Ambulatori allestiti in chiesa, bambine terrorizzate, con una gamba ferita, che sono portate in braccio, e il biscotto che tengono in mano non potrà certo risolvere il dolore. Soldati americani che mangiano cibo in scatola, o bevono da secchi porti dai Carabinieri: era l’Italia della Seconda Guerra Mondiale, raccontata da Robert Capa, il fotografo ungherese (Budapest 1913-Thai Binh, Vietnam, 1954) che ha girato per quasi tutta la vita con obbiettivo alla mano per immortalare e rendere eterne le scene di guerra nel mondo e il dolore o il senso di paura e povertà che le accompagna. Dal 30 gennaio fino al 26 aprile sono in mostra 78 immagini del padre del fotogiornalismo allo Spazio Oberdan a Milano per la mostra “Robert Capa in Italia, 1942-1944”, che è appena stata a Roma, Firenze e Genova.

Tra la fine del 2008 e l’inizio del 2009 il Museo Nazionale Ungherese ha perfezionato l’acquisto della serie Robert Capa Master Selection III proveniente dalla collezione dell’International Center of Photography di New York, ente custode dell’eredità di Capa. La serie è composta da 937 fotografie scattate in 23 Paesi di 4 continenti ed è frutto di una selezione operata all’inizio degli anni Novanta da Cornell, fratello di Robert Capa, e da Richard Whelan, suo biografo. L’analisi storica della serie fotografica acquisita nel Museo Nazionale Ungherese è all’origine di una mostra itinerante che ha già visitato 11 città ungheresi, e che è stata anche a Shangai e Vienna. Ancora dalla serie Robert Capa Master Selection III provengono le immagini della mostra che sta girando la Penisola e che raccoglie le fotografie di Capa scattate durante la sua attività di corrispondente dal fronte italiano.

Allo Spazio Oberdan il ricco materiale è suddiviso in sale ampie e ben allestite, in cui le immagini riescono a essere visibili in modo chiaro e ben illuminato: Beatrix Lengyel, curatrice della mostra, ben ha reso il fatto che le fotografie di Capa sono “un simbolico mosaico degli istanti che separano vita e morte, e delle atrocità di cui il fotografo fu testimone nelle cinque guerre a cui partecipò”. Ambulatori allestiti in chiesa (Maiori, settembre 1943), provvisori quanto definitivi per chi si trovava in quel momento sotto i ferri: o la vita o la morte. Soldati americani in trincea, o in cammino (allertati e tesi) mentre aprono la strada verso Napoli. E poi storie di vite, vite che in quel momento sono rappresentate dalla divisa, come nella fotografia che ritrae il giovane soldato tedesco ferito sempre durante l’avanzata verso Napoli e rifugiatosi in un granaio, dove altri giovani soldati americani lo scoprono. Che sarà di lui? Tra bambini, funerali, code per l’acqua, strade di pietra percorse a piedi nudi e ritratti di soldati, nelle varie sale delle mostra si snoda e si libera il senso di partecipazione verso queste persone umane, e la gratitudine a Capa per aver testimoniato le loro difficoltà, avendo vissuto nella cruda e assurda realtà della guerra.

Info. Spazio Oberdan, 30 gennaio-26 aprile. www.cittametropolitana.mi.it/cultura, 02.77406302
Orari: 10-19.30, chiuso lunedì. Aperto il giorno di Pasqua, il Lunedì dell’Angelo e il 25 aprile
Biglietti: 8 euro, intero. 6.50 ridotto. 3.50 ridotto speciale. Ingresso gratuito per minori di 6 anni, portatori di handicap e accompagnatori, giornalisti, guide turistiche, un accompagnatore per gruppo, due insegnanti accompagnatori per classe. Prenotazioni, tel: 02.77406300
 
 
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