Roma. Città confusa e che stordisce con la sua bellezza, senza riuscire a costruire in modo elastico sull’antico un nuovo futuro. Ma nonostante le infinite complicazioni (gli spostamenti, per esempio!), quanto al panorama culturale offre un percorso di mostre che soddisfa quasi sempre e che mischia antico e contemporaneo, classico e nuovo, musica e fotografia. Ne abbiamo visitate tre in un giorno solo. Impresa faticosa ma senz'altro possibile.
Si parte dalla interessante panoramica su Marcel Duchamp, “Re-made in Italy”, dall’8 ottobre al 9 febbraio alla Gnam-Galleria Nazionale d’Arte Moderna (www.gnam.beniculturali.it): la mostra, a cura di Stefano Cecchetto, Giovanna Coltelli e Marcella Cossu, ripercorre una parte insolita della carriera dell’artista francese (1887-1968), ovvero da quando “si aprì” all’Italia: a differenza di molti altri artisti, infatti, che frequentavano spesso il Bel Paese, Duchamp vi arrivò solo in tarda età, avendo evitato l’Italia quasi per partito preso. “Dobbiamo imparare a dimenticare il passato e vivere la nostra epoca” disse “in perfetto accordo con il manifesto dei Futuristi italiani, che pochi hanno davvero capito”. Fu vicino alla corrente d’Avanguardia del Futurismo, che per prima disprezzava la storia e il patrimonio passato dell’Italia, e non vi venne in visita, tranne che per sporadici e brevi incontri, fino alla fine degli anni Sessanta: “Ho visto finalmente gli Uffizi” dirà nel 1967. In mostra a Roma oggetti ready made (come la “Rue de bicyclette”, o il “Porte-boutteilles”, il “Porte-Chapeau”, tutti del 1964), fino a manufatti realizzati dal maestro francese, come la bella “Scacchiera tascabile” (Duchamp era un campione di scacchi), o fotografie che ritraggono altri amici e artisti come Man Ray. Completano la mostra opere di Enrico Baj, o Gianfranco Baruchello o Luca Maria Patella e altri che s’ispirarono e/o citarono Duchamp.

Un salto indietro dal 1900 al 14 d.C per la mostra “Augusto” che dal 18 ottobre è aperta alle Scuderie del Quirinale fino al 9 febbraio (www.scuderiequirinale.it, via XXIV Maggio 16): a cura di Eugenio La Rocca, Claudio Parisi, Annalisa Lo Monaco, Cecile Giroire e Daniel Roger, questa mostra deluderà forse chi spera di immergersi nel mondo romano antico per celebrare degnamente i duemila anni dalla morte del primo imperatore romano, Giulio Cesare Ottaviano Augusto. Non soddisfa, infatti, la scelta di raccontare l’Età Augustea esclusivamente attraverso sculture, bronzi, terracotte, cammei, monete e gemme, ovvero le cosiddette “arti minori”. Una sorta di “design” dell’età Augustea, che salta quasi totalmente l’architettura e la pittura (all’epoca prevalentemente parietale e quindi difficile da esporre, è vero, ma poteva essere meglio raccontata e spiegata con pannelli o video, documentari).

Dopo un percorso nell’antichità è necessario un po’ di swing: fino al 2 febbraio, ai Mercati di Traiano-Musei dei Fori Imperiali (www.lelioswing.com, via IV Novembre 94) è organizzata la rassegna su Lelio Luttazzi (Trieste, 1923-2010) dal titolo, appunto, “Lelio Swing” a cura della Fondazione Lelio Luttazzi con la collaborazione di Pupi Avati, Piera Detassis e Enrico Vaime. Il pianista, direttore d’orchestra, compositore e conduttore televisivo è raccontato in una mostra che lo rispecchia pienamente quanto a vivacità e dinamismo, esperienza, abilità nel fare ricerca musicale e, allo stesso tempo, capacità di rivolgersi al grande pubblico. La mostra descrive anche il contesto attorno a Luttazzi, l’Italia della televisione degli anni’50-60, del Carosello, di San Remo, dei primi giochi a quiz di Mike Buongiorno, ma anche del grande cinema di Fellini e Visconti. Esposte fotografie di Luttazzi con grandi cantanti (come Mina), colleghi musicisti (come Gorni Kramer) e con registi cinematografici per cui realizzò colonne sonore e per i quali fu anche attore (“L’Avventura” di Antonioni). Tra spartiti, appunti, immagini, filmati e oggetti che gli appartennero, di grande interesse è il juke box d'epoca in cui sono inserite musiche dello stesso Luttazzi e dei compositori e cantanti a lui contemporanei (fino a Renzo Arbore che canta “Souvenir d’Italie”, celebre composizione di Luttazzi per il cinema).