaccessibili balze calcaree dove un solo quadrupede è in grado si avventurarsi: è il camoscio appennninico (Rupicapra pyrenaica ornata), acrobata degli strapiombi, che lassù trova il suo terreno di gioco preferito e che non è difficile avvistare, in quella che è a tutti gli effetti la prima area faunistica del Camoscio d'Abruzzo della Majella, splendido animale che era scomparso sulla Majella all'inizio del XX secolo scorso e che è stato reintrodotto a partire dal 1991-1992.

Allora composta da appena 30 ungulati provenienti dal Parco Nazionale d'Abruzzo, la popolazione della Majella si è accresciuta di anno in anno e è oggi la più numerosa di camoscio presente nell'Appennino centrale, con circa 840 individui, alcuni dei quali si possono agevolmente avvistare, avvicinandosi al facile percorso dell’Area Faunistica del Camoscio d’Abruzzo, in prossimità del paese. Anima della reintroduzione fu uno zoologo milanese, Maurizio Locati, al quale è giustamente dedicato il museo ricavato nel centro di visita del Parco Nazionale della Majella: un museo-laboratorio che coinvolge il visitatore con pannelli, diorami, supporti multimediali, reperti naturalistici e archeologici. Protagonista principale è ovviamente il camoscio d'Abruzzo, di cui si illustrano ambienti e caratteristiche fisiche e comportamentali. Ci sono però al primo piano del museo anche pannelli e vetrine dedicati alla lavorazione della lana e alla produzione della pasta, la riproduzione di una grotta della Majella con pitture rupestri preistoriche, il calco dell'uomo della Majella, vasi, monete e oggetti di corredo funerario in ferro e bronzo rinvenuti nel territorio.

Intorno al museo, ci sono poi la ricostruzione di un villaggio neolitico, voliere con rapaci provenienti da centri di recupero, e un bel giardino botanico dedicato al botanico napoletano Michele Tenore che dal 1995, su una superficie di 9000 mq, ospita circa 500 specie vegetali, endemiche dell'Appennino Centrale o esclusive della Majella. Presso il Giardino Botanico (che ha come suo simbolo il Fiordaliso della Majella) è anche localizzata la Banca del Germoplasma della Majella, nata per la conservazione di specie di flora abruzzese rare, endemiche e in pericolo di estinzione.

Testo: Roberto Copello - Foto: www.parcomajella.it

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