Alla fine ciò che conta davvero è raccontare. Non importa come. Si può decidere di farlo in tanti modi: con una fotografia sfuocata, con un racconto dettagliato, un filmato ben girato. Se poi si è capaci di tenere in mano una matita e si ha molto estro per i dialoghi allora si può anche decidere di disegnare un fumetto e farne un reportage. In America, dove su queste cose sono sempre avanti, il genere si chiama graphic journalism, o comics journalism e ha attecchito già da un decennio. In Italia è una scoperta più recente, che però ha riscosso successo in libreria - grazie a editori grandi, come Mondadori, o più piccoli, come la superattiva Becco Giallo - e in alcuni giornali. Primo fra tutti Internazionale, il settimanale che raccoglie il meglio della stampa estera, che da mesi dedica due pagine per reportage a fumetti commissionati a disegnatori italiani e stranieri.

Il successo del reportage a fumetti è legato a tre nomi: Joe Sacco, Marjan Satrapi e Guy Delisie. Con stili grafici e intensità narrative diverse tutti e tre hanno trovato la loro via per raccontare il mondo con un linguaggio che prima si credeva adatto solo alle storie per bambini o alle strisce brevi, stile Calvin & Hobbes. Ma invece ha dimostrato di poter avere la stessa forza espressiva di un romanzo. Così Marjan Satrapi in Persepolis (diventato anche un bel film d’animazione) ha raccontato l’Iran dallo Scià alla rivoluzione, intrecciando le storie di vita della sua famiglia alla storia del Paese (Lizard, euro 22,50 ). Mentre il maltese Joe Sacco - mosso da una curiosità semplice e profonda: “volevo vedere se quel che mi raccontavano i giornali era vero” - si è concentrato sul reportage giornalistico. Illustrando la guerra di Bosnia in tutti i suoi aspetti e la Palestina ai tempi della prima Intifada. Più simile al reportage di viaggio tradizionale il lavoro del canadese Guy Delize, che ha raccontato la sua esperienza di vita a Pyonyang, a Shenzhen e infine Cronache Birmane, non a caso tutti e tre editi da Fusi Orari, la casa editrice di Internazionale.

Dopo di loro tutti gli altri. Prima di loro forse solo Maus, il fumetto del disegnatore americano Art Spiegelman ambientato durante la Seconda guerra mondiale che parla dell’Olocausto partendo dai racconti del padre di Spiegelman (Einaudi, 17 euro). Dei tanti autori qualcuno mischia fumetto e reportage vero e proprio, come fa Ted Rall in Stan Trek, (Becco Giallo, pag. 382, euro 17)  un viaggio ironico e documentato negli -stan del mondo che gli è valsa la finale del premio Pulitzer. Altri, indagano storie del recente passato trasformandoli in fumetti di denuncia e d’inchiesta, come accade nei volumi della collana Cronaca Storica edita da Becco Giallo, tra cui Dimenticare Tiananmen di Davide Reviati e Marcinelle, di Igor Mavric e Davide Pascutti. Insomma, raccontare è una necessità. Se a parole o a fumetti, poco importa.