Periodicamente sulla stampa italiana la “questione Venezia” balza agli onori della cronaca. Il tutto dura qualche giorno, magari anche grazie all'intervento di personaggi pubblici, per poi essere di nuovo sommerso dal mare magnum di notizie. Quando si parla della città lagunare però, parlare di sommerso non è metaforico, ma reale. Basta andarci dopo qualche giorno di pioggia insistente per vedere che il livello dell'acqua sale a vista d'occhio. E se passa un motoscafo dei vigili del fuoco a tutta velocità si rischia di essere travolti da un'ondata. Chiunque abbia a cuore Venezia sa che se per i turisti di passaggio è un imprevisto perfino divertente, per la città è un vero dramma.

Una di queste Venice lover è Anna Somers Cocks, fondatrice e amministratore delegato di The Art Newspaper e direttrice dell'associazione Venice in peril fino allo scorso anno. Qualche mese fa ha deciso di scrivere un lungo articolo su The New York Review of Books dal titolo “The coming death of Venice?”. L'imminente morte di Venezia? Per fortuna ha messo il punto di domanda. Nelle circa 10 pagine di dissertazione la Somers Cocks indica punto per punto i pericoli reali che la città sta correndo indirizzandosi direttamente al sindaco Giorgio Orsoni.

Primo problema quello delle navi da crociera che passano per il Canale della Giudecca che, nonostante le continue manifestazioni e la collettiva preoccupazione e indignazione non smettono di fare la stessa rotta, aumentando in maniera esponenziale il numero di transiti. L'autrice suggerisce anche una soluzione: spostare tutto al porto di Marghera, ma interessi privati di imprenditori/politici come l'armatore Costa rendono tutto più difficile. Il secondo problema che deriva dal primo è l'affollamento turistico mordi e fuggi della città che si unisce a quello più duraturo, ma che, in totale, raggiunge più di sei milioni di visitatori l'anno che, tra l'altro, si concentrano per la maggior parte intorno a piazza S. Marco. E con l'aumento dei flussi dalle economie emergenti il numero tenderà ad aumentare esponenzialmente. Somers Cocks propone di inserire un biglietto d'ingresso alla città, come se fosse il MoMa di New York. Terzo problema è proprio quello dell'innalzamento delle acque. Un problema globale che a Venezia rischia di essere mortale. Parla ovviamente del Mose, delle critiche, delle opposizioni che hanno rallentato i lavori, della corruzione, del numero eccessivo di organizzazioni e istituzioni che si spartiscono e scaricano responsabilità. Insomma, un disastro. Che rischia di regalare la città futura solo a chi fa immersioni subacquee. Beati loro.

Punto sul vivo il sindaco Orsoni ha deciso di prendersi il giusto tempo per rispondere e, a fine settembre, lo scambio on line è continuato con una lettera che cerca di mettere ordine. Cerca, appunto. Si dice d'accordo sul bloccare le grandi navi da crociera e trovare nuove strade per loro, concorda sull'utilizzo del porto di Marghera, anzi quasi chiede aiuto per sostenere la sua posizione, ma dice chiaramente che se lui è responsabile della navigazione nei canali della città, non lo è su quelli di più importante transito che spettano al governo nazionale. Insiste con forza sulla illogicità di mettere un biglietto di ingresso per turisti perché Venezia non è un museo, ma una città. In qualche modo conferma la complessità del sistema politico e gestionale italiano, spesso incomprensibile per gli stranieri, che rischia però di far affondare tutto. Ignora completamente la questione dell'innalzamento delle acque e degli interessi economici di Costa sulle navi. La Somers Cocks però non molla e proprio su questi punti organizza l'ennesima risposta. Il dibattito per ora è in pausa, ma una cosa è certa: Venezia rischia e lo sanno tutti quelli che l'hanno a cuore, italiani e non.

Cosa deve succedere affinché si dia una svolta allo stallo nel quale siamo? Si deve incagliare una nave di fronte alla Punta della Dogana? Quali sono le soluzioni pratiche secondo voi?