Alle volte un treno non è solo un treno. Non unisce due città e basta. Alle volte diventa anche un simbolo di buona volontà. Un segnale che i tempi sono cambiati e si può in qualche modo riniziare a tessere quel che per anni era stato lacerato. Ieri, dopo 18 anni, ha ripreso a funzionare la linea tra Belgrado e Sarajevo. Alle 8.15 l’espresso 451 si è rimesso in moto da stazione di Belgrado per percorre i 500 chilometri che la separano dalla capitale bosniaca. Un evento carico di significati: durante la guerra degli anni Novanta la ferrovia era stata tra le prime a saltare.

Il convoglio che legava le due città si chiamava Olympic Express. Negli anni Ottanta era la linea più moderna dell’intera Jugoslavia: tappeti rossi, hostess, vagone ristorante per il tragitto di sei ore tra le due capitali. A bordo quadri del partito e uomini d’affare, ma anche sportivi che andavano a Sarajevo a sciare sul monte Bjelasnica, la pista delle Olimpiadi minata dai serbi durante l’assedio della città. Poi, per 18 anni niente. Quando non era impossibile farlo il tragitto tra le due capitali toccava farlo in bus o in macchina, altro niente.

Ora qualcosa finalmente è cambiato. Stando a quanto raccontano le cronache dell’Associated press non erano in tanti domenica sul primo convoglio per Sarajevo: diciassette persone in tre vagoni. Diciassette persone che si sono sobbarcate le nove ore e mezza che adesso ci vogliono per andare da capolinea a capolinea. Pur riammodernata la linea è lo stesso più lenta; oggi ci sono anche tre frontiere da attraversare con il solito lento rosario dei controlli, prima tra Serbia e Croazia, poi tra Croazia e Bosnia. Anche le carrozze pare siano peggiorate: sono le stesse di 20 anni fa. Solo che adesso una ha i colori delle ferrovie serbe, una delle ferrovie della federazione croato-musulmande di Bosnia e una delle ferrovie delle Repubblica Sprska, l’entità serbe della Bosnia. Insomma, il treno della riappacificazione è partito, quando arriverà davvero a destinazione è presto per dirlo.