Per le auto la sicurezza è ormai un argomento di marketing. La navigazione marittima ha fatto negli ultimi passi da gigante. Il mondo aeronautico è l’esempio per tutti, forte di strumenti tecnologici avanzatissimi. E il treno come se la cava in fatto di sicurezza? Possiamo sentirci tranquilli nel recarci in stazione per partire?

Difficile trovare risposte certe. Senza rievocare la catastrofe di Viareggio, di tali dimensioni da richiedere anni di inchieste perché se ne chiariscano cause e retroscena, suscitano stupore nei “non addetti ai lavori” gli incidenti spettacolari come quello verificatosi il 20 settembre a Milano, in seguito al quale il locomotore e due carrozze di un convoglio diretto al deposito di Lambrate sono “atterrati” nel cortile di un palazzo di viale Monza, sfondando il tetto di un capannone. Per fortuna senza causare né vittime né feriti.

A stabilire infatti le responsabilità (guasto, errore umano) sul "caso Milano" saranno le inchieste - ne sono state attivate già tre di magistratura, Trenitalia e regione Lombardia  -, ma per l’uomo della strada ha dell’incredibile che nel 2009, con tutta la tecnologia che ci circonda, un treno che “passa col rosso” non sia immediatamente fermato da un dispositivo di blocco. Tanto da proseguire la sua corsa "saltando" la testata di un binario morto e finendo tra le case che fiancheggiano la linea. Una scena degna del Treno più pazzo del mondo, commedia comico-demenziale del 1984, e di certe screwball comedies risalenti al cinema muto.

Nel nostro Paese, per di più, la sicurezza è diventato un tema-clava nelle relazioni sindacali tra chi i treni li guida ogni giorno e il rispettivo datore di lavoro. E bisogna pure tenere presente che, mentre la notizia di un grave incidente stradale con vittime e feriti si insabbia in coda al telegiornale e nelle pagine interne dei quotidiani, il più banale dei deragliamenti finisce tra i titoli di testa del Tg della sera. Senza dimenticare i cacciatori di filmati di YouTube.

In soccorso ai viaggiatori può giungere la scienza statistica: in Italia il numero di incidenti ferroviari gravi è passato dai 202 del 1993 ai 19 casi del 2008 (dati Trenitalia). Come conferma Marco Ponti, professore di Economia dei trasporti al Politecnico di Milano, “il tasso di incidentalità sui binari è tra i più bassi d’Europa, appena peggio della Gran Bretagna, sui livelli d’eccellenza di Francia e Germania.” E ciò non può che rassicurare.

Non è comunque un caso se l’Unione Europea sta schiacciando sull’acceleratore nel promuovere l’adozione dei nuovi sistemi di gestione del traffico ferroviario Ertms (European Rail Traffic Management System), oggi disponibili solamente su poco più di duemila chilometri di binari della Comunità, caratterizzati sia da una piena interoperabilità tra le reti di Paesi diversi sia da standard tecnologici all’avanguardia. Per evitare che convogli avveniristici, progettati col computer, finiscano poi per utilizzare una rete sviluppata ai tempi delle locomotive a vapore e da allora rimasta identica a se stessa.