Poche città invitano all'esplorazione quanto Lisbona. Per capirlo, basta dimenticare in hotel mappe e smartphone: d'improvviso i tortuosi vicoli del Bairro Alto e dell'Alfama diventano luoghi misteriosi, dove meta e direzione si fanno incerte, mentre le sorprese sono in agguato a ogni svolta. Così, senza volerla assimilare a una giungla urbana (ci mancherebbe!), Lisbona può ancora far percepire qualcosa dello spirito che per secoli spinse i portoghesi verso l'ignoto, la scoperta, l'avventura. Che li motivò, insomma, a “inventare” i viaggi di esplorazione, coraggiosa attività che ebbe decine di campioni, non solo i più noti Vasco da Gama, Bartolomeo Diaz, Pedro Alvares Cabral e Ferdinando Magellano.

Non si deve tuttavia limitare agli oceani e alla cosiddetta “età delle scoperte”, fra il Quattro e il Cinquecento, il contributo portoghese all'esplorazione del pianeta. L'indole lusitana, inquieta e curiosa, anche nei secoli successivi continuò a produrre pionieri e imprese. Persino nell'Ottocento, come ricordano due tranquille vie che si incrociano nel Chiado, a poche decine di metri dalle folle di turisti che scorrazzano su e giù per rua Garret, intasando il passaggio tra il caffè A Brasileira e la statua di Pessoa. Quelle due vie sono dedicate a personaggi i cui nomi, probabilmente, vi diranno poco. Attenti però ad ammetterlo a voce alta, perché un portoghese di media cultura potrebbe indignarsi: per lui dire “Ivens e Capelo” è un po' come per un inglese nominare Stanley e Livingstone, o per un americano ricordare Lewis e Clark, i primi a raggiungere la costa pacifica via terra (stendiamo un pietoso velo sulla possibilità che l'italiano medio sappia citare Pietro Savorgnan di Brazzà e Vittorio Bottego). 

Roberto Ivens (1850-1898) e Hermenegildo Capelo (1841-1917)

DUE SPEDIZIONI ENTRATE NELLA STORIA
Chi erano dunque Roberto Ivens (1850-1898) e Hermenegildo de Brito Capelo (1841-1917)? Figlio di una nobile portoghese decaduta e di un commerciante inglese il primo, di ricca e nobile famiglia lusitana il secondo, erano due ufficiali della Marina portoghese, passati alla storia per due spedizioni scientifiche nel cuore dell'Africa Nera effettuate come coraggiosi “marinai di terra”. Con la prima, durata ben tre anni dal 1877 al 1880, esplorarono e mapparono l'interno dell'attuale Angola, allora una delle maggiori “zone bianche” ancora da riempire sulle carte geografiche dell'800. Con la seconda missione, tra il 1884 e il 1885, Ivens e Capelo andarono dall'Angola al Mozambico per via interna, portando a termine un'eccezionale traversata scientifica dell'Africa australe dall'Oceano Atlantico all'Indiano, trent'anni dopo la prima effettuata da un europeo, lo scozzese David Livingstone. Ivens e Capelo narrarono poi le loro spedizioni in appassionanti resoconti di viaggio che hanno nutrito i sogni di avventura di generazioni di portoghesi, De Benguela às Terras de Iaca (1881) e De Angola à contracosta (1886).


Capelo/Ivens: De Angola a Contracosta

Formatisi entrambi nell'Accademia navale di Alfeite, sulla baia del Tago a sud di Lisbona, Ivens e Capelo erano divisi da nove anni di età e apparivano assai diversi per carattere: il primo era loquace, esuberante, abile con la chitarra quanto con la matita; il secondo era taciturno, serio, metodico, dotato per ogni tipo di misurazione scientifica. Avevano però in comune una già notevole esperienza africana, il coraggio, la determinazione, la curiosità, lo spirito di osservazione. E naturalmente la capacità di sopportare la fatica, i pericoli, il clima inclemente. Militari di carriera, i due non erano certo scienziati, ma con le misurazioni che effettuarono, con le casse di campioni che prelevarono in loco e naturalmente con le relazioni che stilarono diedero un contributo notevole alla conoscenza geografica, geologica, idrografica, zoologica, botanica, mineralogica, meteorologica delle zone esplorate, nonché a quella etno-antropologica e linguistica delle tribù incontrate. Interessanti sono poi gli schizzi in cui Roberto Ivens, che delle spedizioni era il reporter disegnatore, dà prova anche di una vena ironica, come quando ritrae se stesso e il suo compagno in groppa a due bufali o si inventa un gentiluomo in marsina con la testa di elefante. Notevoli, poi, considerando la mentalità colonialista dell'epoca, le considerazioni dei due esploratori sulle possibilità di sviluppo delle popolazioni africane e la ferma condanna dello schiavismo, cui il Portogallo solo nel 1869 aveva messo l'effettiva parola fine.


Uno dei disegni di Roberto Ivens, 1884-85

Capelo s'era recato per la prima volta in Angola nel 1860, a soli 19 anni, quando aveva servito per tre anni in una stazione navale della Marina portoghese, e vi era poi tornato altri tre anni, dal 1866 al 1869. Ivens invece l'Angola l'aveva vista per la prima volta nel 1872, a 22 anni. I due si conobbero probabilmente solo nel 1877, quando furono incaricati di mappare l'entroterra angolano assieme al terzo grande esploratore portoghese dell'Africa meridionale, il visconte Serpa Pinto. Con lui, Capelo andò a Parigi e a Londra a rifornirsi di cibo in scatola ma soprattutto di armi, sestanti, anemometri e altri strumenti (alcuni sono oggi visibili nel Museu de Marinha di Lisbona). Quindi il 26 ottobre 1877 i tre portoghesi si avviarono con i loro portatori da Benguela, sulla costa angolana, per quella che doveva essere una lunga e inedita missione scientifica e geografica. Quasi subito però Ivens e Capelo si trovarono in disaccordo con Serpa Pinto su percorso e obiettivi. Così quest'ultimo, che mirava alla traversata ovest-est dell'Africa meridionale, si diresse verso il Mozambico: intendeva discendere lo Zambesi fino all'Oceano Indiano, ma alla fine dovette ripiegare verso il Sudafrica. Ivens e Capelo invece puntarono a nord ed esplorarono per due anni i bacini idrografici dei fiumi Cubango (ovvero il tratto angolano dell'Okavango), Luando e Tohicapa, compiendo un'opera di studio ciclopica finché, esausti, rientrarono nella “civiltà”, a Luanda, il 15 ottobre 1879. Il ritorno in Europa non fu immediato perché Capelo, squassato dalle febbri, restò a lungo in pericolo di vita. Infine la coppia il 1° marzo 1880 arrivò a Lisbona, accolta trionfalmente.

LA DISPUTA PER IL CONTROLLO DELL'AFRICA NERA
In quegli stessi anni, tra le potenze europee avide di materie prime, era esplosa la disputa per l'enorme bacino del fiume Congo, territorio su cui il Portogallo vantava teorici diritti storici, dato che Diogo Cão nel 1485 cercando il mitico regno del Prete Gianni aveva risalito una parte del grande fiume, dall'estuario alle cascate di Yellala. Per dipanare la questione fu convocata a Berlino dal novembre 1884 al febbraio 1885 la “Congokonferenz”, storica conferenza che mutò il destino del Continente Nero, dando avvio allo scramble for Africa, lo “sgomitare per l'Africa”, la corsa a spartirsene l'interno con le sue enormi risorse. Le pretese di Lisbona non furono prese sul serio da nessuno, mentre invece si imponeva la spregiudicata politica coloniale di Leopoldo II del Belgio, che avrebbe portato alla nascita di un suo “regno privato”, governato in modo spietato: lo Stato libero del Congo. 

Incapace di far valere i suoi diritti, il Portogallo puntò allora a occupare tutta la parte di Africa a sud del Congo e a nord del Sudafrica britannico e della Namibia tedesca. Il progetto di un corridoio est-ovest portoghese, prospettato nel 1881 dalla Sociedade de Geografia di Lisbona, si scontrava però con l'espansionismo di Londra, che mirava a realizzare un collegamento diretto nord-sud dall'Egitto al Sudafrica (Cape-to-Cairo route). Lisbona per portare avanti le sue rivendicazioni presentò nel 1886 la cosiddetta “mapa cor-de-rosa”, una carta della “Africa meridional portugueza” in cui tutto il territorio dall'Angola al Mozambico era raffigurato in rosa senza soluzione di continuità: una sola enorme colonia lusitana che si estendeva dall'Oceano Atlantico all'Oceano Indiano, comprendendo gli attuali Zambia, Malawi e Zimbabwe. Proprio perché tutto ciò non restasse, appunto, sulla carta, Ivens e Capelo due anni prima erano stati incaricati di attraversare il territorio rivendicato, per collegare simbolicamente via terra le province oltremarine dell'Angola e del Mozambico, avviare rapporti di protezione con le tribù locali, verificare la possibilità di una rotta commerciale.


Il centro-sud dell'Africa nel 1890​

1884-1886: DALL'ANGOLA AL MOZAMBICO PER VIA INTERNA
Alle 9 del mattino del 6 gennaio 1884, a Lisbona, i due si erano imbarcati sul piroscafo São Tomé. Da Luanda, dove giunsero dopo 25 giorni di navigazione, si spostarono poi nel sud dell'Angola: loro non lo sapevano, ma quella che stavano per iniziare sarebbe stata l'ultima grande avventura nella gloriosa storia portoghese delle esplorazioni. Dalla baia di Pinda, poco sotto Moçâmedes, Ivens e Capelo si avviarono il 24 aprile 1884 con 124 portatori locali e diverse donne. Quando il 21 giugno del 1885 la carovana arrivò a Quelimane, sulla costa meridionale del Mozambico, i portatori erano 68 di meno: 20 erano morti, 11 dispersi, 37 fuggiti. Per un anno nessuno aveva avute notizie di Ivens e Capelo, tanto che li si dava ormai per morti.

In quindici mesi infernali do Atlântico ao Índico la spedizione aveva percorso oltre 8300 chilometri, di cui 1500 in regioni ignote. Aveva guadato decine di fiumi, scavalcato catene montuose, attraversato giungle e savane, paludi e deserti. Era penetrata nel regno dei bellicosi Barotse (cioè il Barotseland che oggi corrisponde allo Zambia sud occidentale). Aveva dovuto fronteggiare fame, sete, intemperie, caldo torrido, piogge torrenziali, diserzioni, furti, malattie, febbri devastanti, malaria, scorbuto, mosche tsé-tsé. E, naturalmente, gli animali selvaggi: “Alle cinque ci siamo accampati. Da questo luogo, verso sud, finiscono le abitazioni e inizia un lungo bosco, che abbiamo impiegato tre giorni per attraversare. Costituisce quest'area il lembo della foresta con cui si affacciano da ovest il Quipungo, Quiita, Gambos, ecc., e che il Cunene delimita a est: impossibile dire quanti animali selvatici ci siano, perché la foresta è quasi impenetrabile per quanto è fitta di alberi ricoperti da molte spine. Vi si aggirano elefanti, rinoceronti, bufali e leopardi, che pascolano placidamente e si divorano fra di loro, senza che nessuno pensi di disturbarli” (De Angola á contracosta, vol. I, cap. VI). 

Al loro rientro in patria il 20 settembre 1886, ancora una volta i due avventurosi ufficiali di Marina furono accolti a Lisbona come eroi nazionali, con otto giorni di festeggiamenti, banchetti e fuochi d'artificio. Centinaia di imbarcazioni scortarono la loro nave nell'estuario del Tago fino all'Arsenale, dove li attendeva il re D. Luis in persona. Sul piano dell'esplorazione e dal punto di vista scientifico la spedizione era stata un successo. Capelo s'era dedicato soprattutto alle osservazioni meteorologiche e a raccogliere campioni di piante, rocce, animali. Ivens aveva scritto, rilevato mappe e fatto molti disegni, che sarebbero serviti a modello per gli illustratori della casa editrice. Perché se nella prima spedizione i suoi quaderni e diari erano bruciati in un devastante rogo dell'accampamento, questa volta per fortuna tutto era arrivato a casa intatto, nonostante mille e mille patemi: “Quante angosce ci torturavano, avendo affidando all'instabilità di quattro rami le casse, le borse e gli strumenti trasportati da neri negligenti; in quante occasioni la circolazione del sangue quasi si fermava, vedendo uno qualsiasi di loro esitare e tremare, sul punto di cadere in acqua con il volume di diari e quaderni”.


Sulla mappa "cor-de-rosa" (1886), le due spedizioni di Ivens e Capelo: in linea rossa quella del 1877-80, in linea rossa tratteggiata quella del 1884-85

Sul piano politico, invece, la missione fu pressoché inutile e la questão colonial rimase irrisolta. Il braccio di ferro fra Londra e Lisbona avrebbe avuto termine nel 1891, quando il Portogallo, piegandosi a un ultimatum inglese dell'anno precedente, firmò un penalizzante trattato sulle zone di influenza. Svaniva così l'idea di una continuità territoriale fra le colonie angolana e mozambicana, mentre la British South African Company di Cecil Rhodes prendeva controllo del Barotseland. Sul piano interno portoghese, le conseguenze furono drammatiche e il senso di frustrazione enorme: dopo una secolare epopea, l'idea stessa di Impero portoghese appariva finita per sempre, così come di lì a poco sarebbe accaduto anche alla monarchia regnante.

E i nostri eroi? Con il fisico segnato dalle fatiche dei viaggi, Ivens morì di polmonite nel 1898, a soli 47 anni. Capelo invece completò una gloriosa carriera, durante la quale fu aiutante di campo del re, ambasciatore a Zanzibar, protagonista di trattative per definire i confini di Angola e Timor, nel mentre che saliva al grado di vice ammiraglio. Quando morì, a 76 anni durante la Grande Guerra, il mondo non era più quello che lui aveva conosciuto. E la stessa Africa non era più la terra del meraviglioso e del romanzesco. 


Hermenegildo Capelo (1841-1917)

DOCUMENTARI, MONETE E... HOTEL
Il Portogallo non ha dimenticato Ivens e Capelo. Innumerevoli sono state le ristampe dei loro due libri e diversi i documentari ad essi dedicati. Portano i loro nomi molte scuole e strade di città portoghesi, oltre a due fregate varate nel 1968 (un cacciamine “Roberto Ivens” fu affondato nel Tago da un sottomarino tedesco nel 1917). Ai due esploratori il Portogallo nel 2011 ha dedicato una moneta commemorativa da 2,50 euro, coniata anche in 1500 esemplari in oro: sul dritto ci sono dei rami di baobab e lo scudo nazionale portoghese nella sfera armillare, sul verso figurano i due barbuti esploratori con il tronco dello stesso baobab. Nel 1956, in epoca ancora coloniale, Capelo era già apparso su una banconota da 100 escudos emessa dal Banco de Angola.


La moneta commemorativa dedicata a Capelo e Ivens dal Portogallo nel 2011

Infine, l'omaggio più recente: a Lisbona, proprio all'incrocio fra le vie Ivens e Capelo, è stato inaugurato nel 2021 il lussuoso The Ivens Hotel, albergo nella Autograph Collection del gruppo Marriott. Il nuovo hotel occupa il palazzo ottocentesco che dal 1937 al 2016 ospitò gli studi radiofonici della storica Rádio Renascença, popolare emittente privata cattolica fondata nel 1936: alla mezzanotte del 25 aprile 1974 da qui fu trasmesso il segnale atteso per dare il via alla rivolta contro il regime autoritario, la canzone vietata “Grandola, Vila Morena”, impostasi poi come l'inno della Rivoluzione dei garofani.

Con il suo design a tema fortemente africano, progettato dal catalano Lázaro Rosa-Violán e dalla portoghese Cristina Matos, The Ivens è un inno all'epopea delle esplorazioni. All'ingresso si è accolti da personale con divise in stile coloniale: una sahariana color tabacco per il portiere, zebre ed elefanti sui vestiti color crema delle ragazze al ricevimento. La lobby è in penombra quanto basta per alludere a una giungla africana: uno scimpanzè a grandezza naturale fa da guardia all'ascensore, grandi coleotteri di metallo fanno da segnalibro a preziosi libri di viaggio. Luminose invece le camere, dove pareti e biancheria sono decorate con piante tropicali, animali esotici e maschere africane. E lo specchio lucente del Tago, che si avvista dalle finestre, sembra invitare a partire, verso lontani orizzonti e nuove avventure.


The Ivens Hotel, Lisbona - foto Francisco Nogueira

INFORMAZIONI
Turismo Portogallo e Turismo Lisbona: www.visitportugal.com/itwww.visitlisboa.com/it
Museo de Marinha a Lisbona: ccm.marinha.pt/pt/museu

The Ivens Hotel: www.theivenshotel.com