La differenza tra una semplice notizia e un reportage ben riuscito sta nello sguardo. Va da sè che il buon giornalista deve “essere intelligente, onesto nelle intenzioni e negli effetti”, come dice l’inglese David Randall. Ma non basta. Deve anche saper raccontare. E per farlo occorre saper guardare con intensità e in profondità. Ma è proprio nell’intensità dello sguardo che stanno i problemi. Ed è qui che risiede la differenza tra un articolo, un servizio, un reportage che resta e uno che passa, come passano tutte le notizie. Alle storie che restano è dedicata la seconda edizione del festival del reportage di Atri.

“Lo sguardo è diventato un’occhiata sbrigativa”, spiega Toni Capuozzo, direttore del festival che ogni mese tiene una rubrica su QuiTouring. “Il giornalismo degli ultimi periodi spesso rimastica le stesse storie. Il reportage rappresenta invece la possibilità di mantenere vive le differenze: un corto circuito che riaccompagna all’origine delle cose. Che succeda con le immagini o con le parole, con i rumori o con il silenzio, non importa: quel che conta è la profondità e l’intimità di uno sguardo e la sua soggettività, che ne fa un prodotto irripetibile”. Di questi sguardi e di chi li sa raccogliere si è parlato nella prima parte del festival abruzzese, che si è svolta dal 17 al 21. Quattro giorni dedicati al reportage giornalistico in tutte le sue forme: dalla fotografia alla carta stampata, dal servizio televisivo al libro. Quattro giorni aperti da una tavola rotonda cui ha partecipato anche il direttore di QuiTouring, Marco Berchi. Passati i quattro giorni di festa, dibattiti e incontri, rimangono da vedere tante ottime mostre, che fino alla fine di agosto permettono di appronfondire e fissare le parole dette e quelle ascoltate.

Tra queste: Haiti 2010 curata da Annalisa D’Angelo, che racconta, attraverso gli scatti dei fotografi dell’agenzia Magnum (Paolo Pellegrin, Larry Towell, Bruce Gilden e Peter van Agtmael) il terremoto che lo scorso 12 gennaio ha sconquassato la Repubblica di Haiti. Oppure After A, appunti fotografici sul Sud Africa, curata da Federica Angelucci: collettiva di giovani fotografi sudafricani che raccontano il loro Paese oggi, dieci anni dopo l’apartheid. E Picture Post, curata da Dewi Lewis e realizzata in collaborazione con Getty Images, omaggio alla storica rivista inglese (1938-1957). C’è poi Gesti dell’Anima, una mostra dedicata alla musica in cui Marco Anelli cattura la fisicità dell’esecuzione di solisti e direttori d’orchestra durante le loro performance all’Accademia di Santa Cecilia. E ancora, Palazzo di Marina Cavazza che realizza un viaggio intimo e autobiografico all’interno di Palazzo Borghese. Più attente a quel che succede nel resto del mondo, Krusha-e-Madhe (1999-2009), un villaggio dopo la guerra di Ivo Saglietti che racconta i cambiamenti e le trasformazioni avvenute nei dieci anni che hanno seguito la guerra in Kosovo; e All’Est dell’Est di Klavdij Sluban, un viaggio attraverso un est silenzioso e schivo, ben lontano dai clamori politici e dagli sviluppi industriali che descrivono oggi l’Oriente. Da non perdere anche i disegni di Luigi Barzini, storico inviato del Corriere della Sera di primo Novecento, raccolte nella mostra Luigi Barzini. Impressioni di viaggio 1900-1902, che racchiude circa 170 disegni di personaggi, figure tipiche, paesaggi, monumenti incontrati in tutto il mondo da uno dei primi inviati del giornalismo italiano. Insomma, tante immagini e tanti sguardi cui va aggiunto uno sguardo (non rapido) su Atri e sul suo centro storico, stupendo fondale di queste mostre.

Info: Qui tutte le mostre sono aperte fino al 29 agosto.

Orari: dal lunedì al giovedì su prenotazione, contattando 340.4613027; 085.87721; 800.630955. Dal venerdì alla domenica su prenotazione la mattina, e dalle 16 alle 20.