Il puro dato statistico, reso pubblico pochi giorni fa dall’Istat, sarebbe consolante: rispetto al 2014, nel 2015 il numero dei ciclisti vittima di incidenti stradali in Italia è calato dell’8,1 per cento. Un fatto positivo, considerato pure il favore sempre crescente che trova la bicicletta come strumento di mobilità urbana e di svago nella bella stagione. Ma è una buona notizia che resta isolata, in un quadro complessivo sempre buio.
SEMPRE TROPPE LE VITTIME
Prima di tutto per il dato assoluto di 251 vite cancellate in incidenti che coinvolgono biciclette, eventi che nella stragrande maggioranza dei casi potrebbero evitati: non è un sogno. A Londra, dove peraltro i dati sui ciclisti investiti nel traffico sono ancora più preoccupanti, il sindaco Sadiq Kahn ha lanciato una campagna di tutela dei pedalatori che dal 2020 prevede il divieto d’accesso in città per i mezzi pesanti che non siano attrezzati con apposite protezioni salvaciclista. E a Vienna sta partendo il progetto Vision Zero, per una revisione dell’intero sistema di mobilità cittadina con l’obiettivo di azzerare entro il 2020 il numero delle vittime tra pedoni e ciclisti negli incidenti di ambito urbano. In Italia per ora il tema è tabù.
La sintesi grafica dei dati Istat 2015.
BRUTTE NOTIZIE DAI TREND
A preoccupare, inoltre, è il quadro generale dei dati forniti da Istat. Per la prima volta da 15 anni a questa parte è infatti cresciuto (3.428, +1,4 per cento) il numero complessivo delle vittime della strada, primo segno di allarme di un trend che conferma come la “distrazione da smartphone” sia un problema di dimensioni continentali, visto che l’aumento del numero di morti (+1,6 per cento) tra 2014 e 2015 è riscontrabile anche nell’intera Unione Europea a 28 membri. Ulteriore segnale negativo, il fatto che in Italia non solo cresca l’indice di mortalità sulle autostrade – almeno in teoria più sicure – del 6,3 per cento, ma siano proprio le grandi aree metropolitane a far registrare un balzo verso l’alto dell’8,6 per cento del numero di vittime in abitato.
LE PROPOSTE DI VIENNA
I dati Istat 2015, quindi, possono essere un’occasione per riflettere su un tema fin troppo rimasto in secondo piano tra chi ama la bicicletta. Magari facendo tesoro dei cinque punti in cui si articola il progetto Vision Zero lanciato a Vienna:
1-revisione della geometria degli incroci urbani
2-sensibilizzazione degli utenti per categorie (ciclisti, tassisti, autisti di autobus ecc.)
3-revisione delle norme del Codice della Strada in favore degli “utenti deboli” (pedoni e ciclisti)
4-formazione scolastica dei più giovani (patentino volontario per i ciclisti teenager)
5-verifica e arricchimento delle dotazioni dei mezzi (luci e riflettenti sulle bici, retrocamere per i furgoni, protezioni sui camion).