Fra 1863 e 1866 Carlo Maciachini realizzò in stile eclettico il nuovo, vastissimo camposanto dell’emergente borghesia ambrosiana: oggi occupa circa 250mila metri quadrati. Era ed è un sito ultimo elitario, ma civile, che laicamente lascia spazio anche ai non cattolici e agli israeliti. Il cimitero è “monumentale” perché le famiglie borghesi della Milano di fine ’800 volevano lasciare un segno memorabile del proprio passaggio terreno. L’attenta scelta dei materiali – pietre e marmi dalle migliori cave del Bresciano, della Valcamonica, del Brembo, di Angera e di Baveno, del Veronese e di Carrara – e la cura dei particolari ne fecero un’opera del tutto esemplare. Al centro della lunga fronte in marmi bicromatici, il Famedio, a croce greca e con cupola ottagonale, è una sorta di pantheon con i monumenti sepolcrali delle glorie cittadine: da Alessandro Manzoni a Carlo Cattaneo, da Carlo Forlanini a Luca Beltrami, fino a Salvatore Quasimodo. Il Monumentale deve però la sua fama soprattutto all’incredibile varietà e al notevole valore artistico dei monumenti, dei sacelli e delle cappelle private che, fin dall’inaugurazione, le famiglie andarono via via commissionando ai migliori scultori e architetti: Antonio Tantardini, Odoardo Tabacchi, Enrico Butti, Luca Beltrami, Medardo Rosso, Mosè Bianchi, Adolfo Wildt, Paolo Troubetzkoy, Vincenzo Vela, Leonardo Bistolfi e Ulisse Stacchini – fino alle opere più recenti di Francesco Messina, Giacomo Manzù, Arnaldo e Gio Pomodoro, Pietro Cascella, Fausto Melotti e Lucio Fontana. Un sobrio monumento di Lodovico Belgiojoso, Enrico Peressutti ed Ernesto Nathan Rogers ricorda dal 1946 gli scomparsi nei lager nazisti: è quasi un simbolo della continuità stilistica e dell’integrità morale del razionalismo milanese tra guerra e dopoguerra.