Nel quartiere della Loggia, la chiesa di Santa Maria in Valverde è preziosa espressione del barocco palermitano.

Edificata (inizio XII sec.), insieme al convento, dai canonici agostiniani della congregazione di Valverde, dopo circa duecento anni, con il sopraggiungere delle carmelitane scalze, subì un profondo mutamento.

A seguito dell’adesione all’ordine carmelitano della figlia di Camillo Pallavicino, grazie alla donazione ricevuta dal ricco genovese e al contributo artistico dell’architetto Mariano Smiriglio, la chiesa ottenne, nel 1633, l’aspetto che oggi conosciamo.

A caratterizzare la chiesa è un doppio ingresso. Il primo rifatto nel XIX sec., con affaccio su via Squarcialupo, presenta caratteri neoclassici con simboli tratti dalla Bibbia tra i campi geograficamente ripartiti.

Il secondo accesso, sul lato, è definito da un’anima squisitamente barocca. Progettato dall’architetto Paolo Amato (1691) e coronato da un timpano spezzato presenta un cartiglio con lo stemma dell’Ordine. Contiguo si staglia il campanile lapideo settecentesco con tre ordini sovrapposti

L’interno, a navata unica, è movimentato dall’abside semicircolare, dal coro e dai quattro altari laterali. Una decorazione a marmi mischi e stucchi (opera di Paolo Amato) arricchisce il contesto in un elegante insieme di ghirlande, volute, angeli. Incastonati nella decorazione sono gli affreschi La Gloria della Vergine e le scene bibliche rispettivamente opere di Olivio Sozzi nell’arcone e Antonino Grano nella volta.

Di particolare interesse gli altari laterali sono inquadrati da colonne tortili. Sulla destra il primo, intitolato a Santa Lucia, presenta una statua lignea cinquecentesca della santa e un angelo con in mano la palma del martirio e l’iconografico piatto con gli occhi. Il secondo, tipicamente barocco, espone putti, tendaggi svolazzanti e una cornice mistilinea dove doveva essere esposto un cinquecentesco Sant’Antonio di Vincenzo da Pavia poi sostituito da una Madonna con Bambino; anche qui un angelo regge un cappello da abate a ricordare la prima intitolazione.

Sul lato di sinistra è possibile ammirare l’altare del Crocifisso e quello dedicato alla Madonna del Carmelo. Il primo presenta la Santa Croce con ai piedi la statua dell’Addolorata; completano lo spazio nicchie aperte nella parete per ospitare le reliquie, i simboli della passione dell’arco e gli angeli che sorreggono la Colonna della Flagellazione e la Croce. La mensa dedicata alla Madonna del Carmelo (in origine all’Immacolata Concezione) è arricchita da un dipinto di ignoto che raffigura la Vergine; nello spazio sono diversi simboli mariani tratti dal libro dell’Apocalisse e dal Cantico dei Cantici.

In posizione centrale il presbiterio, parzialmente rifatto nell’Ottocento da Giovanni Patricolo, è caratterizzato da angeli in legno stuccato (Salvatore Bagnasco, 1840) e eleganti paraste con medaglioni decorati da lapislazzuli e effigi di San Michele Arcangelo, Santa Teresa e Santa Maddalena dè Pazzi. Sull’altare maggiore fa bella mostra di sé la Madonna del Carmelo tra Sant’Alberto Carmelitano, Sant’Angelo di Licata, Santa Teresa d’Avila e Santa Maria Maddalena dè Pazzi opera secentesca di Pietro Novelli. Inquadrano il presbiterio due nicchie con le statue di Elia e Eliseo e le “gelosie” – le grate da cui le suore partecipavano alle celebrazioni.

Tra i principali artisti che lavorarono nel complesso ricordiamo: Paolo Amato a curare il primo impianto decorativo tra il 1694 e il 1702; a seguire l’allievo Andrea Palma. Dei maestri marmorei si ricordano: Francesco Scuto, Carlo Rutè e Filippo Di Vita.