Quattro musei di livello nazionale. Affreschi di un grande nome della pittura italiana del Quattrocento, Benozzo Gozzoli, l'autore della famosa “Cavalcata dei Magi”. Decine di installazioni di artisti contemporanei sparse per il paese e sul territorio comunale. E poi un portfolio fittissimo di eventi letterari, teatrali, musicali, enogastronomici, sportivi. D'accordo che Peccioli è il comune più popoloso dell'Unione Parco AltaValdera (cui aderiscono anche i limitrofi comuni di Lajatico, Chianni e Terricciola), ma conta comunque solo 4807 residenti (dati 2016), e tutto questo ben di Dio lascia dunque a bocca aperta. Questo, verrebbe da dire, è un comune stellare: circostanza poi puntualmente confermata all'apprendere che con il suo nome è stato battezzato un asteroide scoperto nel 2009 dagli astrofili locali: l'asteroide 331011 Peccioli!

Siamo nel cuore delle Colline Pisane, quel bellissimo angolo di Toscana rurale che sta più o meno sotto Pontedera e sopra Volterra. È l'alta valle del fiume Era, che nasce proprio presso Volterra e dopo 54 chilometri sfocia nell'Arno, proprio a Pontedera. Territorio agricolo, dunque, che negli ultimi anni si è sempre più scoperto una vocazione agrituristica, attirando un numero crescente di ospiti stranieri alla ricerca di una Toscana inedita, non ancora sfiorata dai grandi flussi internazionali. Nel mezzo di questo contesto, Peccioli non solo ha saputo preservare il suo patrimonio di tipico borgo collinare, ma – cosa davvero rara – ha addirittura saputo incrementarlo, aggiungendovi nuove fonti di attrazione. Motore di questa frenesia culturale e partecipativa è stata la Società Belvedere, promotrice vent'anni fa nella frazione di Legoli di quel moderno impianto di smaltimento e trattamento dei rifiuti rivelatosi un volano di sviluppo per tutto il territorio comunale la sua popolazione: una grande discarica che, fra opere d'arte, convegni e spettacoli, si propone essa pure come un'inattesa attrazione turistica (si veda l'approfondimento dedicato).

Che cosa vedere a Peccioli e dintorni, dunque? L’antico borgo, stretto dai ruderi della rocca di Castruccio Castracani, distrutta dai pisani, è caratterizzato da vicoli stretti e ripidi chiamati “chiassi”. Il nome è attestato per la prima volta in una pergamena del 793 come Picciole, Petiole e Pecciori e deriva forse dal latino picea, “pino selvatico”. Centro fisico e sociale della vita di Peccioli è Piazza del Popolo, su un cui lato corre un loggiato che è tradizionale punto di ritrovo dei cittadini locali. Sugli altri lati si trovano invece il Municipio, il Palazzo Pretorio e la chiesa prepositurale di San Verano, con il suo imponente campanile eretto nel 1885 dall'architetto Luigi Bellincioni in stile eclettico (visibile da assai lontano, si è imposto come simbolo di Peccioli). Ovunque, sulle pareti della chiesa ma anche degli edifici civili, sono state collocate enormi riproduzioni di particolari dei famosi affreschi quattrocenteschi realizzati da Benozzo Gozzoli a Legoli (si veda l'approfondimento dedicato).

L’antico Palazzo Pretorio, risalente all'epoca medievale, sede della Podesteria nel XVI secolo, poi rimaneggiato tra il XVIII e il XIX secolo, è stato per secoli il simbolo del potere politico nel paese, come ancora mostrano i 19 stemmi dei podestà e delle potenti famiglie locali, in alto nella sua facciata. Appena entrati invece ci si imbatte subito in un'altra, e assai più recente, icona del paese: una bicicletta da corsa. Si tratta della bicicletta con cui una mai dimenticata gloria locale, il corridore ciclista Giuseppe Sabatini, detto Libertario, disputò l'ultima gara della sua vita, nel 1947. Il campione pecciolese era il primo dei nove figli di un mezzadro e morì prematuramente nel 1951, a soli 36 anni. Proprio alla sua memoria dal 1952 a Peccioli si disputa la Coppa Sabatini, appuntamento fisso nel calendario ciclistico internazionale, nel cui albo d'oro figurano campioni come Moser, Saronni, Fondriest, Chiappucci, Bettini.

Dopo l'omaggio alla memoria del “ciclista contadino”, si può salire a visitare i musei del Palazzo Pretorio. Il primo a essere inaugurato fu, nel 2000, il Museo delle icone russe Francesco Bigazzi, nato dalla passione del giornalista fiorentino, ex corrispondente da Mosca per Ansa, Il Giorno, Panorama. La sua collezione comprende prevalentemente icone russe dal XVIII secolo agli inizi del XX, dipinte sia a tempera che a olio. Alla collezione Bigazzi si è aggiunta poi, all'ultimo piano del palazzo, la raccolta della società Belvedere, che attraverso acquisti mirati ha via via assunto una notevole importanza: comprende 75 icone lignee provenienti da tutto il mondo ortodosso (dalla Russia alla Grecia), con i due esemplari più antichi che recano la data del 1709. Un'intera sezione espositiva, caso unico in Italia, è dedicata a croci, icone e polittici in bronzo, per la maggior parte tipici della produzione della setta religiosa ortodossa dei Vecchi Credenti, tra cui spicca un rarissimo esemplare di croce battesimale del XV secolo. Le due collezioni di icone, così, sono giunte a contare attualmente in tutto circa 200 opere.

Sempre nel Palazzo Pretorio ha trovato spazio anche la Collezione Incisioni e Litografie – Donazione Vito Merlini, una raccolta di 279 fogli di grandi artisti contemporanei che spaziano dall’informale al figurativo: incisioni, litografie, xilografie e serigrafie raccolte da Vito Merlini, medico condotto di Peccioli, che poi nel 2006 le donò al Comune. Molte le opere di incisori puri, altrettante quelle di artisti di spicco come Guttuso, Fattori, Marino Marini, De Chirico, Mirò, Dalì, Sassu, Baj. 

Lo stretto rapporto fra Peccioli e l'arte contemporanea del resto è evidente in tutto il paese e nelle sue frazioni, grazie alle numerose installazioni. Sin dagli anni Novanta in paese si è creduto alla possibilità di un dialogo artistico fra il passato e il presente, tra l’impianto medievale del territorio e l’arte contemporanea. Nacquero così i primi interventi site specific come le installazioni “Fonte” e “Chiacchiere” di Vittorio Corsini, la “Colonna che scende” di Hidetoshi Nagasawa, “Acropoli” di Vittorio Messina e “Ospiti” di Fortuyn/O’Brien, a Ghizzano. Giorgetto Giugiaro, per parte sua, pensò a un originale benvenuto a chi arriva in paese, collocando la scultura “Welcome to Peccioli” in una rotonda stradale nella piana sotto Peccioli. Oggi il territorio comunale, come un vero museo a cielo aperto, esibisce diverse decine di installazioni e sculture open air. Molto suggestiva e di grande impatto è l'installazione realizzata nel 2017 sotto la facciata della chiesa di San Verano dallo scultore Vittorio Corsini, uno degli artisti che ha lavorato di più nel borgo: gli occhi di centinaia di abitanti di Peccioli, fotografati e riprodotti su pannelli rettangolari di varie dimensioni, ricoprono il muro di sostegno del terrazzamento della chiesa, con una moltitudine di sguardi che rimanda a un'idea di comunità, di legame reciproco, di comune appartenenza. Non a caso, solo i pecciolesi possono e sanno riconoscere chi si cela dietro questo o quello sguardo.

L'ultima iniziativa di Corsini, “Voci”, un percorso artistico-letterario dentro e fuori il borgo, è della primavera 2018: consiste in sei installazioni realizzate in sei ambienti religiosi del territorio (campanile della chiesa di San Verano, Madonna del Carmine, chiesa delle Serre, chiesa di San Giorgio a Cedri, cappella dei santi Rocco e Sebastiano a Fabbrica, oratorio della Ss. Annunziuata a Ghizzano). A ogni installazione si accompagnano le riproduzioni sonore dei racconti letti dai sei scrittori che li hanno scritti per l'occasione (Laura Bosio, Mauro Covacich, Maurizio de Giovanni, Romano De Marco, Ferruccio Parazzoli e Laura Pugno).

Per l'arte dei secoli passati ci sono invece le chiese. Come la propositura di San Verano di Cavaillon, edificata tra la fine dell'XI e l'inizio del XII secolo, e dedicata al vescovo provenzale del VI secolo che è patrono di Peccioli (la festa si celebra il 25 ottobre). La leggenda vuole che il santo vescovo, mentre dalla Francia era diretto a Roma, passando da Peccioli liberò il borgo dalla pestilenza. E, di fatto, la venerazione per san Verano in paese è antichissima. In chiesa si conserva anche una reliquia del santo, donata nel 1631 (anno dell'ultima pestilenza che colpì il Pisano) da una nobildonna e conservata in un tempietto d'argento, pregiato pezzo di oreficeria genovese dell'epoca. La chiesa ha mantenuto parti della costruzione trecentesca originaria e ha il prospetto scandito da cinque arcate cieche, decorate da losanghe di ispirazione pisana, mentre i fianchi sono movimentati da archetti pensili. La facciata in stile romanico-pisano è stata restaurata nell'Ottocento ripristinandone le antiche forme. Al suo interno sono custodite tele del pittore secentesco fiorentino Jacopo Vignali e una Madonna con Bambino di Neri Bicci (1464). Dal 2009 la chiesa di San Verano ospita anche, nella cappella dell'Assunta, il Museo d'arte sacra, nel quale sono confluite opere fra le più significative del territorio, fra cui due preziosi esempi di pittura toscana del Duecento in ottimo stato di conservazione: una Madonna col Bambino risalente alla prima metà del XIII secolo attribuita a Enrico di Tedice, detta “delle Grazie” per la sua fama miracolosa, e un dossale della seconda metà del XIII secolo attribuito a Michele di Baldovino e raffigurante San Nicola. All’interno del Museo sono inoltre conservati paramenti liturgici, opere di oreficeria sacra, un crocifisso ligneo databile al IV decennio del XIV secolo, messo in relazione con la scultura senese dipendente da Giovanni Pisano; un’Assunzione con Angeli e Santi di Giovanni Bilivert datata 1628. Particolare menzione merita la tela raffigurante San Pietro attribuita a Giovan Battista Piazzetta e che è stata donata al museo dalla signora Rosanna Merlini, secondo la volontà del marito.

L'altra chiesa importante del paese si trova all’uscita dal borgo: è la Chiesa della Madonna del Carmine, eretta nel 1642 sulla piazza un tempo detta Piazza del Fosso, e che per questo motivo fu detta popolarmente la “Madonna del Fosso”. Costruita in laterizi, è circondata su tre lati da un portico. Come ricordano due lapidi all'interno, fu completamente restaurata nel 1850 in seguito ai danni causati dal terribile terremoto che quattro anni prima aveva devastato la Valdera e le Colline pisane.

E vicino alla chiesa si trova poi un altro museo, il Museo archeologico, dove sono stati accolti i reperti rinvenuti durante le campagne di scavo organizzate dal Comune in collaborazione con l'Università degli Studi di Ferrara nel sito archeologico etrusco presso il Podere Ortaglia in località Le Serre, a meno di due chilometri dal centro storico di Peccioli. In una sorta di pozzo votivo di 10 metri di profondità per 4 di diametro sono stati trovati ex voto e parti di una costruzione, che fanno pensare a un tempio. Molti oggetti votivi, come i pesi del telaio e i rocchetti per il filo, tipici del lavoro femminile, fanno pensare che il santuario (attivo dal VI al IV secolo a.C.) fosse dedicato a una divinità femminile. Dallo scavo di Santa Mustiola a Ghizzano, frazione di Peccioli, proviene invece il corredo funerario di una giovane donna sepolta nella prima metà del Trecento, nel periodo della peste nera narrata da Giovanni Boccaccio: unica nel suo genere è una cintura in bronzo composta da più di 80 elementi, fra cui una fibbia circolare, un gancio e una serie di borchiette impreziosite dall’incisione di fiori e foglie. Pezzo più pregiato della collezione del museo archeologico è una kylix attica a figure rosse, attribuibile al celebre pittore greco Makron, attivo ad Atene intorno al 490-480 a.C.

Testo di Roberto Copello; per le foto, si ringraziano Roberto Copello (musei e muro degli occhi); Cesura/Luca Santese (panorama, piazza e scultura).

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