Il museo, ospitato negli spazi dell’Ala napoleonica e in alcune sale delle Procuratìe Nuove, nasce dalle raccolte donate alla città nel 1830 dal patrizio veneziano Teodoro Correr, poi continuamente accresciute da lasciti e acquisti. Nell’insieme, costituisce un’intensa introduzione alla storia di Venezia e alla grande pittura veneziana. Alle sale dedicate al Canova – la Galleria napoleonica, la sala del Trono e la sala neoclassica, con gessi, bozzetti e il giovanile marmo di Dedalo e Icaro – seguono le collezioni storiche di cimeli, oggetti d’arte, documenti, ritratti di dogi e dipinti illustranti cerimonie e regate, insegne di arti, bronzetti, armi e armature di varia epoca e provenienza; cospicuo il nucleo di ricordi riguardante il doge Francesco Morosini, il Peloponnesiaco (1619-94), uno degli ultimi grandi comandanti veneziani, provenienti dal palazzo di famiglia in campo S. Stefano. Eccezionale è la raccolta numismatica (di cui è esposta una selezione), che comprende la serie completa delle monete coniate dalla Zecca veneziana, dalle origini (820) alla fine della Repubblica (1797).<br>Al secondo piano è allestita la Quadreria o Pinacoteca, ricca di dipinti di scuola veneziana dal ’300 al ’500 con presenze di ferraresi, fiamminghi, tedeschi. Tra i capolavori: Pietà di Cosmé Tura (1468); Pietà di Antonello da Messina (1475-76), mutila, unica opera rimasta del soggiorno del maestro a Venezia; Crocifissione di Jacopo Bellini (1450); Madonna col Bambino, Pietà, Trasfigurazione e Crocifissione, importanti opere giovanili di Giovanni Bellini; Ritratto del doge Giovanni Mocenigo, arguto profilo di Gentile Bellini (1479); S. Antonio di Padova di Alvise Vivarini; Due dame veneziane (1510-15) del Carpaccio, scena di stanca e quasi trasognata attesa di donne sedute su un’altana o terrazza, recentemente riconosciuta come parte inferiore della tavola con gli uomini impegnati nella Caccia in Laguna, oggi conservata al Getty Museum di Los Angeles. Nella sala detta delle Quattro porte spicca una stampa della celebre Veduta prospettica di Jacopo de’ Barbari, mirabile rappresentazione della città nell’anno 1500, ai cui piedi si conservano le preziose matrici originali in legno di pero.