In attesa della grande mostra su Raffaello Sanzio, con oltre 200 opere, che si aprirà il 5 marzo alle Scuderie del Quirinale a Roma, l’Italia ha dato il via alle celebrazioni per i cinquecento anni della morte del “divin pittore”, nato il 28 marzo 1483 a Urbino.
Pittore e letterato il padre Giovanni, al servizio della splendida corte di Federico da Montefeltro, uomo d’arme colto e intelligente che qui aveva riunito il meglio della cultura del tempo, da Piero della Francesca a Leon Battista Alberti, da Paolo Uccello a Bramante. Giovanni insegna al figlio il disegno e l’uso del colore, lo educa alla bellezza. Lo porta a Urbino, a Palazzo Ducale, con le sue due alte torri e lo studiolo ligneo del duca, per ammirare le opere che fanno ancora onore alla collezione dei Montefeltro. Lo introduce alla bottega di Timoteo Viti e, a Perugia, a quella del Perugino, con il quale il figlio comincerà presto a collaborare e a confrontarsi. È in questo breve lasso di tempo che il piccolo Raffaello, già pittore, lascia sulle pareti della sua casa natale una straordinaria maternità sacra: un Bimbo paffutello addormentato in grembo alla Madonna intenta a leggere. La prima delle bellissime, umanissime Vergini che costituiranno i tratti distintivi di Raffaello e che culmineranno nell’abbraccio geloso ed escludente della Madonna della seggiola e in quello trionfante della Madonna Sistina, cui assistono in basso i due petulanti angioletti che tutto il mondo conosce.
Erede della bottega paterna, Raffaello comincia a produrre opere e a 17 anni porta a termine una serie di commesse per Città di Castello. La sua prima opera certa, L’incoronazione di San Nicola da Tolentino per la chiesa di S. Agostino, di cui oggi sopravvivono solo quattro frammenti, e poi uno stendardo per la confraternita della Trinità dei flagellanti e nel 1503, una Crocifissione con Santi per S. Domenico, ricca di echi perugineschi nell’equilibrio delle masse, armonie di gesti e dolcezza delle colorazioni. Echi che per tutto il periodo umbro, fino al 1504, rimangono ben presenti nel pittore urbinate ma che risultano già superati nello Sposalizio della Vergine (1502-4) per la chiesa di S. Francesco. A 21 anni Raffaello è il più grande pittore dell’Umbria. Urbino gli sta stretta. Lo aspettano Firenze e i grandi artisti da studiare e assimilare: Masaccio, Giotto, Botticelli... E poi il grande salto, Roma, le commesse papali, Leonardo, Michelangelo, mentre le figure si fanno più sciolte, il chiaroscuro più vivace, la composizione più armonica, la bellezza meno formale. A 28 anni, alla fine dei lavori in Vaticano, Raffaello sarà il più grande pittore del mondo. Ma anche scultore, architetto, sovrintendente alle Antichità. La morte, il 6 aprile 1520, arriverà quasi tardi. Non c’era più niente da conquistare, Raffaello era il vertice della pittura classica italiana.