“L’arte è per noi di natura misteriosa e non si definisce. Confessiamo che la bellezza sfuggirà sempre ai nostri calcoli. Ed è bene che sia così”. Così scriveva Osvaldo Licini (1894 – 1958), tra le personalità più originali quanto inafferrabili del panorama artistico italiano della prima metà del XX secolo.

Oggi, a sessant’anni esatti da quando l’artista marchigiano vinse il Gran Premio per la pittura alla XXIX Biennale di Venezia e dalla sua prematura scomparsa, la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia gli dedica un’attesissima retrospettiva, a cura di Luca Massimo Barbero, "Osvaldo Licini. Che un vento di follia totale mi sollevi", dal 22 settembre al 14 gennaio 2019.


Osvaldo Licini, Angelo ribelle su fondo rosso scuro, 1946 - Galleria d’Arte Contemporanea Osvaldo Licini, Ascoli Piceno (foto Domenico Oddi) © Osvaldo Licini, by SIAE 2018
LA MOSTRA
Undici sale espositive, oltre cento opere, ripercorrono il dirompente quanto tormentato percorso artistico di questo autore, la cui carriera fu caratterizzata da momenti di crisi e cambiamenti stilistici apparentemente repentini. La mostra intende evidenziare la sostanziale coerenza di tale percorso: quelle che all’apparenza sembrano delle cesure si rivelano infatti tappe di un’esperienza singolare che risalta all’interno della storia dell’arte del Novecento per risultati di assoluto lirismo e poeticità.
L’esposizione si apre con le tele giovanili, quei paesaggi marchigiani da cui Licini non si staccò mai, soprattutto pittoricamente, tanto da farne il soggetto della sua prima fase figurativa degli anni ’20, a cui appartengono opere come Paesaggio con l’uomo (Montefalcone) del 1926 e Paesaggio marchigiano (Il trogolo) del 1928. E sono queste stesse vedute a fare da sfondo anche alla successiva transizione dal realismo all’astrattismo dei primi anni ‘30.

Si prosegue poi con la fase non figurativa degli anni ’30, anni dell’inevitabile coinvolgimento dell’artista nelle attività della Galleria "Il Milione" a Milano. Il linguaggio astratto di Licini è atipico, attento alla geometria, una geometria intrisa di lirismo, evidente in opere come Castello in aria del 1933-36, o Obelisco del 1932. È proprio in “bilico”, titolo e soggetto di varie opere di Licini degli anni ’30, tra i due poli di astrazione e figurazione che si giocano la sua carriera e i grandi capolavori della maturità dedicati ai temi dell’Olandese volante, dell’Amalassunta e dell’Angelo ribelle, tutti soggetti presenti nella mostra veneziana.

Osvaldo Licini - Ritmo, 1933. Collezione Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce, Genova © Osvaldo Licini, by SIAE 2018
Le opere più iconiche di Licini, presentate in gruppo alla Biennale di Venezia del 1950, sono quelle dedicate al soggetto di Amalassunta, secondo le parole dell’artista ‘la luna nostra bella, garantita d’argento per l’eternità, personificata in poche parole, amica di ogni cuore un poco stanco’.
Nelle opere realizzate dal finire degli anni ’40 in poi convergono tematiche, stilemi e il mai risolto rovello della pittura, che fanno emergere Licini come un grande protagonista del modernismo italiano e internazionale, confermato dal premio conferitogli pochi mesi prima della morte alla Biennale di Venezia del 1958.

Osvaldo Licini - Amalassunta con sigaretta, 1951 - Collezione Augusto e Francesca Giovanardi, foto Alvise Aspesi © Osvaldo Licini, by SIAE 2018
INFORMAZIONI
La mostra "Osvaldo Licini - Che un vento di follia totale mi sollevi" rimarrà aperta fino al 14 gennaio 2019. 
Tutti i giorni alle 15.30 il museo offre visite guidate gratuite alla mostra previo acquisto del biglietto d’ingresso.

Collezione Peggy Guggenheim, Palazzo Venier dei Leoni, Dorsoduro 701, Venezia
Orario: apertura 10-18 tutti i giorni; chiuso il martedì e il 25 dicembre. La biglietteria chiude alle ore 17.30.
Informazioni generali: tel: 041.2405.411; www.guggenheim-venice.itBiglietto ridotto per i soci Tci.