Ci sono modi e modi per tornare sui propri passi. Alle volte lo si fa pentendosi, consapevoli di aver sbagliato. Altre, ed è il caso di Vento Bici Tour 2014, lo si fa perché è cosa buona e giusta tornare dopo un anno a vedere se qualcosa è cambiato, se si sono fatti passi avanti o indietro nella gestione del territorio e delle sue enormi potenzialità. Ed è cosa buona e giusta anche continuare a spargere semi positivi di ciclabilità da Torino a Venezia. Che è l'obiettivo di questo secondo Vento Bici tour. Così per il terzo giorno del suo viaggio il gruppo di Vento ripercorre le strade della Lombardia costeggiando il Po, tra Pavia a Piacenza.

Giornata che prevede 85 chilometri da percorrere sotto un sole d'agosto, in cui i sette alfieri del Politecnico pedalano (accompagnati dagli uomini in grigio del corpo Forestale) sulle strade della via Francigena, celebrando un matrimonio che sa di antico: pellegrini a piedi e cicloturisti, due facce della stessa medaglia. Come sempre il Po è una presenza costante ma discreta. Lungo il percorso colpiscono le chiesette in mattoni che giacciono dimenticate dai turisti e non solo da quelli, come sembrano dimenticate le architettura fluviali che potrebbero essere valorizzate se solo Vento diventasse realtà. Mentre è un piacere costatare che qualche ostacolo è stato rimosso, che qualche sbarra che sulle strade arginali che obbligava a faticosi stop in cui sollevare le bici letteralmente oltre l'ostacolo è stata aggirata, che qualche chilometro di sterrato particolarmente arduo e malmesso è stato sistemato. A qualcosa le segnalazioni della scorsa edizione sono servite, parrebbe.

Di certo servono le parole spese con i giovani del Consiglio comunale dei ragazzi di Somaglia, cui è stato raccontato il progetto Vento. È con loro che si deve ragionare se si vogliono davvero cambiare le cose: perché andare in bicicletta non è una moda, ma un cambiamento di prospettiva sulla mobilità che va insegnato fin da piccoli. Anche se poi a firmare i protocolli di intesa sono chiamati i grandi, e in questo caso i rappresentanti dei Comuni del lodigiano. E oggi è una giornata tutta all'insegna dei giovani, perché a Piacenza il gruppo viene accolto dagli studenti del polo di Piacenza del Politecnico andando a formare una carovana cosmopolita che pedala per la città. Dal ponte sul Po a palazzo Farnese, da piazza Cavalli a piazza Duomo, passando per la stazione e arrivando fino al Campus Arata, ospitato nell'ex macello piacentino. Un percorso per unire la città e raccontare le sue eccellenze e le possibilità di sviluppo turistico che potrebbero essere stimolate se Vento diventasse realtà e i cicloturisti iniziassero a solcare il cuore interno dell'Italia del Nord.

Ma il fatto che Vento questa volta sia stato ospitato in università ha un duplice valore, perché «il nostro progetto è un'infrastruttura ma è anche un progetto culturale» sottolinea Paolo Pileri. «Il nostro ruolo come università è produrre nuove idee, nuovi stimoli che si traducono in atti concreti e in cambiamento. L'università non deve chiudersi nelle sue stanze, deve uscire, confrontarsi e produrre nuove idee per far progredire la società» racconta Pileri agli studenti della Scuola di Architettura ospitata nel polo di Piacenza del Politecnico di Milano. «Vento per noi non è solo una bella ciclabile ma un progetto culturale concreto che può portare sviluppo, creare occupazione e promuovere quel patrimonio immenso e bistrattato che è il nostro paesaggio» prosegue Pileri. Il prossimo passo non è più raccontare, ma fare. Intanto per ora c'è ancora tanto da pedalare: metaforicamente e fisicamente. Cremona, anche quest'anno, aspetta.