In Italia abbiamo la responsabilità di tutelare un patrimonio unico. Quante volte il Touring Club Italiano sta ripetendo questo imperativo, in tutte le sedi, pubbliche e private e sulle pagine del nostro sito e delle nostre pubblicazioni. Ma questa volta il tesoro non riguarda la cultura e l’arte, ma la biodiversità. Sembra proprio che la varietà delle specie che vivono ed interagiscono sul nostro territorio sia al primo posto in Europa, ma che sia un capitale poco valorizzato, anzi spesso dimenticato.  
Ad accendere i riflettori sulla biodiversità italiana è il recente“State of nature in the EU – Results from reporting under the nature directives 2013-2018” realizzato dall'European Environment Agency (Eea), che il Wwf ha analizzato e divulgato nel dossier “La biodiversità in Italia: status e minacce”. Più che un quadro della situazione sulla nostra Penisola, dalle ricerche europee e dal report di Wwf si vede un puzzle di cui abbiamo pezzi sparpagliati e difficili da ricondurre a un sistema organico e in equilibrio. La nostra eccezionale biodiversità è in allarmante stato di salute.
UN PUZZLE DA RICOMPORRE
È il Wwf a ricordare infatti che i dati del rapporto Eea preoccupano: «Oltre la metà delle specie protette dalle Direttive Natura sono in cattivo stato di conservazione, che sale all’89% per gli habitat tutelati. Tra le minacce principali, al primo posto compare l’agricoltura, che mette a rischio ben il 68% degli habitat tutelati, seguita dallo sviluppo di infrastrutture e da specie aliene (che impattano oltre la metà degli habitat tutelati), a cui iniziano a sommarsi anche gli effetti sempre più sensibili dei cambiamenti climatici. Il risultato è una natura spezzettata, che non riesce a rendere, nel suo insieme, quel servizio ecosistemico che solo la connessione tra gli elementi può garantire».
Lo “State of nature in the Eu” ha il compito di considerare lo stato di attuazione delle Direttive Ue Habitat e Uccelli, basati sui dati raccolti da Ispra e dalle Regioni italiane e rielaborati da Wwf insieme a quelli delle Liste Rosse italiane e della Società Italiana di Biologia Marina. “Il 52% delle 570 specie di fauna italiana protette – si legge nel rapporto - mostra uno stato di conservazione inadeguato o sfavorevole, che raggiunge il 55% per gli invertebrati di interesse comunitario, il 64% per gli anfibi e addirittura l’80% per i pesci, molti dei quali presentano anche trend di popolazione in diminuzione”.
Per avere un’idea ancora più chiaro della necessità di invertire la rotta il Wwf prende ad esempio alcune specie particolarmente in difficolta nella Penisola: “La lince è praticamente scomparsa dal nostro paese, con meno di 10 individui prevalentemente transfrontalieri, e il cervo italico si è pressoché estinto in natura e sopravvissuto solo nel gran bosco della Mesola”.
LE SPECIE IN LENTA RIPRESA
Segnali di speranza arrivano dalla salute di altre specie a rischio: “La rarissima aquila di Bonelli, minacciata dal prelievo illegale, che anche grazie al rafforzamento della sorveglianza dei nidi appare in ripresa; la lontra sta riprendendo spazi; così come la tartaruga marina Caretta caretta».
Marco Galaverni, direttore scientifico del Wwf Italia, afferma come “in questi 10 anni non si è fatto abbastanza, ma investimenti seri in conservazione e ripristino degli ecosistemi degradati possono invertire questi trend e restituirci un valore di gran lunga superiore”. Galvani chiama in causa proprio l’Europa sottolineando la necessità di “un sostegno possibile da quote adeguate del recovery fund”.
UN CAMBIO DI MARCIA DALLA UE
E un segnale di ottimismo e rilancio della cosiddetta “Strategia Europea per la Biodiversità” arriva dall’Europa. Il Consiglio Ue ha infatti approvato gli obiettivi della strategia Ue sulla biodiversità per il 2030 e i suoi traguardi in materia di protezione e ripristino della natura, che puntano a una ripresa della biodiversità in tutto iu continente.

Nel comunicato del Consiglio c’è anche un cenno alla pandemia quando sottolinea che «La tutela, il mantenimento e il ripristino della biodiversità e di ecosistemi sani e ben funzionanti contribuiranno a rafforzare la nostra resilienza e a impedire l’insorgenza e la diffusione di nuove malattie». Speranze che mai come prima tutti stiamo coltivando e che dobbiamo sostenere con comportamenti responsabili.