Alla scoperta della Porrettana

BIAGIONI – SAN MOMME’ - 14 settembre 2013 (Stazione FS. Biagioni – Lagacci – Frassignoni – Pracchia- San Mommé)
Dopo la pausa estiva riprendono l'escursioni lungo la linea Porrettana nella tratta tra Porretta e Pistoia, il tratto che ci vedrà camminare lungo antichi sentieri e strade di servizio è quello che ha inizio alla Stazione di Biagioni Lagacci per portarci al di la dell'Appennino e terminare a San Mommè.
L'itinerario si svolge in gran parte su strade forestali e comodi sentieri e in piccola parte su asfalto, durata dell'escursione dalle 5/6 ore comprese le soste.
Da Biagioni mt. 521 seguiremo per 1,9 km la strada che porta a Lagacci mt. 710 (circa 30/40 minuti), da Lagacci su sentiero fino a Frassignoni (748 mt) ( + mt. 227 ) per proseguire poi su asfalto sino a Pracchia mt. 616 (Km 2,8 - 45/60 minuti - mt. 132) dove saremo verso le 12,45/13.00 - Da Pracchia seguendo la vecchia strada di servizio e sentiero saliremo al Passo della Piastreta mt 897 (+ 281) che è il culmine dell'escursione - sempre per sentiero si scende a Sanmommè (mt. 584) (- 313 mt) passando per Prato al Lago ( punto di ristoro ) da dove ha origine l'Ombrone Pistoiese.
in salita mt. 550/600
in discesa mt. 445/500
A Biagioni Lagacci inizia il nostro percorso che ci porterà a San Mommè dopo aver valicato l’Appennino al Passo della Piastreta a quota 897 mt.
La stazione di Biagioni, stretta tra due gallerie dove il treno, tenuto conto dell’angusto spazio esistente tra un tunnel e l’altro, è costretto ad arrestarsi parte in galleria. Visitata la splendida borgata con la piccola chiesa dedicata a S. Giovanni Battista, che fu edificata come oratorio della Parrocchia di Boschi nei primi anni del 1600 e, successivamente, nel 1795 divenne parrocchia autonoma.
I primi insediamenti a Biagioni risalgono al 1400. Vicino al ponte si ricorda anche una casa, risalente anch'essa al 1400 (data indicativa dedotta da alcune pietre scolpite), denominata "Maremmana". Dopo l'unità d'Italia veniva usata come punto di sosta per ferrare i cavalli; di ristoro per i pastori e i boscaioli che proseguivano poi verso la Maremma per la transumanza o per lavoro.
Nei secoli passati, da Ponte della Venturina fino a Pracchia, l'unico punto dove era possibile attraversare il fiume Reno si trovava a Biagioni. Il ponte consentiva il passaggio dei greggi, dei cavalli e di quanto serviva per la vita dì quel tempo, un edifìcio tuttora esistente, nei pressi del ponte, è indicato come sede dell'antica Dogana al Servizio dello Stato Pontificio e del Granducato di Toscana.
Attraversato il Reno si segue la strada carrozzabile che ci porta alla Frazione di Lagacci in comune di Sambuca Pistoiese in territorio toscano.
Si narra che il pianoro in cui Lagacci si trova sarebbe stato generato dall'accumulo di materiali provocato, da una slavina la quale sbarrando il corso di alcuni ruscelli, avrebbe generato alcuni laghetti, i quali sarebbero all'origine del nome del paese stesso. Lagacci viene citato la prima volta nel Catasto Granducale del 1587, ma è certamente più antico di tale data. Le sue origini risalgono approssimativamente alla metà del XVI° secolo, quando un nucleo di fuoriusciti (probabilmente soldati, rifugiati politici, briganti) si insedio' in alcune "casette" a monte dell'attuale abitato. Posto sul confine, con a sud il Granducato di Toscana e a nord lo Stato Pontificio, era a quei tempi isolato in una selva impraticabile e quindi sicuro rifugio per coloro che ne avevano bisogno.
Seguendo un sentiero a mezza costa ci si dirige prima a Frassignoni, nonostante la sua posizione sia oltre lo spartiacque appenninico il borgo si trova in provincia di Pistoia. Il borgo ha avuto una lunga storia nel quale troviamo anche la presenza dei longobardi. Durante il medioevo il territorio fu diviso fra due feudatari, i Conti di Stagno ed il Vescovo di Pistoia
Seguendo la strada asfaltata scenderemo alla stazione di Pracchia, il toponimo deriva con elevata probabilità dal latino pratia, nel significato di "prati", "campi" ma anche da pratula, diminutivo di pratum cioè "praticelli" per l'abbondanza di essi.
Pracchia un tempo era conosciuta come la Piccola Svizzera dell’Appennino ed era un’apprezzata località turistica e la locale Pro Loco è una fra le più antiche d'Italia, essendo nata certamente prima del 1906 ora è invece un borgo che solo nei mesi estivi sembra svegliarsi da un lungo torpore e ricordare gli antichi fasti quando la sua stazione risuonava di voci e dello sbuffare delle locomotive che si riposavano della lunga salita o erano pronte ad iniziare la discesa verso la Pianura Toscana
Da qui inizia la galleria dell’Appennino che porta direttamente nella vallata dell’Ombrone sopra Pistoia. A Pracchia e’ visibile, antistante il piazzale della Stazione, l’edificio che un tempo era la stazione della ferrovia F.A.P. per Mammiano. Guarderemo da vicino l’imbocco della galleria dove un macchinista era pronto per saltare al volo sulla locomotiva trainante il treno in arrivo da Pistoia su cui giacevano svenuti, causa il fumo, il macchinista ed il fuochista, con il preciso compito di portare il convoglio in stazione e di fermarlo. Usciti dalla stazione e dopo averla oltrepassata inizieremo a salire lungo la strada che porta alla Collina. Lasciato sulla sinistra lo stabilimento dell’acqua Silva arriveremo al cono in pietra del pozzo n* 0, profondo 54 metri, situato in un prato. Proseguendo per la strada si vede nei pressi di una curva un cunicolo semi ostruito dal fosso di scolo della strada che era in comunicazione col pozzo n* 1, profondo metri 100, poco sopra, utilizzato per lo smaltimento dei detriti durante la costruzione dello stesso pozzo. Superata una frana che ha interrotto la strada, poco oltre si dirama sulla destra una vecchia strada che scende verso il corso del Reno, era l’antica strada di servizio costruita per mettere in comunicazione i pozzi n° 0 e n° 1 col fondo valle e di conseguenza con la carrozzabile oltre il fiume.
Appena oltrepassato il cono di occlusione del pozzo n° 2, profondo 192 metri, s’imbocca sulla destra una via di servizio che porta al pozzo n° 3, il più profondo (m. 223) con lo sbocco terminale trasformato da conico a quadrato situato in una valletta.
Prima di prendere questo sentiero, nei pressi del pozzo n° 2, occorre notare un pozzetto in pietra con foro di scarico intagliato nella viva roccia usato al tempo della costruzione della ferrovia per temprare gli utensili forgiati
Il manufatto è circondato da rovine su cui sorgevano, probabilmente, le baracche degli operai. Quando ancor oggi transita sulla sottostante ferrovia un elettrotreno si vede sbucare dall’alto dello sbocco del pozzo prima una leggera pioggerella poi una fumata emessa una sessantina di anni prima da una locomotiva.
Dopo aver vissuto questa eccezionale esperienza si ritorna sui nostri passi per imboccare il sentiero dell’MPT (Montagna Pistoiese Trekking) che in una ventina di minuti ci porta al passo della Piastreta.
Dal passo della Piastreta (m. 897) si ammira un panorama mozzafiato. Da qui si lascia il bacino imbrifero del Reno e si entra in quello dell’Ombrone.
Seguendo sempre il sentiero dell’MPT si arriva in circa 2 chilometri in discesa si giunge a Prato al Lago, dove ha origine il fiume Ombrone.
Oltrepassato il bivio sotto la baita, imboccando il percorso di sinistra, si continua in discesa fino ad arrivare ad un torrente con relativa cascatella. Poco sopra sorgeva il quarto pozzo, profondo metri 164, ora visibile solo in pochi sassi al centro di un prato. Da questo punto inizia la strada di servizio costruita all’uopo. Poco dopo s’incontra sulla destra la fontana detta “Piloni” dove inizia l’asfalto. A pochi metri dalla fontana,sulla destra, ci si trova all’altezza esatta dell’asse del pozzo di ventilazione n° 4. Rimangono poche pietre sbozzate. In breve si arriva al ridente paesino di Sammomè. Il vialetto che porta alla stazioncina percorre una strada di servizio usata per la costruzione della ferrovia e passa sotto al viadotto che percorre il treno una volta uscito dalla galleria dell’Appennino.Il primo dei grandi viadotti che si susseguono fino a Pistoia è composto da 6 luci di cui una di metri 16 e le altre di metri 10 con altezza massima di 30 metri. Distrutto dai bombardamenti è stato ricostruito a guerra finita.