«Di chiunque è affascinato si può dire che non scorge nessun oggetto reale, nessuna figura reale, poiché ciò che vede non appartiene al mondo della realtà, ma all’ambiente indeterminato della fascinazione» (Maurice Blanchot).
A guardare le fotografie che chiudono «Absolutely Nothing. Storie e sparizioni nei deserti americani» di Giorgio Vasta, si ha l’impressione di trovarsi di fronte a un vuoto e a un pieno che si contendono lo spazio: dove il vuoto cede, il pieno per un attimo prende la scena. Ma è solo un attimo, appunto, un’illusione effimera. Gli infiniti spazi dei deserti americani sono nell’immaginario di tanti di noi luoghi magnifici, di una desolazione pregna di significato: soffocati dal pieno delle nostre città, aneliamo a quel vuoto che assimiliamo a parole come libertà e respiro. Il pregio di questo libro è avvicinare un po’ di più quel mito, renderlo un po’ più concreto, ma allo stesso tempo conservarne la poesia, non intaccarne minimamente l’aura misteriosa di cui ogni sogno è fatto.
Giorgio, Silva e Ramak esistono davvero, ma per portarci in quei luoghi si fanno personaggi: realtà e finzione si mischiano così bene che non è più possibile per il lettore distinguere con certezza ciò che accaduto veramente da ciò che è solo raccontato. Viaggiando con Giorgio, Silva e Ramak attraverso California, Arizona, Nevada, New Mexico, Texas e Louisiana si sente di essere a un passo dalla fine del mondo, di doversi fare largo tra le macerie di città che sono esistite e che forse esistono ancora.
Tutti i viaggi sono uno sforzo nel cercare un compromesso tra ciò che un immaginario preesistente ci vorrebbe far vedere e ciò che vediamo veramente, ma qui si ha l’impressione di essere davvero in equilibrio precario tra l’America del cinema, dei romanzi e dei fumetti e quella che esiste al di là della sua rappresentazione. Forse il trucco è proprio qui: non volersi scrollare di dosso un’idea che fa parte del nostro immaginario e allo stesso tempo cercare di spingersi un po’ oltre.
Parole e immagini dialogano bene in questo libro, seguendo un sentiero che non può non ricordare quello percorso da Sebald. Ciò che soprattutto rimane dalla lettura di «Absolute Nothing» è il fascino che questi luoghi hanno esercitato su Giorgio, Silva e Ramak e che di riflesso esercitano sul lettore. Se è vero ciò che dice Blanchot, c’è da chiedersi, però, se ciò che leggiamo esista o sia esistito veramente. Ma è una di quelle domande a cui non vogliamo dare alcuna risposta. 
IL LIBRO
Giorgio Vasta, Ramak Fazel
Absolutely Nothing
Storie e sparizioni nei deserti americani
Humboldt-Quodlibet 2016 - pp. 296
GLI AUTORI

Giorgio Vasta (Palermo, 1970) ha pubblicato il romanzo Il tempo materiale (minimum fax, 2008, Premio Città di Viagrande 2010, Prix Ulysse du Premier Roman 2011), Spaesamento (Laterza, 2010), Presente (Einaudi, 2012, con Andrea Bajani, Michela Murgia, Paolo Nori). Con Emma Dante ha scritto la sceneggiatura del film Via Castellana Bandiera (2013). Collabora con «la Repubblica», «Il Venerdì», «Il Sole 24 Ore» e «il manifesto», e scrive sul blog letterario minimaetmoralia.com.
 
Ramak Fazel (Abadan, Iran, 1965) dopo la laurea in Ingegneria Meccanica alla Purdue University, Indiana, si specializza in fotografia presso il CalArts – California Institute of the Arts. Dal 1994 vive tra New York, Los Angeles e Milano dove lavora con le principali riviste di design e architettura come Abitare e Domus. Il suo lavoro è stato esposto, tra gli altri, alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino, al Canadian Center of Architecture, Montréal, alla Casa degli Atellani, Milano, al Fort Wayne Museum of Art, Indiana, allo Storefront for Art and Architecture, New York, alla 14. Mostra Internazionale di Architettura Biennale di Venezia e alla Chicago Architecture Biennale. Fazel è visiting professor presso il San Francisco Art Institute.