Val Pellice, val Chisone e val Germanasca sono le tre vallate della provincia di Torino storiche roccaforti dei Valdesi, la più consistente comunità di religione protestante d'Italia.

Oggi le valli pinerolesi sono meta turistica per chi ama soggiornare in montagna, d'estate e d'inverno, e offrono panorami naturali d'incanto, grazie anche a una attenta gestione del territorio, ma un tempo la vita da queste parti fu tutt'altro che serena a causa delle persecuzioni che la popolazione locale subì da parte dello stato che all'epoca era il regno sabaudo.

Tutto iniziò con Pietro Valdo, un ricco commerciante di Lione che attorno al 1170 decise di cambiare vita e di predicare i dettami evangelici di una vita spirituale. Così nacquero i Valdesi che si diffusero in diverse regioni europee, ma che trovarono nelle vallate pinerolesi la loro patria. Perseguitati più volte già a partire dalla fine del Quattrocento, subirono la strage delle Pasque piemontesi nel 1655 da parte delle truppe di re Carlo Emanuele II e poi il massacro del 1686 con il conseguente esilio in Svizzera dei pochi sopravvissuti.

Tre anni più tardi, però, nel 1689, dopo un'avventurosa traversata delle Alpi un migliaio di fuoriusciti rientrò nelle valli dando luogo all'episodio poi chiamato Glorieuse Rentrée. Solo nel 1848 le Regie Patenti promulgate da re Carlo Alberto di Savoia riconobbero ai Valdesi i diritti civili e politici (l'Emancipazione), ma non ancora quelli religiosi. Occorre aspettare infatti la nascita della Repubblica Italiana, dopo la Resistenza, per vedere finalmente i Valdesi riconosciuti a pieno titolo come cittadini italiani di serie A come tutti gli altri.

Caratteristica del mondo valdese è la capillare istruzione elementare già a partire dal Settecento, quando nelle altre vallate alpine l'analfabetismo era ancora molto diffuso. Gli aiuti economici per finanziare le scuole arrivavano dall'estero, evidentemente dal mondo protestante – specie dai britannici – che si sentiva vicino ai negletti abitanti delle valli piemontesi. Sorsero le scuole quartierali e le borse di studio per la formazione dei maestri. Il legante di questa società sono le tradizioni, l'uso del francese come lingua madre e dell'occitano, la memoria storica, il mondo contadino.

Una testimonianza viva di questo mondo che sembra lontano, ma dista poi 60 km da Torino, arriva dal recente volume La piccola patria alpina, edito da Priuli & Verlucca (pagine 112, prezzo euro 14,90), che raccoglie fotografie d'epoca dei fratelli Peyrot, valdesi doc, naturalmente. Dopo un saggio introduttivo di Maria Rosa Fabbrini e di Roberto Mantovani, scorrono le foto in bianco e nero di fine Ottocento e inizi Novecento dei due fotografi David (pastore valdese) ed Henry Peyrot che per quarant'anni rivolgono l'obiettivo della loro fotocamera al paesaggio, ai luoghi simbolo della Comunità valdese, al mondo contadino. L'opera dei Peyrot costituisce la più completa iconografia del tempo del mondo valdese. Immagini nitide che fermano un'epoca e documentano personaggi, dai borghesi ai contadini, in ritratti, sui luoghi di lavoro, in montagna durante le escursioni.