Una nuova scoperta è stata annunciata lo scorso sabato 6 novembre dal Parco Archeologico di Pompei. Dagli scavi della villa di Civita Giuliana è emerso un nuovo ambiente in eccezionale stato di conservazione: la stanza degli schiavi. Lo scavo offre uno sguardo straordinario su una parte del mondo antico che normalmente rimane all’oscuro, dalla quale affiora uno spaccato rarissimo della realtà quotidiana di persone comuni.
Grazie all’affinamento della tecnica dei calchi inventata da Giuseppe Fiorelli nell’Ottocento, sono stati portati alla luce letti e altri oggetti in materiali deperibili, che permettono di acquisire nuovi interessanti dati sulle condizioni abitative e di vita degli schiavi a Pompei e nel mondo romano.
La scoperta della "stanza degli schiavi" a Pompei, negli scavi della villa di Civita Giuliana / tutti i diritti riservati
La nuova scoperta è avvenuta negli scavi della villa suburbana a nord di Pompei indagata dal 2017, non lontano dal portico della villa dove, nel gennaio 2021, fu scoperto un carro cerimoniale attualmente in restauro. A pochi passi da lì emerge ora uno dei modesti alloggi degli addetti che si occupavano del lavoro quotidiano, inclusa la manutenzione e la preparazione del carro.
 “Pompei è la prova che quando l’Italia crede in se stessa e lavora come una squadra raggiunge traguardi straordinari ammirati in tutto il mondo - ha affermato il ministro della Cultura, Dario Franceschini -. Questa nuova incredibile scoperta a Pompei dimostra che oggi il sito archeologico è diventato non soltanto una meta tra le più ambite al mondo, ma anche un luogo dove si fa ricerca e si sperimentano nuove tecnologie”.
La scoperta della "stanza degli schiavi" a Pompei, negli scavi della villa di Civita Giuliana / tutti i diritti riservati
 
I PARTICOLARI DELLA STANZA DEGLI SCHIAVI, I LETTI E IL RIPOSTIGLIO
Nell’ambiente, dove sono state trovate tre brandine in legno è stata rinvenuta una cassa lignea con oggetti in metallo e in tessuto che sembrano far parte dei finimenti dei cavalli. Inoltre, appoggiato su uno dei letti, è stato trovato un timone di un carro, di cui è stato effettuato un calco.
I letti sono composti da poche assi lignee che potevano essere assemblate a seconda dell’altezza di chi li usava. Mentre due hanno una lunghezza pari a 1,70 m circa, un letto misura appena 1,40 m per cui potrebbe essere di un ragazzo o di un bambino. La rete dei letti è formata da corde, le cui impronte sono parzialmente leggibili nella cinerite, e al di sopra delle quali furono messe coperte in tessuto, anch’esse conservate come cavità nel terreno e restituite attraverso il metodo dei calchi.
Al di sotto delle brandine si trovavano pochi oggetti personali, tra cui anfore poggiate per conservare oggetti, brocche in ceramica e il “vaso da notte.” L’ambiente era illuminato da una piccola finestra in alto e non presentava decorazioni alle pareti e poteva essere adibito a dormitorio per un gruppo di schiavi, forse una piccola famiglia, come lascerebbe intuire la brandina a misura di bambino. Non solo, l’ambiente per quanto ridotto nelle dimensioni serviva come ripostiglio, come dimostrano otto anfore stipate negli angoli.
La scoperta della "stanza degli schiavi" a Pompei, negli scavi della villa di Civita Giuliana / tutti i diritti riservati
“UNA DELLE SCOPERTE PIÙ EMOZIONANTI DELLA MIA VITA”
“Si tratta di una finestra nella realtà precaria di persone che appaiono raramente nelle fonti storiche, scritte quasi esclusivamente da uomini appartenenti all’élite, e che per questo rischiano di rimanere invisibili nei grandi racconti storici”, dichiara Gabriel Zuchtriegel, direttore dallo scorso febbraio del Parco Archeologico di Pompei. “È un caso in cui l’archeologia ci aiuta a scoprire una parte del mondo antico che conosciamo poco, ma che è estremamente importante. Quello che colpisce è l’angustia e la precarietà di cui parla questo ambiente, una via di mezzo tra dormitorio e ripostiglio di appena 16 mq, che possiamo ora ricostruire grazie alle condizioni eccezionali di conservazione create dall’eruzione del 79 d.C.
È sicuramente una delle scoperte più emozionanti nella mia vita da archeologo, anche senza la presenza di grandi ‘tesori’: il tesoro vero è l’esperienza umana, in questo caso dei più deboli della società antica, di cui questo ambiente fornisce una testimonianza unica”.

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