Il Touring Club Italiano sostiene Va' Sentiero, il progetto di sette ragazzi che da maggio 2019 hanno iniziato a percorrere tutto il Sentiero Italia. Alla pagina www.touringclub.it/vasentiero tutti gli articoli dedicati al cammino, con resoconti periodici e approfondimenti sulle varie tappe. Seguite anche voi Va' Sentiero e partecipate al cammino!

Dopo la Sicilia, la Sardegna. Da un'isola all'altra. I ragazzi di Va' Sentiero proseguono il loro viaggio lungo il Sentiero Italia arrivando in terra sarda, laddove l'itinerario restaurato dal Cai si inoltra nella parte orientale dell'isola, toccando da sud a nord i tacchi dell'Ogliastra, le aspre cime del Gennargentu, i rilievi del Supramonte, i graniti della Gallura. In realtà, il Sentiero Italia nel suo complesso (così com'è stato pensato) inizia (o finisce) proprio al "caput mundi" di Santa Teresa di Gallura, ma come vi abbiamo raccontato negli articoli precedenti il team ha preferito anticipare i chilometri sulle isole e tornare poi sulla terraferma, in Campania, dove riprendere il percorso verso Reggio Calabria. 

Informazioni pratiche a parte, il racconto dei ragazzi di Va' Sentiero, come di consueto da noi intervistati lungo il percorso, è ricco di confronti e paragoni con la Sicilia: se qualcuno ancora pensasse che le nostre due isole maggiori si assomiglino in qualche modo anche solo per la loro "mediterraneità", basterebbe ascoltare i loro racconti per capire quanto l'idea sia lontana dalla verità. Perché Sardegna e Sicilia sono mondi a parte, frutto di culture lontane, di popoli e storie diversi, anche e soprattutto nel loro entroterra, ancora integro e spesso selvaggio. Francesco lo ha notato fin dal primo passo in terra sarda: "imbarcarsi a  Palermo e sbarcare a Cagliari vuol dire cambiare mondo, passare dal caos alla tranquillità, dall'impianto disordinato dei vicoli all'impianto sabaudo delle strade" racconta. I ragazzi hanno visitato il capoluogo in compagnia di Renato, ammirando le jacarande fiorite di viola, i bastioni, i vari quartieri. "E ascoltando i racconti sulla Nostra Signora di Bonaria, patrona della Sardegna: pensa, i conquistadores spagnoli diedero per devozione il suo nome alla capitale dell'Argentina, Buenos Aires".


Cagliari. Foto Sara Furlanetto

IL SARRABUS E IL GERREI, TRA DILUVI E LAUNEDDAS

"L'itinerario ufficiale del Sentiero Italia parte da Castiadas, paese dell'entroterra a nord di Villasimius. Il che è un po' strano" racconta Yuri. "È come se mancasse una tappa, non capisco bene perché non ne sia stata tracciata una che arrivi al mare, per esempio partendo da Villasimius, così come al nord dell'isola si arriva a Santa Teresa. Così ho provato a inventarmi quella tappa, partendo da Villasimius e mettendomi in marcia da solo, super leggero, portandomi dietro giusto uno zainetto leggero con un po' di acqua e un po' di cibo". 

Yuri ci spiega che sono due i momenti che ricorderà di questa tappa improvvisata. "A un certo punto sulla strada sterrata che stavo percorrendo ho trovato una sbarra, che indicava una proprietà privata e impediva il passaggio. Sulla sbarra però c'era un numero di telefono... così ho chiamato e ho chiesto se potevo passare. Chi mi ha risposto è stato molto gentile, ha voluto sapere di Va' Sentiero, è stata una bella introduzione all'ospitalità sarda". Yuri è arrivato sudante in cima al monte Minni Minni, da dove si ammira uno stupendo panorama di foreste e di mare. "Poi volevo fermarmi a mangiare un boccone e sono andato verso una casetta della Forestale poco lontano: lì ho incontrato Mario, un agente molto cordiale, che mi ha accolto e raccontato del suo lavoro. Uno strano lavoro, a dir la verità, visto che Mario fa la vedetta per prevenire gli incendi: mi ha spiegato che è una vita lenta, un po' si legge un po' si alza lo sguardo, e poi bisogna sempre distinguere tra fumo pericoloso e fumo che non lo è...".

Mentre Yuri si stava per congedare, all'orizzonte è comparso un cielo scurissimo. "Mario mi ha detto di non preoccuparmi, che il vento che soffiava verso ovest avrebbe portato via i nuvoloni... peccato che tempo di dieci minuti mi sono trovato sotto un vero e proprio diluvio, con tanto di grandine e pioggia battente! E io non avevo nulla con cui ripararmi... mi sono rifugiato sotto un leccio, poi sono arrivato grondante a Castiadas. Un vero battesimo sardo!". 

A Castiadas i ragazzi hanno ricevuto ospitalità al Villaggio Carovana, una cooperativa sociale focalizzata sui disabili, "una bella realtà gestita prevalentamente da donne" spiega Sara. "La particolarità di Castiadas è che il borgo è nato come colonia penale: fino al 1959 il villaggio era abitato soltanto da carcerati che lavoravano nei terreni circostanti, riforestando per esempio il territorio" aggiunge Francesco. "Lo si nota per il gran numero di eucalipti, anche se arbusti nativi come il corbezzolo - da cui si ricava un ottimo miele - sono comunque molto diffusi". In pochi sanno che il corbezzolo è uno dei simboli dell'Italia: con le sue foglie verdi, i suoi fiori bianchi e le sue bacche rosse richiama infatti la nostra bandiera.


Torre Porto Giunco a Villasimius insieme ad Alessandro Abis, ingegnere e guida Aigae. Foto Sara Furlanetto


Claudia è una delle socie della cooperativa che gestisce Villaggio Carovana a Castiadas. Foto Sara Furlanetto

Da Castiadas il sentiero piega verso nordovest, attraversando il parco regionale dei Sette Fratelli - Monte Genis, uno dei più estesi della regione. "Uno scenario veramente bello" ricorda Sara "con decine di cime frastagliate che mi hanno ricordato il massiccio dell'Argimusco, in Sicilia. La tappa era lunga, l'avvicinamento alle montagne emozionante: da lontano, la catena sembrava elaborata, alpina, quasi ostile e aggressiva; quando ci siamo arrivati, le rocce apparivano invece morbide, levigate da vento e acqua, un po' posizionate a caso, incastrate in posizioni assurde, a volte come se potessero scivolare via da un momento all'altro".

Il sentiero, che si inoltrava tra bosco e macchia, in realtà non lasciava molto spazio alle foto panoramiche: "le parti aperte dove godere della vista erano davvero poche e limitate" continua Sara "ci si continuava a re-immergere in un sottobosco ricco e rigoglioso". Il parco si trova nella regione storica del Sarrabus, storicamente molto poco popolata. 


Castiadas > Burcei. Il massiccio dei Sette Fratelli all'orizzonte. Foto Sara Furlanetto

"Arrivati a Burcei... è stato come cominicare un'altra giornata!" ride Sara. Ad accogliere i ragazzi una vera e propria delegazione, con il sindaco, il vicesindaco e un rappresentante del GAL locale. "Il sindaco Simone Monni è giovanissimo, ben voluto da tutti e grande appassionato della sua terra" spiega Sara. "Abbiamo fatto quattro chiacchiere con lui su alcuni massi sparsi che una volta appartenevano a un grande nuraghe, mentre il sole scendeva. Poi ci hanno portati a un pinnettu di un pastore che stava facendo un formaggio di capra (e poi con l'avanzo del siero anche la ricotta) e dove un gruppo di amici si erano ritrovati per bere insieme un bicchiere di vino: due momenti molto belli, che abbiamo goduto con calma e grande piacere". La serata era ancora lunga, però... "A un certo punto" continua Sara "sono arrivati altri due ragazzi, hanno tirato fuori launeddas (flauti di canna suonati con la tecnica della respirazione circolare) e organetto e via a improvvisare, con questa melodia sensazionale che richiama la cornamusa... improvvisazione che è continuata fino a tardi in un bar del paese, quando i presenti si sono esibiti anche in vari canti, sempre creati sul momento. Meno male che ciascuno di noi era affiancato da un locale, perché altrimenti avremmo capito poco delle parole... alla fine eravamo stremati, non ci reggevamo più in piedi, stravolti e felici per questa prima introduzione a 360 gradi nella natura e nel folclore sardo!". 

Francesco aggiunge qualche dettaglio culturale: "La cantada campidanese - ovvero la poesia cantata d'improvvisazione tipica della Sardegna meridionale - si realizza, principalmente, nelle forme del "muttettu longu" e del "versu". Il "muttettu longu" si esegue con l'accompagnamento di due voci gutturali; il "versu" si realizza con l'accompagnamento della chitarra (che peraltro è diversa da una chitarra normale: la quarta e la quinta corda sono accordate con la stessa nota). Ci hanno raccontato che vengono organizzate vere e proprie sfide di bravura! I partecipanti giocano su un tema scelto, spesso prendendo in giro l'avversario. Una tradizione che si perde nella notte dei tempi, come quella delle launeddas". E su pinnettu, nominato prima da Sara? "Quello è la tipica abitazione dei pastori sardi, costituita da una base circolare di pietre a secco e una copertura conica di rame o di frasche". 


Gianni, pastore di Burcei. Foto Sara Furlanetto


Musicisti di Burcei. Foto Sara Furlanetto

"Dopo quella serata memorabile puoi immaginarti come ci siamo svegliati, la mattina dopo..." racconta Martina "eravamo davvero stanchissimi, in più sole e caldo... ci siamo messi a camminare verso nord con poca voglia, mentre i Sette Fratelli ci salutavano all'orizzonte. A svegliarci ci ha pensato il primo vero diluvio universale di Va' Sentiero 2021, davvero un diluvio con la D maiuscola! Vento pazzesco, pioggia fortissima che si è poi trasformata in grandine, tuoni da far rabbrividire... ci hanno detto che in Sardegna il temporale viene chiamato strossa de àcua, una vera e propria disgrazia di acqua!".  Non chiediamo a Martina come era il paesaggio circostante... la foto qui sotto parla molto più di molte parole. "In certi tratti il sentiero sembrava un fiume... ricordo che dovevo tenermi il cappuccio di lato perché sennò la grandine ci arrivava in faccia!".

Dopo la tempesta, c'è sempre la quiete; e i ragazzi l'hanno trovata nell'agriturismo Su Niu De S'Achili, meta della terza tappa sarda, gestito dall'omonima cooperativa. "Un luogo bellissimo, questo "nido dell'aquila", dove siamo stati accolti a braccia aperte da Tommaso e Luigi, entrambi di Armungia. C'era il fuoco acceso, il pastore Andrea che alimentava le fiamme con la legna... e pensa, non c'era campo telefonico, eravamo isolati e distanti anni luce da qualsiasi altra cosa: quale modo migliore per goderci il tepore del camino, assaggiando affettati e formaggi tipici, mentre i nostri calzini si asciugavano a poco a poco? È stato un momento bellissimo, direi quasi una scena magica, mentre fuori dalle finestre l'umidità del bosco evaporava e i raggi del sole tornavano a infiltrarsi tra i rami". 


Tappa Burcei-Su Niu De S'Achili. Foto Andrea Buonopane


Su Niu de S'Achili, luogo tappa gestito dall'omonima cooperativa. Foto Sara Furlanetto​

Una rondine non fa primavera, si sa, e quel raggio serale non era ancora foriero di tempo bello e stabile. "Anche il giorno seguente ci siamo trovati sotto un bel diluvio" racconta Sara "siamo arrivati ad Armungia fradici!". Di notevole, in una tappa senza grandi panorami, Sara ricorda due momenti. "Le chiacchierate con Stefania Contini, che è una guida ambientale e gestisce un b&b ai piedi dei Sette Fratelli: ci siamo trovati molto bene con lei, super accogliente, genuina, ospitale. E poi la vista delle miniere di antimonio a Villasalto, che raccontano il lungo sfruttamento del luogo: ci hanno raccontato che era in progetto l'istituzione di un parco minerario a fini didattici e turistici, ma che la sua genesi e la sua gestione sono state macchiate da vari episodi di corruzione che purtroppo hanno fatto tramontare il progetto". 


Tappa Su Niu s'Achili > Armungia. Foto Sara Furlanetto


Tappa Su Niu s'Achili > Armungia. Le miniere di antimonio vicino a Villasalto. Foto Sara Furlanetto

SORPRESE E PROFUMI AD ARMUNGIA ED ESCALAPLANO
Ad Armungia si è passati dal Sarrabus al Gerrei, una delle tante regioni in cui storicamente veniva divisa l'isola, confini impercettibili ai forestieri ma - immaginiamo - evidenti ai locali, visti i cambi di dialetti, di tradizioni, di costumi. "In Gerrei bisognerebbe entrare in punta di piedi, per non turbarne il silenzio, e possibilmente dal retro, come ladri di emozioni" scrive Sebastiano Dessanay nella nuova Guida Verde Touring Sardegna. Così hanno fatto anche i ragazzi, che ad Armungia hanno vissuto momenti memorabili. Innanzitutto si sono ritrovati a visitare il primo grande nuraghe del loro percorso. "Proprio al centro del paese, incredibile!" racconta Francesco "Molto ben conservato, davvero bellissimo. Pensa, l'apertura superiore è di circa due metri. Secondo l'archeologo Giovanni Lilliu risale all'età del bronzo medio, 1500 - 1400 a.C. circa". Nella zona i nuraghi sono particolamente numerosi. "Qui vicino passa il Flumendosa, il fiume più importante della Sardegna: logico che fin dall'antichità l'area fosse abitata in modo stabile". 


Nuraghe di Armungia. Foto Andrea Buonopane


Nuraghe di Armungia. Foto Andrea Buonopane

Il nuraghe di fArmungia è soltanto una delle varie "sezioni" di cui si compone il sistema museale di Armungia, davvero ricco di storie. "Ne fanno parte anche il museo etnografico Sa Domu de is Ainas, la "Bottega del fabbro", il Museo Storico “Emilio e Joyce Lussu” e la casa natale di Emilio Lussu" spiega Francesco. "E proprio il nipote di Lussu, Tommaso, archeologo, ci ha fatto da guida nel giorno successivo: davvero un'esperienza interessante e coinvolgente".

Qualche parola su Emilio Lussu, una figura chiave della vicenda democratica e antifascista del nostro Paese che ha colpito molto i ragazzi, a giudicare dai lunghi racconti che ne hanno fatto. Lo scrittore e politico nacque ad Armungia nel 1890, luogo che lui stesso presentò nei suoi scritti come indispensabile per la formazione dei suoi valori più profondi e della sua identità sarda. "Partecipò alla prima guerra mondiale con la Brigata Sassari, esperienza che lo segnò profondamente e raccontò nel suo celebre romanzo Un anno sull'altopiano" continua Francesco "poi fondò il Partito Sardo d'Azione e negli anni divenne sentitamente antifascista. Nel 1927 venne condannato a cinque anni di confino a Lipari, ma riuscì a evadere e a portare avanti la sua lotta insieme alla moglie Joyce Salvadori. Nel dopoguerra fu uno dei padri fondatori della Costituzione, poi senatore e ministro, fino a ritirarsi e a spegnersi a Roma nel 1975". Ad Armungia si visitano appunto la casa natale (trasformato in centro per la tessitura) e il museo ("ricchissimo, ben fatto, interattivo: la guida Alberto è stata bravissima a spiegarci questa storia da romanzo e figura iconica per la Sardegna"). 


Tommaso Lussu con la figlia. Foto Andrea Buonopane

La giornata di pausa è servita anche per approfondire la conoscenza di prodotti e tradizioni del Sarrabus-Gerrei grazie ai ragazzi del Gal Sarrabus-Gerrei. "Innanzitutto l'Axridda di Escalaplano, un particolare tipo di pecorino lavato con olio di lentisco e poi fatto stagionare nell'argilla" spiega Francesco. "A insegnarci le sue particolarità è stato Rino, che fa il pastore in un luogo davvero bello, detto Sa Trona, caratterizzato da un roccione sospeso che avremmo rivisto l'indomani".  Dal formaggio ai ravioli il passo è breve: "ci hanno spiegato come si realizzano i culurgiones, la tipica pasta ripiena sarda: difficile fare la tipica chiusura a spiga di grano, ci abbiamo provato con risultati vari" ride Francesco. "Dentro ai culurgiones, uno squisito ripieno di patate, pecorino, menta e aglio". E poi la storia dell'olio di lentisco, un tempo utilizzato dai poveri perché quello d'oliva costava troppo, oggi prodotto di nicchia venduto anche a 200 euro al litro. "Il lentisco è una pianta della macchia mediterranea, il suo olio oltre a essere utilizzato per insaporire la carne è utile anche per lenire ferite e calli". 

E poi, dulcis in fundo, gli amici di Escalaplano (località vicina ad Armungia, sempre nel Gerrei) hanno messo in scena per Va' Sentiero una dimostrazione del loro rituale più famoso: quello che ogni Carnevale mette in scena antiche e inquietanti maschere la cui origine, di nuovo, si perde nella notte dei tempi. "Su Boi indossa sul capo una testa di bue con grandi corna, il viso annerito con la fuliggine del sughero, lotta con S’Omadori, una sorta di guaritore che alla fine lo costringe a rotolarsi per terra, una sorta di esorcizzazione dello spavento. E poi c'è Su Fui Janna Morti, che invece esce la sera del 31 luglio per augurare buoni raccolti: l'associazione di ragazzi che ci ha accolto prende proprio il nome da questa figura. È stata davvero un'esperienza travolgente". 

Rino, il pastore che fa formaggio con l'axridda. Foto Diego Marmi ​


Preparazione dei culurgiones. Foto Diego Marmi


Preparazione dell'olio di lentisco. Foto Diego Marmi​


Maschere tradizionali a Perdasdefogu. Foto Diego Marmi​

VERSO L'OGLIASTRA, TERRA DI TACCHI E DI CANYON

Tempo di rimettersi in cammino. Le due tappe successive hanno portato i ragazzi dal Sarrabus-Gerrei in Ogliastra, passando dalla provincia del Sud Sardegna a quella di Nuoro. "Alla partenza ad Armungia abbiamo trovato ancora Gerardo e Tommaso, che ci hanno dedicato una bella canzone sarda per salutarci" racconta Giacomo. "Poi a camminare invece ci hanno fatto compagnia Mafalda e sua cugina. Insieme a loro abbiamo guadato il Flumendosa e siamo saliti verso Sa Mola, un punto molto particolare che abbiamo scoperto grazie al nostro cicerone Alberto: si tratta di una roccia dalla buffa conformazione, sembra quasi un altare, è detta così perché assomiglia a una mola per la macinazione del grano". Niente di notevole alla fine della tappa: la località Cuili is Arrantas, come spesso avviene lungo il Sentiero Italia in Sardegna, è un punto sulla carta dove non c'è nulla, neanche una struttura. 
 

Tappa Armungia-Cuili Is Arrantas, Sa Trona. Foto Andrea Buonopane


Incontro lungo la tappa Armungia-Cuile Is Arrantas. Foto Andrea Buonopane

"Ad accompagnarci invece fino a Perdasdegofu è stato Renato" continua Giacomo "un elettricista che lavora al Poligono sperimentale di addestramento interforze di Salto di Quirra, vicino al paese e tra i più grandi d'Europa. Abbiamo così scoperto la storia e il dibattito legato a questo sito militare, nato nel 1956 e poi oggetto di numerosissime vicende legate all'ipotetico nesso tra la sua presenza e l'insorgere di malattie, legate alla supposta presenza di sostanze radioattive o comunque altamente tossiche. Un tema difficile e controverso".

Ad alleggerire gli animi ci ha pensato Yuri, che con abile movimento è rovinosamente caduto in una pozza di fango lungo il sentiero. E poi l'accoglienza a Perdasdegofu, dove Giacomo ha finalmente potuto conoscere lo speleologo Ivan. "Erano mesi che ci sentivamo per telefono per organizzare queste tappe" spiega "sai quando ti fai un'idea di una persona che poi non corrisponde minimamente alla realtà? Che ridere...". Ivan - come Renato - fa parte dell'associazione Antiche Vie, il cui obiettivo è quello di valorizzare e promuovere la zona di Lanusei. "Ci hanno portato a visitare il Museo Naturalistico del Gruppo Grotte Ogliastra, piccolo ma molto interessante, con conchiglie bellissime. E poi a Sa Brecca de Is Tapparas, una gola lunga quasi 300 metri, attraversata da un sentiero molto stretto. Figurati, le pareti sono alte fino a 40 metri: un luogo davvero spettacolare!". A conclusione, rinfresco offerto dalla pro loco ("le signore ci hanno accolto come dei figli che tornano dal nord dopo mesi") e pizza offerta da Ivan ("mi ha detto che era il suo compleanno ma era tutta una scusa per essere ospitale!").


Brecca De Is Tapparas - Perdasdefogu. Foto Andrea Buonopane


Umorismo sardo. Foto Giacomo Riccobono


Sa Brecca de is Tapparas. Foto Giacomo Riccobono​

Ed eccola, la tappa campale, a detta di Yuri addirittura "una delle più difficili di tutto il Sentiero Italia". Sono ben 37 i chilometri che separano Perdasdefogu da Sant'Antonio di Jerzu, ma oltre la lunghezza a spezzare le gambe sono un sentiero spesso inesistente e una natura selvaggia che non permette quasi il transito. "Eravamo stati avvertiti" racconta Yuri "ma non ci aspettavamo tutta questa fatica... In ogni caso, al mattino un gruppo si è incamminato con Ivan lungo una variante più facile, mentre io e Andrea abbiamo provato a fare la tappa ufficiale, desiderosi di affrontarla e di mapparla. Come dire: è stata una vera e propria impresa!".

Yuri ci racconta la tappa chilometro dopo chilometro ed è un susseguirsi di parole emblematiche: "recinzioni", "filo spinato", "capre curiose", "sentiero invaso da rovi e arbusti", "soltanto le tracce dei cinghiali a indicare il percorso", "sole a picco tra gli sterpi", "ultimi dieci chilometri senz'acqua", "maledizioni lanciate al cielo", "selva fittissima", "dodici zecche sulle gambe", "nervi a dura prova", "continuavamo a perderci". Ma tra un'imprecazione e un sentiero invisibile, un fuggi fuggi di cinghiali e una capra che osserva quasi divertita, Yuri racconta anche di un ambiente fantastico, di vera wilderness, di incredibili bastionate calcaree rossastre, di rocce che si ergono in mezzo al verde: è il fascino dell'Ogliastra, terra selvaggia e scenografica in cui dominano i tacchi, monti calcareo-dolomitici il cui nome deriva dalla tipica conformazione simile ad un tacco di scarpa. "È stato devastante e bellissimo nello stesso tempo... durante la giornata abbiamo incontrato solo alcuni operai forestali, che ci hanno fatto un in bocca al lupo per il proseguio, e un pastore che ci ha regalato