Tra i numerosi contributi alla nostra campagna Passione Italia è giunta in redazione anche la proposta di Oreste Verrini, informatico e professore a contratto all'Università di Pisa. Appassionato di storia e di archeologia, Oreste è da anni impegnato nelle riscoperta e valorizzazione di antichi percorsi tra la Lunigiana e la Garfagnana e ha pubblicato nel 2015, per la casa editrice Le Lettere, la guida "La Via del Volto Santo: a piedi in Lunigiana e Garfagnana". Un racconto di viaggio di quel libro è apparso anche su questo sito. Più recentemente, Oreste si è dedicato a una figura misteriosa, quella del pittore Pietro da Talada, di cui ci parla in quest'articolo; della sua ricerca ha scritto un libro edito da Fusta Editore, intitolato "Madri. Sulle orme del pittore Pietro da Talada lungo l’Appennino Tosco Emiliano". Ecco il suo racconto.

S. Maria a Capraia, frazione del Comune di Pieve a Fosciana - foto O. Verrini

In quel tratto di Appennino Tosco Emiliano che divide la provincia di Reggio Emilia da quella di Lucca sono ancora molti i tesori nascosti da scoprire. Mi sono messo sulle tracce di due di questi: del primo, fatto di indizi incisi sulla pietra e di monete d’oro, il più classico tra i classici, non ho trovato molto, battuto da tracce ormai vecchie e da loschi figuri più scaltri e spietati di me. Del secondo, fatto di quadri e di chiese, ho trovato e ammirato tutto quello che il tempo e le circostanze hanno conservato fino ai giorni nostri.

È di quest’ultimo “tesoro” che vorrei raccontarvi, ma in special modo del protagonista, la cui storia – per mancanza di informazioni – è ammantata nel mistero. Il suo nome è Pietro da Talada – pittore attivo tra il 1450 e il 1500 in Garfagnana, entroterra della provincia lucchese, all’epoca provincia estense – e il tesoro a cui alludo è rappresentato dall’insieme dei quadri da lui dipinti e custoditi in alcune chiesine semisconosciute dell’Appennino. Prima di scoprirne il nome, rinvenuto sul pannello centrale di un trittico, oggi conservato al Museo di Villa Guinigi a Lucca, il pittore era chiamato dai più “Maestro di Borsigliana”, dal nome del borgo dove è custodita la sua opera più famosa e meglio conservata.


Pietro da Talada, Trittico di Borsigliana - foto Riserva MAB Appennino Tosco Emiliano/www.parks.it

La carenza di notizie ha favorito, come era inevitabile che fosse, la proliferazione di congetture sulla sua storia e sul perché, pur essendo nato a Talada, piccolo borgo del versante reggiano dell’Appennino, nel Comune di Ventasso, le sue opere siano conservate sull’altro versante. Si direbbe che Pietro non abbia dipinto nulla nei suoi luoghi natii oppure nulla si è conservato. Strano, e lo pensano in molti, a meno di non immaginare una storia che allontani definitivamente il pittore da Talada. Sempre che il borgo sia realmente il luogo di nascita, dubitano altri; alcuni, infatti, non sono così convinti ed immaginano Pietro come un orfanello cresciuto nel vicinissimo Ospitale dei frati di San Venerio – questo o la nobile origine spiegherebbe il perché il pittore sapesse scrivere – che di quel borgo ha preso solo il nome e poco altro. 

Comunque sia andata, quale che sia la vera origine del pittore e del perché abbia scelto di dipingere in Garfagnana, a noi rimane ancora oggi la bellezza delle sue opere, ancor di più se immaginate nel contesto attuale. I borghi sono piccoli gioielli dell’Appennino, ben tenuti ma, come purtroppo accade sempre più di frequente, a rischio abbandono. 


Pietro da Talada, Madonna della Cintola, Santa Maria Assunta a Stazzema - foto Wikipedia Commons​

Trovare, in quel contesto, dentro chiese spesso appartate – se si esclude la chiesa di Santa Maria Assunta di Borsigliana – quadri così belli e ricchi di significato, sorprende ed emoziona. Uno su tutti, il quadro La Madonna in trono col Bambino, esposto nella chiesa di S. Maria a Capraia, frazione del comune di Pieve a Fosciana, regala un’immagine considerata un unicum; nel quadro il Bambino viene raffigurato con la testa china e il dito impegnato a scorrere sulle lettere di un abbecedario. Un messaggio chiaro – ma davvero raro e originale – rivolto ai giovani affinché si impegnino nella lettura dei Vangeli, che non ti aspetteresti di trovare in una chiesa ormai considerata un eremo, circondata da una natura rude e rigogliosa, lontana decine di minuti dal paese più vicino. 

Com’è difficile mettere per iscritto le sensazioni che si provano arrivando in questi luoghi e poter ammirare questi gioielli, immaginare il pittore chino sulle tavole oppure impegnato nella preparazione dei colori (per il rosso Pietro usava una pianta, la Rubia tinctorum, che caso vuole cresca ancora oggi nei pressi di Talada). Eppure va fatto, perché di questi tesori il nostro Appennino è pieno, bisogna solo cercarli, farli conoscere e sperare che qualche altro cacciatore di tesori parta alla ricerca.


Borsigliana, l'esterno della Chiesa di Santa Maria Assunta - foto O. Verrini

Io ho fatto proprio così. Appena saputo di Pietro, ho messo gli scarponi e per una settimana ho camminato per l’Appennino, partendo da Talada e immaginando di ripercorrere gli stessi passi che Pietro percorse per raggiungere le varie chiese. Così, dopo aver svalicato da Passo di Pradarena sono sceso a Villa Soraggio per visitare la prima chiesa, – questa purtroppo solo dall’esterno, la tempera Madonna col Bambino è attualmente conservata al museo di Villa Guinigi a Lucca – ho fatto poi tappa a Borsigliana, dove all’interno della chiesa di Santa Maria Assunta è conservato il trittico più imponente e ben conservato. Il mio viaggio è proseguito nel borgo di Vitoio di Camporgiano per ammirare la Pala di Vitoio, Corfino di Villa Collemandina nel Santuario della Madonna del Perpetuo Soccorso, Capraia di Pieve a Fosciana nella chiesa di Santa Maria in Capraia ed è terminato a Stazzema nella chiesa di Santa Maria Assunta. Località bellissime, che ho descritto nel mio libro e che invito tutti ad andare a visitare.