“I’m very happy to meet you and to feel you close to us”, Emir Kusturica. "Sono molto felice di averti incontrato e di sentire che ci sei vicino". Questo ha scritto sul mio blocco d’appunti dopo una breve intervista il regista, attore, musicista, sceneggiatore nato a Sarajevo (1954), in Bosnia, che oggi vive in Serbia e che cerca, attraverso i molteplici linguaggi della sua arte, di smussare i puntuti angoli (di carattere intellettuale, religioso e politico), che tutt’ora segnano i confini tra le varie nazioni che fecero parte della Jugoslavia di Tito (Macedonia, Slovenia, Croazia, Serbia, Bosnia Erzegovina, Montenegro).

Quando l’ho incontrato era seduto con altri architetti e ingegneri nel bar che lui stesso ha finanziato e fatto realizzare sulle sponde della Drina, ad Andricgrad, in Bosnia. Andricgrad è il villaggio che Kusturica ha interamente voluto costruire e che sta ultimando nei pressi di Visegrad, al confine con la Serbia; è dedicato a Ivo Andric, premio Nobel nel 1961 e autore de “Il ponte sulla Drina”, il romanzo che narra la storia del ponte costruito, tra lotte, leggende e omicidi, nel XVI secolo e che da sempre fu il segno di una difficile e tortuosa unificazione serbo-bosniaca. Kusturica ha realizzato già un cinema, una bella chiesa, un ristorante, varie abitazioni, un negozio, e, ancora da ultimare, c’è anche un grand hotel dove si prevede verranno in visita le star del cinema. Il messaggio del regista è un chiaro invito ai serbo-bosniaci a superare le lotte intestine per una maggiore apertura al mondo esterno, e Andicgrad è soltanto l’ultimo elemento, per ora, di un progetto più ampio di pacificazione che da anni il regista persegue.

Del resto “La vita è un miracolo”, come titola il film che Kusturica realizzò nel 2004 e presentò al 57° Festival di Cannes, una commedia che tratta il tema dell’amore come forza, energia capace di superare le barriere razziali: la trama racconta il desiderio dell’ingegnere serbo Luka di realizzare una ferrovia turistica interstatale Serbia-Bosnia, in particolare che collega la cittadina bosniaca di Visegrad con l’antica stazione serba di Mokra Gora. Il sogno viene però infranto dallo scoppio della guerra del 1992-95. Attorno alla distruzione dei progetti di riappacificazione serbo-boniaci di Luka, si spegne anche la sua relazione sentimentale con la moglie, e il figlio Milos, chiamato alle armi, verrà fatto prigioniero. Solo l’amore clandestino che sboccerà tra Luka e Sabaha, la giovane prigioniera musulmana che viene affidata a Luka come “merce di scambio” per riavere Milos, riuscirà a restituire al protagonista l’attaccamento alla vita.

Se il film ha, quindi, come primo significato quello di cercare il valore profondo dei sentimenti, aldilà di ideali politici o appartenenze di razza, il progetto di Kusturica è di rendere queste idee reali, tangibili, concrete e non solo espresse in un film: ecco perché la stazione di Mokra Gora, in Serbia, in cui Kusturica girò il film esiste ancora come centro turistico e culturale, si chiama Kustendorf (“la città di Kusturica”) e presenta, come Andricgrad, un piccolo albergo, un ristorante, la stazione e varie case in costruzione. Da Mokra Gora è anche possibile salire su un treno elettrico e percorrere un tratto di ferrovia in mezzo al verde delle montagne tra Serbia e Bosnia, com’era nei sogni di Luka.

All’astio tra serbi e bosniaci, Kusturica risponde con la sua arte e con dei progetti, turistici e socio culturali allo stesso tempo, di divertimento e di profondità intellettuale insieme. Tra cinema, chiese, hotel, ristoranti e percorsi in treno il regista propone una risposta alternativa alle lotte interne dell’ex Jugoslavia, cercando di superare odi di religione e di razza in nome di una più fertile e benefica pace. “I’m happy to feel you close to us”, ha scritto. E in questo “us”, “noi”, c’è il progetto multiforme di Kusturica, che unisce varie voci, vari linguaggi artistici, varie persone: c’è il riconoscimento e la stima che l’artista nutre per Andric, a cui ha dedicato il villaggio vicino a Visegrad, c’è lo spettacolo lirico “Il ponte sulla Drina” che nel 2015 Kusturica realizzerà come regista per il Teatro La Fenice di Venezia, e c’è il festival internazionale di cinema e musica che da sei anni a questa parte si tiene a Kustendorf, ovvero dove si trova la “sua” stazione di Mokra Gora. Ma ci sono anche tutte le persone che lavorano con lui e quelle che credono in questo progetto, ovvero quello di cercare di avvicinare, lentamente, tante diverse etnie e religioni che si trovano a vivere contemporaneamente, insieme e così vicine, questo “miracolo che è la vita”.