Luca Zironi e Francesca Schintu, due appassionati cicloturisti: laurea in filosofia lui, laurea in architettura e dottorato in storia dell'architettura lei, amano esplorare l'Italia percorrendo le principali ciclabili sparse sul territorio, cercando di lasciare qualche resoconto scritto, per fare un po' di "proselitismo alla causa". Seguite le loro tracce! Questa volta lungo le acque e le pre-istorie della Valle Camonica.
GIORNO 1 - DA MARONE A PONTE DI LEGNO
Scoviamo finalmente un parcheggio gratuito sulla cima di via Gandane, a Marone, e subito ci avvolge il tenue abbraccio del lago d’Iseo. Scarichiamo le biciclette e raggiungiamo la piccola stazione di Sale Marasino. Il treno per Edolo arriva puntuale e piuttosto affollato. Ad una fermata intermedia i ragazzi di un centro estivo riempiono la nostra carrozza di allegria con epici racconti dei loro tuffi di giornata. Da Edolo a Ponte di Legno una linea di autobus permette su richiesta il trasporto delle biciclette (è indispensabile contattare prima della partenza l’agenzia Maroni Turismo cui è affidata la tratta).
Nel regno della mountain bike arriviamo sul far della notte. Il centro storico del paese è ormai quasi deserto. Eppure c’è un fragore enorme, un tuono indefinito e ininterrotto. È l’Oglio. Lo senti ovunque. In alto, in basso, a destra, a sinistra. È ancora minaccioso e indomito, qui, prima di rabbonirsi a valle. Quattro audaci bikers, alle prese con un giro in notturna, sbucano a tutta velocità dal buio della montagna colmando per un attimo il vuoto della via principale.
Già alle otto di mattina invece Ponte di Legno è un fremito di turisti. Motociclisti, ciclisti, escursionisti. Ognuno seguirà la propria rotta. Ognuno nomade a modo suo. Dietro il nostro hotel una cabinovia è presa d’assalto da intrepidi del gravity con caschi integrali, para gomiti e super mountain bike biammortizzate. Li attende una giornata di pura adrenalina al bike park Passo del Tonale. Decidiamo di imbucarci alla festa, con propositi ben più pacati. Nel giro di venti minuti siamo al valico, tra la Val di Sole e l’alta Valcamonica, là dove si sfiorano il Trentino e la Lombardia.
Ci godiamo il fresco della discesa percorrendo a ritroso la statale verso Ponte di Legno. Anche qui si sente un fragore enorme e continuo. Ma non è l’Oglio. È il lungo e inesauribile corteo di automobili e motociclette. Altrove, per esempio sul passo Sella, qualcuno sta cercando di restituire il silenzio alla montagna: ogni mercoledì di luglio e agosto, per alcune ore del giorno, l’accesso al passo è chiuso al traffico motorizzato.
Le strade di Ponte di Legno
DA PONTE DI LEGNO, LUNGO LA CICLOVIA DELL’OGLIO
A Ponte di Legno inizia la ciclovia dell’Oglio che in questo tratto, sino al lago d’Iseo, prende il nome di ciclabile della Valcamonica. Qui non è certo un dramma se il cicloturista smemorato dimentica due cose che altrove sarebbero indispensabili. La prima è il navigatore: la segnaletica verticale è diffusissima, ad ogni incrocio corrisponde un cartello. Impossibile sbagliare. La seconda è la borraccia. Sorgenti e fontane di acqua fresca sono ovunque. L’infrastruttura è impeccabile, asfaltata per un buon novanta per cento.
La cornice e il dipinto mutano così rapidamente da moltiplicare gli orizzonti del viaggiatore, che avrà la sensazione di muoversi a bordo di un meraviglioso ottovolante rotabile. Ci sono passaggi in radure assolate, boschi dalle ombre intricate e campi sapientemente coltivati. Si attraversano antichi borghi che trasudano secoli di storia; si sperimentano curve, controcurve, ripide discese, divertenti guadi, cambi improvvisi di luce e direzione. Il tutto sempre  condito dagli scrosci e dai tumulti dell’Oglio, imprevedibile compagno di viaggio. Benché la pista sia tutta in prevalente discesa, alcune brevi ma brusche salite possono incidere sensibilmente sul fine giornata muscolare. In più, nei primi tratti, capita spesso di raggiungere velocità considerevoli poco adatte a bimbi piccoli e ciclo-esordienti.
Sulla ciclabile della val Camonica, dopo Ponte di Legno
GIORNO 1 - VEZZA D’OGLIO, WALL IN ART
Arrivati a Vezza d’Oglio, dieci chilometri dopo Ponte di Legno, veniamo sorpresi da un enorme orso che emerge con forza dall’intonaco della Casa del Parco dell’Adamello. Il gigantesco murale dai contorni rotondi porta la firma di Ozmo, uno dei pionieri della street art italiana, che indubbiamente ha saputo calarsi a pennello nell’atmosfera traboccante di storia e natura della “Valle dei Segni”. L’antichissima tradizione delle incisioni rupestri della Valcamonica rivive così nel progetto Wall in Art, con le opere di artisti contemporanei (oltre a Ozmo, Gaia e 2501) che si armonizzano alla perfezione con quelle dei loro colleghi preistorici.
Cambiano le tecniche, i supporti e i linguaggi, ma il fine è sempre quello di raccontare l’uomo, il suo rapporto con l’ambiente, la sua vita quotidiana, il suo universo spirituale. Il risultato è una galleria a cielo aperto che cavalca il tempo.  È un dialogo che appassiona tutta la comunità, coinvolge giovani studenti locali (selezionati con tanto di bando pubblico) e riesce ad attirare nei paesi camuni sempre più visitatori.
Il parco delle incisioni rupestri di Naquane
GIORNO 1 - DA EDOLO A BRENO, ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE E ARTE RUPESTRE
Altri dieci chilometri in sella ed eccoci di nuovo a Edolo. Da qui riprende la linea ferroviaria, una presenza rassicurante su cui il cicloturista sa, all’occorrenza, di poter contare. Seguendo le indicazioni della ciclovia percorriamo strade secondarie poco trafficate fino all’abitato di Sonico e sfiliamo davanti alle imponenti architetture di una delle tante centrali idroelettriche della valle. Da quasi un secolo dighe e centrali trasformano in energia l’incredibile potenzialità idraulica del bacino dell’Oglio, segnando profondamente i paesaggi alpini.
Alcuni di questi edifici hanno aperto le porte ai visitatori, mettendo in campo iniziative da non perdere: è il caso del MUSIL di Cedegolo (Museo dell’energia idroelettrica) che, oltre a proporre stabilmente un affascinate viaggio attraverso il “percorso dell’acqua”, fino ai primi di settembre celebra con una mostra temporanea i 200 anni della bicicletta!
Dalle monumentali architetture geometriche del MUSIL lo sguardo si sposta sul profilo sinuoso di un antico ponte in pietra, prima di perdersi nel verde della montagna. Là, da qualche parte, si nasconde il Parco Nazionale delle Incisioni Rupestri di Naquane, uno dei più importanti dell’intera valle. Per raggiungerlo bisogna affrontare una salita piuttosto impegnativa, ma il traguardo ripaga ampiamente ogni sforzo schiudendo i battenti di un luogo magico e misterioso.
Abeti, castagni, carpini e betulle vegliano su centinaia di figurine reali e simboliche (i “pitoti” in dialetto camuno), che gli antichi abitanti della valle hanno inciso per millenni su ampie superfici di arenaria levigate dall’azione dei ghiacciai. La scoperta delle rocce istoriate si deve allo studioso bresciano Gualtiero Laeng, che nel 1914 pubblica la notizia sulla primissima edizione della Guida d’Italia a cura del Touring Club Italiano.
La reazione della comunità scientifica non sarà subito delle più calorose e bisognerà aspettare più di mezzo secolo per i giusti riconoscimenti. Come spesso accade “poca favilla gran fiamma seconda”, tanto che l’Arte rupestre della Valcamonica avrà il grande privilegio di comparire, come primo sito italiano, nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO (dal 1979). Negli stessi anni la rosa camuna stilizzata diventerà il simbolo della regione Lombardia.
Il biglietto per il parco di Naquane include anche l’ingresso al museo della Preistoria di Capo di Ponte (MUPRE), distante appena un chilometro. Il percorso espositivo si snoda tra decine di menhir istoriati ascrivibili all’Età del Rame e, un passo alla volta, si addentra nel magico mondo dei santuari megalitici europei.
Nel piccolo paese di Capo di Ponte incontriamo grandi personaggi. Un attore di Hollywood che vuole restare anonimo e una barista gentile che ci spiega come nel suo locale il gioco delle carte sia questione seria, anzi serissima. Non ci sembra il caso di sottovalutare le sue dichiarazioni, a giudicare dalle urla infervorate che compongono la colonna sonora della nostra pausa caffè.
Rinvigoriti da energie più o meno ataviche, sentiamo che è giunto il momento di riprendere il nostro viaggio alla volta di Breno. Mentre attraversiamo l’ennesimo ponte in pietra che sfida i capricci dell’Oglio, restiamo incantati dalla disinvoltura con cui la bella pieve di San Siro (XI-XII sec.) si mantiene in equilibrio su uno sperone roccioso che domina la frazione di Cemmo.
Già a Breno l’Oglio è quasi del tutto disinnescato e il paesaggio comincia ad ammorbidirsi. Cala il tramonto e le montagne si fanno fulve. Mettersi a mollo nella vasca da bagno dell’hotel Giardino è la soluzione ideale per decantare i 70 Km di oggi. La gestione della struttura, che ha ottenuto importanti riconoscimenti per l’attenzione all’ambiente, è stata affidata con grande successo alla cooperativa sociale K-Pax e coinvolge anche quattro rifugiati ex beneficiari di progetti d’accoglienza.
GIORNO 2 - DA BRENO A ESINE, ARCHEO-BIKE E REMISE-EN-FORME
L’indomani la perfetta colazione cicloturistica è servita. Abbondante e ricca. Recuperiamo le biciclette, riassestiamo il nostro esile bagaglio e riprendiamo posto in sella. Il centro storico di Breno è autentico. Dalla scenografica piazza del Mercato si può scegliere di imboccare un ciottolato che in verticale sale verso il castello, o soffermarsi a contemplare la monumentale Minerva di Ozmo, che sembra essere lì da sempre, con tanto di lancia e civetta. Più antica delle case, più antica delle montagne.
Per visitare il santuario romano a lei intitolato, in località Spinera, non bisogna cambiare strada. In ossequio ai dettami della nuova tendenza cicloturistica archeo-bike, “archeologia a portata di bicicletta”, basta rimanere in sella per entrare inevitabilmente nel sito. Tra tappeti di mosaici e tracce di affreschi, vi accoglierà­­ una copia della splendida statua di Minerva Hygeia, custodita nel Museo archeologico di Cividate Camuno: un antico centro di origini romane in cui il quartiere riservato agli spettacoli ospitava sia un teatro che un anfiteatro, ancora oggi perfettamente leggibili.
Nelle vicinanze di Esine la ciclabile prosegue tra le pannocchie sulla sponda orografica destra dell’Oglio, rimanendo ben riparata dal traffico della statale. Ancora qualche chilometro e raggiungiamo la rinomata Darfo Boario Terme, che oltre a blandire il viaggiatore con la promessa di una remise en forme nello storico centro termale dalle acque miracolose, ospita un Archeopark perfetto per famiglie con bambini: un parco tematico interattivo per vivere un’intera giornata nella preistoria, tra laboratori didattici, palafitte e ripari sottoroccia.
GIORNO 2 - PISOGNE, MONTISOLA E IL LAGO D’ISEO
L’arrivo a Pisogne è celebrato da due panini imbottiti che ci vengono customizzati ad libitum nella gastronomia Le Comari. L’ammontare di umanità sul lungo lago è molto varia. C’è chi pesca, chi fa il bagno, chi si sposa. E chi in tutta fretta si dilegua per raggiungere quella che è probabilmente una delle ciclopedonali più belle d’Italia, la Toline-Vello. Arrivati a Sale Marasino (distante 60 Km da Breno) si può raggiungere con un traghetto Montisola e percorrere in serenità i dieci chilometri del suo periplo basso, o continuare a seguire le indicazioni per la lunga ciclovia dell’Oglio che, foriera di altre innumerevoli meraviglie, condurrà sino a Mantova.
A Pisogne, sul Lago d'Iseo
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