“È un insopportabile teatrino, un déjà-vu, l’ennesima messa in scena di un tentativo che, come i precedenti, andrà a infrangersi contro gli scogli della normativa europea cui da anni il nostro Paese avrebbe dovuto adeguarsi”. Così Legambiente e Touring Club Italiano in una nota congiunta sull’emendamento al provvedimento di rilancio del Paese che fissa al 2033 la proroga per le concessioni balneari sul demanio marittimo, sebbene la Corte di Giustizia Europea già nel 2016 avesse sentenziato che le concessioni demaniali non possono essere automaticamente rinnovate.

Come nasce questa vicenda? Tutto inizia nel 2006 quando viene approvata la direttiva dell’Unione europea 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato comune, più nota come "Bolkestein", dal nome del commissario per il mercato interno che la sostenne.
 
La direttiva prevede che ogni Paese dell’Ue garantisca il rispetto della libera circolazione dei servizi e l’abbattimento delle barriere tra gli Stati in nome del principio di concorrenza. Calato nel caso specifico delle concessioni demaniali marittime, la direttiva, di fatto tuttora disapplicata dall'Italia che rischia per questo una procedura d'infrazione, dispone che siano assegnate attraverso gare pubbliche e non con periodici rinnovi, come avvenuto anche nelle scorse ore con un emendamento al Decreto Rilancio che prorogherebbe lo status quo fino al 2033, nonostante il Consiglio di Stato abbia già dichiarato illegittimo il ricorso a tali proroghe.

“È questo il vero tormentone estivo – continuano le due associazioni – dal momento che da almeno un decennio i vari Governi che si sono succeduti provano a risolvere il difficile problema delle concessioni balneari nella maniera più semplice, ovvero rimandandolo. In questo caso la dilazione è al 2033. Ma sono anni che si sarebbe dovuto mettere mano al riordino del settore recependo gli obblighi di trasparenza previsti dalla normativa europea. Che si colga l’occasione del periodo post-Covid19 per affrontare una volta per tutte un problema che si trascina”.

LE DICHIARAZIONI

“Il Touring Club Italiano – afferma il Presidente Franco Iseppi- che da 126 anni promuove il turismo come elemento di crescita sociale ed economica e ha come mission il prendersi cura dell’Italia bene comune, non può rimanere indifferente rispetto a una vicenda che pare non trovare mai una fine e che viene affrontata da troppo tempo con lo strumento della proroga come unica soluzione-scorciatoia. I cambiamenti in atto nel mondo di oggi, e del turismo in particolare, devono essere interpretati anche in un’ottica competitiva in grado di garantire innovazione e standard di servizio in linea con il mercato. Le soluzioni per stimolare la crescita del comparto, premiando gli investimenti fatti, si possono trovare e dovrebbero conciliare le giuste aspettative della domanda, delle imprese e il diritto dello Stato, cioè di noi tutti, di trovare una giusta valorizzazione di un bene comune come le nostre coste le cui concessioni valgono oggi appena 100 milioni di euro l’anno. Il tutto in una necessaria prospettiva di sostenibilità, qualità e trasparenza”.
“Il nostro obiettivo – sottolinea Edoardo Zanchini, Vicepresidente di Legambiente - è di far capire che una situazione così articolata, con circa 11mila concessioni su migliaia di chilometri di coste sabbiose, non si può governare a colpi di proroghe e aggiramenti delle direttive europee che porterebbero all’ennesima procedura di infrazione contro il Governo italiano e ad esporre a reati amministrativi i tecnici comunali. Anche questa proroga non darà alcuna certezza tanto ai concessionari balneari quanto ai Comuni. Occorre piuttosto approvare una riforma della normativa all’altezza di sfide che diventeranno sempre più complesse in una prospettiva di cambiamenti climatici. Il vero problema oggi si chiama erosione costiera e il rischio è che si parli di concessioni su spiagge che nella realtà non esistono più. Occorre introdurre normative certe che individuino percorsi di trasparenza nell’assegnazione delle concessioni balneari, ma anche criteri che premino gli stabilimenti che adottano esperienze virtuose (e ce ne sono tanti!) di corretta, sostenibile e accessibile fruizione del litorale. E occorre infine occuparsi anche delle spiagge libere, un bene primario che tende a ridimensionarsi anno dopo anno”.