
Appoggiato sui monti Nebrodi come un cappello sull’attaccapanni, con il mar Tirreno a far da immenso fondale ravvivato dalla sagoma delle Eolie, San Marco d’Alunzio – 550 metri d’altitudine in provincia di Messina – è da qualche mese la seconda Bandiera Arancione della Sicilia, dopo la palermitana Petralia Sottana. Un posto diverso, dove si respira un’aria di accoglienza diffusa e collaborazione generalizzata tra i 1.798 abitanti, che se uno non fosse qui a constatare con i propri occhi potrebbe sembrare il solito slogan promozionale che si accompagna a ogni borgo d’Italia.
San Marco d’Alunzio è oggettivamente un posto diverso, ancorché assai ricco di cose da vedere e sperimentare. In una Sicilia caratterizzata dallo spopolamento dei piccoli centri, questo paese è in controtendenza. Lo scorso anno si sono registrati 10 matrimoni e 21 nascite, ma soprattutto è tra i pochi Comuni dell’isola che mantengono una crescita demografica. Ma non solo: oltre a chi non vuole andar via, c’è chi decide di tornare e anche chi sceglie di mettervi radici, pur non avendo legami di sangue, semplicemente dopo averlo conosciuto. Tra questi, tanti i giovani che fanno impresa.
«I giovani – dice il sindaco Filippo Miracula – si fermano in paese perché vedono una crescita sociale, la possibilità di vivere in un ambiente sano in cui far crescere i figli in un modo diverso. L’anno scorso dieci coppie si sono sposate e tutte e dieci si sono fermate qui nonostante qualcuna lavorasse nei paesi vicini o addirittura a Palermo. Questo perché anche logisticamente San Marco è ben collegata. E poi l’aria pulita, il panorama, la tranquillità, la vita spensierata fanno il resto, così che molti preferiscono restare e fare due ore di strada per andare a lavorare fuori».

Tra quelli che hanno sposato la causa di San Marco d’Alunzio c’è Stefano Provenzale, 37 anni, che da 13 anni gestisce l’omonima barberia, l’unica del paese. Stefano ha scelto di fermarsi qui «perché è una vera oasi di pace». Tutte le mattine viene a lavorare a piedi, il rapporto con i clienti è fraterno e anche da padre si dice felice della scelta fatta: «Per me è importante sapere che i miei figli già a 7 anni possono uscire da soli, girare per il paese senza che niente possa accadere loro, protetti dallo sguardo attento dei compaesani».

Un altro imprenditore che ha deciso di rimanere è Marco Monici, quarantenne che, con una laurea in Economia in tasca, ha aperto con Fabrizio Lunghitano la panetteria Pane nostro; il loro pane e i loro biscotti li trovi anche nei grandi centri della costa, da Sant’Agata di Militello a Capo d’Orlando. «Qui non si invecchia mai – dice orgogliosamente convinto della sua scelta – San Marco è tutto quello che posso desiderare».


Da una macelleria poco distante gli fa eco il titolare, Adriano Sansivieri, che ha preferito San Marco d’Alunzio alla Svizzera: «L’America è qui». E tutti i giorni prepara le sue specialità a base di suino nero dei Nebrodi, tra cui la pancetta speziata al peperoncino. Oltre che per la pancetta di Adriano, tanti di quelli che passano a San Marco d’Alunzio fanno sosta alla bottega di Grazia, conosciuta in tutti i Nebrodi per i suoi curdureddi, dolci di Carnevale realizzati con scorza di mandarino, arancia e limone, burro, zucchero, cannella, farina e acqua. Hanno un tale successo che Grazia è “costretta” a prepararle in tutti i periodi dell’anno e ora, superati i 70 anni, ha deciso di aprire un’attività di ristorazione tutta sua, A ’Nunziata, quasi a conferma che San Marco d’Alunzio ha un carattere diverso, votato all’impresa, quale che sia l’età di chi la intraprende.
Al centro di via Aluntina, la via principale, si trova la Tela di Penelope (www.teladipenelope.it/site/it), azienda tessile che produce complementi d’arredo realizzati a mano con telai in legno del XVII secolo. L’idea venne nel 1999 a Mariella Cutrì, colpita da due signore ottantenni che in quegli anni tessevano ancora alla vecchia maniera. Dopo aver appreso da loro i segreti della lavorazione artigianale, ha aperto la sua impresa e oggi (anche grazie alla fidata Nunziatina, che lavora con lei da 25 anni) vanta anche una scuola di tessitura che accoglie studenti pronti a imparare i segreti della “rete di San Marco”, un filato siciliano unico. La radicata tradizione nell’arte sartoriale si conferma in un’altra azienda, la San Lorenzo Confezioni: 40 anni di attività e 120 dipendenti, di cui una trentina proprio di San Marco d’Alunzio. Oggi è gestita da tre giovani aluntini: Emanuele Miracula, 39 anni, il fratello Lorenzo, 25, e la sorella Nunziatina, 40. «Lavoriamo per conto terzi producendo circa 50mila capi di abbigliamento ogni anno per le più importanti griffe a livello mondiale», dice Emanuele. «E diamo spazio ai giovani interessati a questo settore, con stage e tirocini in azienda».

Oltre a chi resta, a San Marco d’Alunzio c’è chi ha deciso di ritornare. È il caso di Martina Dodeci e del marito Rushan Xhafaj, albanese, che, dopo aver fatto esperienza nei più importanti ristoranti del mondo hanno aperto nel giugno 2024 il ristorante gourmet Demenna (ristorantedemenna.com). «Facile la scelta di tornare a vivere e lavorare a San Marco quando puoi stare in un borgo tranquillo, in un polmone verde in cui alzi lo sguardo al cielo e vedi i grifoni volare sopra la testa. Dove l’ortolano passa sotto casa per portarti le verdure appena colte e, in estate, il gelataio consegna sull’uscio di casa la granita fresca con la brioscia calda». Rushan tiene a sottolineare come tutta la comunità gli sia stata particolarmente vicina «ancor più in quanto straniero, cosa che mi ha fatto sentire accolto come non mi era successo in nessun’altra parte».

Per capire quanto i giovani abbiano un ruolo importante nella comunità basta fare un salto al Servizio informazioni per i turisti, proprio di fronte la Chiesa Madre dedicata a S. Nicola. È gestito da 15 giovani del Servizio civile che invitano a scoprire il Kilometro della Cultura. Mille metri di percorso che, attraverso scale e tornanti, toccano i luoghi della cultura, dalla Chiesa di Maria SS. Aracoeli alla fontana in marmo rosso San Marco, fino alla Chiesa Madre, la principale tra le 22 del paese. E fanno anche da Ciceroni nei tanti musei, dal Gadam (la Galleria d’arte moderna) al Museo della Cultura e delle Arti figurative bizantine e normanne, fino a Idea (Museo della Scienza e della Tecnologia). Molti ragazzi conciliano il lavoro con l’università, poi c’è Andrea che ha 22 anni ma le idee chiare: «Finito il servizio civile voglio aprire un’attività di ristorazione a San Marco, perché è qui che voglio vivere».
Nonostante il fervore, e la voglia di tanti di restare, in paese sono molti gli immobili chiusi da decenni. Al punto che l’Amministrazione ha deciso di acquistarne una parte per ristrutturarli e portarli a nuova vita, affiancandoli alle stanze dell’albergo diffuso in gestione a privati che entrerà in funzione entro l’anno. C’è un’altra iniziativa che punta a portare turisti, si chiama Ospitalità diffusa, bottega dei Nebrodi: (https://www.comune.sanmarcodalunzio.me.it/novita/ospitalita-diffusa/)
nel mese d’agosto tre notti gratis in una delle case albergo del paese purché si possa dimostrare (basta un’autocertificazione) che non si è mai soggiornato prima a San Marco d’Alunzio. La verifica potrebbe essere facile: disseminate sulle pareti delle abitazioni del paese ci sono 400 mattonelle in ceramica di Santo Stefano di Camastra. Ci sono incisi pensieri, emozioni e suggestioni che i visitatori hanno provato passando di qui. Perché si lascia sempre un segno dove si è stati bene.
