Fryderyk Chopin trascorse a Maiorca tre mesi dell'inverno 1838-39, un periodo angosciato e creativo come pochi nella sua vita. Si può capirlo: la sua amante George Sand era particolarmente insopportabile, alloggiare nella splendida certosa di Valldemossa era un'esperienza un po' troppo da eremiti, la lingua catalana dei maiorchini rappresentava una barriera comunicativa quasi insormontabile. Tornasse a Maiorca oggi, fuori stagione come allora, il grande pianista di sicuro vivrebbe un'esperienza totalmente differente. Forse, distratto da tante e belle cose da fare sulla maggiore delle Baleari, non avrebbe tempo per comporre capolavori come l'ossessivo e strepitoso preludio op. 28 n. 15 detto “la Goccia”, ma certamente lascerebbe l'isola più in pace con se stesso. Ecco dunque alcuni motivi per dare ragione al coraggioso slogan “Better in winter” lanciato dalla Agencia de Turismo de las Islas Baleares per invitare i forestieri ia conoscere i volti dell'arcipelago più cari alla popolazione locale. Alla faccia di chi crede che a Maiorca (e nelle vicine Minorca, Ibiza e Formentera) non vi siano altro che bellissime spiagge su cui rosolarsi al sole d'estate.
1. LE TAVOLE STELLATE
La cucina a Maiorca sta vivendo un momento d'oro. Dieci stelle Michelin, fornai che riscoprono le ricette di una volta, tipicità locali valorizzate e salvate dall'oblio o dall'estinzione. Eppure fino a due o tre decenni fa ci si vergognava quasi dei prodotti (e delle ricette) autoctone. Come se l'invasione di turisti tedeschi e inglesi obbligasse a offrire solo piatti standardizzati e cucina “internazionale”. Poi è accaduto il miracolo, grazie all'opera di intelligenti maestri e di scuole come l'Instituto Juníper Serra di Palma.
Oggi così la Nueva cocina mallorquina sta al passo con quelle della Catalogna o dei Paesi Baschi. Altri nomi si sono aggiunti a quelli di Guillermo Méndez (El Olivo nel Belmond La Residencia di Deià), Benet Vicens (Bens d'Avall) e Tomeu Caldentey, che nel 2004, a 32 anni, fu il primo chef maiorchino insignito di stella Michelin, per il suo ristorante Es Molí den Bou. Oggi così la scena gastronomica maiorchina è davvero pirotecnica, con una qualità diffusa e un amore per ricette e prodotti locali che fa da base ai successi di giovani maestri come Andreu Genestra (Andreu Genestra), Víctor García (la Fortaleza), Santi Taura (Santi Taura), Álvaro Salazar (Argos), Adrián Quetglas (Adrián Quetglas). E come il madrileno Fernando Pérez Arellano (Zaranda), ex allievo in Italia di Alfonso Iaccarino, che dal 2016 è l'unico chef bistellato delle Baleari, grazie anche a piatti complessi e raffinati come l'uovo nero con caviale di seppia, da lui proposto nella lussuosa quiete del Castell Son Claret.
2. LE TIPICITÀ DA RISCOPRIRE
Maiorca è uno scrigno di ricchezze enogastronomiche. Dalle varietà autoctone di uva da vino (callet, fogoneu, mantonegro, moll, prensal...) sino alla xeixa, una varietà antichissima di grano, forse portata nelle Baleari dai Romani e oggi a rischio estinzione, con cui si produce una farina digeribilissima e un pane nero dal gusto unico. Emblema della orgogliosa riscoperta delle tipicità locali è forse il “pebre vermell de tap de cortí”, una varietà di peperoncino rosso che cresce con la punta rivolta verso il cielo. Arrivato nel '500 dalle Americhe, ha trovato a Maiorca l'habitat ideale, diventando ingrediente fondamentale nelle specialità isolane, come il bollito maiorchino (bullit), l'arroz brut, le zuppe (sopas mallorquinas), il tumbet (una specie di ratatouille di verdure fritte in precedenza: melanzane, peperoni, zucchine...), le lumache, il fritto (frito mallorquín).
Soprattutto, il tap de cortí è indispensabile come conservante per la sobrassada, rosso salume ottenuto con l'ottima carne fornita dal porc negre mallorquí, e che prima della scoperta dell'America era bianco e assai più deperibile. Eppure stava sparendo dall'isola, il tap de cortí, scalzato dai più economici peperoncini coltivati nella Murcia. Poi nel 2009 Slow Food lanciò una campagna per salvarlo e coltivarlo, distribuendo gratuitamente 16mila piantine a giovani agricoltori e coinvolgendo persino detenuti e tossicodipendenti. Da allora a fine estate le facciate delle case di campagna sono tornate a rivestirsi di coreografiche enfilalls di peperoncini stesi a seccare al sole, annodati in serti a forma di elica.
3. UN EDEN PER LE DUE RUOTE
Non è un caso se Maiorca è scelta da tante squadre di ciclisti professionisti per gli allenamenti invernali, così come da tanti semplici appassionati per una vacanza sui pedali. Il clima mediterraneo, 1600 km di strade secondarie, dieci percorsi segnalati fra i 70 e i 120 km, oltre 200 hotel attrezzati per fornire ogni servizio ai bike lovers fanno dell'isola un paradiso ciclistico per chiunque.
Le strade della rocciosa Serra de Tramuntana, in particolare, esercitano un'attrattiva irresistibile: per certi versi sembra di scalare i ripidi tornanti delle Dolomiti, avendo però sullo sfondo l'azzurro del Mediterraneo e baie da cartolina. Fra le mete ciclistiche più ambite figurano il faro sulla punta dello spettacolare cabo Formentor, l'itinerario circolare fino al monastero di Lluc e i temibili 12 km di serpentine che scendono alla celebre spiaggia di Sa Calobra, con successiva risalita spaccagambe: sembra di inerpicarsi sullo Stelvio, non fosse che anziché la neve si ha davanti un lunare deserto roccioso.
4. ESCURSIONI PER TUTTI I GUSTI
Lontano dalla calda estate maiorchina, il clima temperato rende meno ostiche le escursioni e le arrampicate su percorsi che possono essere molto impegnativi. Sì, perché la scoscesa Serra de Tramuntana, salendo in breve dal livello del mare a vette anche di 1400 metri, è tutt'altro che da sottovalutare. Vietata per ragioni militari la vetta più alta dell'isola (il Puig Major, 1445 m), l'ascensione più remunerativa è quella al Puig Massanella (1365 m), sopra il quale spesso volteggiano coppie di buitre negro, il gigantesco avvoltoio monaco.
Il torrentismo, poi, qui è assolutamente di prima classe: il suo “Everest” è la discesa lungo il Torrent de Pareis, otto tormentati chilometri che si percorrono in non meno di sei ore, prima di sbucare sulla famosa spiaggia di Sa Calobra. Da affrontare con una guida locale e, comunque, essendo assolutamente certi che non ha piovuto e pioverà.
5. ARTE: MIRÓ, GAUDÍ E TANTO ALTRO
Solo a Maiorca puoi sorseggiare un aperitivo circondato da 33 quadri di Joan Miró. Accade nel Café Miró del lussuoso hotel Belmond La Residencia, a Deià, idilliaco villaggio che per il numero di artisti sta alla Serra de Tramuntana come Vence sta alla Costa Azzurra (immancabili i Walk & Talk Tours con cui la pittrice Cecilie Sheridan, partendo dalla galleria La Tafona all'interno dell'hotel, porta a scoprire gli atelier dei pittori che hanno scelto Deià come buen retiro). Miró, che aveva sposato una maiorchina, diceva che sull'isola “si trova la freschezza dei primi giorni della creazione”. Logico dunque che sue tracce (e quadri, e sculture...) qui si trovino ovunque.
A partire da Palma, dove è immancabile una visita alla Fundació Pilar i Joan Miró, con le sue seimila opere. Lavori del maestro sono pure nel museo d'arte moderna e contemporanea Es Baluard, che dal 2004 ha trovato spazio in un bastione delle fortificazioni cinquecentesche. Palma però, pochi lo sanno, è strettamente legata anche ad Antoni Gaudí, il visionario architetto della Sagrada Familia di Barcellona, e che qui concepì l'immaginifico baldacchino sospeso sopra l'altare della colossale Cattedrale che sfida in imponenza le navi da crociera attraccate lì davanti. Sulle orme degli allievi di Gaudí, infine, è di grande interesse andare a scoprire i notevoli edifici modernisti sparsi per il centro storico.
6. TRE SANTI DA CONOSCERE
Vai ad Assisi e non puoi ignorare san Francesco. A Padova per forza di cose hai a che fare con sant'Antonio. E a Maiorca? Pochi visitatori sanno di quei tre veneratissimi santi e beati che hanno permeato la mentalità locale. Eppure sono, per gli abitanti, tre giganti. Andiamo per ordine di apparizione. Il primo, il teologo, mistico, romanziere e poeta Ramon Llull (1232-1316), il Raimondo Lullo dei manuali liceali italiani, fu forse l'uomo più colto e geniale del suo tempo. Nella sua prima vita aveva ricchezze, moglie, figli, e inseguiva le donne sposate di Palma nella chiesa di Sant'Eulàlia; nella seconda vita scrisse 300 trattati su tutto lo scibile dell'epoca, concepì la rosa dei venti, compilò raccolte di proverbi ancora citatissimi, pose le basi della letteratura catalana, imparò un'infinità di lingue fra cui l'arabo, che gli serviva per convertire i musulmani. Non si possono ignorare dunque: la sua tomba che, nella basilica di Sant Francesc a Palma, è più visitata dell'attiguo, favoloso chiostro; la sua statua che sorveglia il lungomare di Palma; il Santuari de Cura, ovvero l'eremo sul Puig de Randa dove visse, da cui si ha una bella vista sull'isola di Cabrera.
La seconda è santa Caterina Tomàs, o Catalina Thomas (1531-1574), umile mistica che passò la vita in convento ma cui si attribuisce una serie infinita di miracoli, in vita e fino a oggi, tanto che per la sua festa non c'è mamma maiorchina che non sia orgogliosa di vestire i bambini con l'abito tradizionale. Il suo corpo incorrotto è esposto in un sarcofago di vetro nella chiesa di Santa María Magdalena, a Palma. La sua casa natale è invece tra i vicoli di Valldemossa, uno dei più bei borghi maiorchini, dove tutti i portoni hanno murata accanto allo stipite una colorata piastrella che riproduce un miracolo di santa Catalina. Il terzo santo è il missionario fra Junípero Serra (1713-1784), evangelizzatore della California a fondatore, fra l'altro, di San Francisco, San Diego, Santa Clara. Un museo lo ricorda nel suo villaggio natale di Petrà, nella pianura centrale maiorchina, mentre a Palma è impossibile non notare la statua lui dedicata davanti alla chiesa di Sant Francesc.
7. IL CANTO DELLA SIBILLA
Maiorca, nella lista del Patrimonio mondiale Unesco, non vanta solo la Serra de Tramuntana, perfetto esempio di paesaggio mediterraneo con i suoi muretti in pietra e terrazzamenti, villaggi e chiesette. No, c'è anche qualcos'altro di unico e assai prezioso, solo che va cercato nella lista del “Patrimonio culturale e immateriale”, dove l'Unesco lo ha ammesso nel 2010. È, detto alla catalana, il “Cant de la Sibil·la", un dramma liturgico medievale sulla fine del mondo paragonabile al Dies Irae di Iacopone da Todi e che ebbe enorme fortuna prima che il Concilio di Trento lo abolisse.
A Maiorca (come in parte ad Alghero) però si riuscì a tenerlo in vita, tramandando melodia gregoriana e vistosi costumi di generazione in generazione. E ancora oggi la vigilia di Natale tutte le chiese dell'isola si riempiono per commuoversi all'ascoltare un'argentina voce bianca intonare “El jorn del Judici, parrá qui haurà fet servici...”. Un'esperienza unica è riuscire a seguirlo nella cattedrale di Palma o nel santuario di Lluc, dove è cantato dai Blauets (il notissimo coro locale di voci bianche che ha almeno cinque secoli di storia) per quanto sia arduo raggiungere il livello eccelso della versione incisa dal compianto soprano Montserrat Figueras sotto la direzione del marito, il celebre musicista catalano Jordi Savall.
8. BIRDWATCHING, TRA RAPACI E FENICOTTERI
Dagli stagni di Es Trenc estraevano il sale già i fenici e i romani, sin dal IV secolo. a.C., ma oggi le vasche delle saline vicino alla Colonia de Sant Jordi si sono imposte come un'attrazione in sé, riuscendo a unire turismo e gastronomia, degustazioni e confezioni di sali assai trendy, marketing e... birdwatching! Il Salobrar de Campos, come lo chiamano gli ornitologi locali, è un esempio unico di come combinare attività industriale e conservazione della natura. I mesi fino alla primavera sono ideali per avvistare non solo i sempre presenti fenicotteri, ma anche gru, volpoche, cormorani, aironi guardabuoi, falchi di palude, falchi pescatori, ecc.
Maiorca del resto è un vero paradiso ornitologico. Tra i siti più famosi c'è il parco naturale di S'Albufera, 1700 ettari di paludi e lagune costiere dove svernano almeno 10mila uccelli e in cui capanni in legno consentono di osservare fino a 300 specie avicole. Sulle vette e gli altopiani della Serra de Tramuntana, specialmente attorno all'invaso artificiale di Cuber, volteggia invece un'infinità di rapaci, fra cui aquile del Bonelli, falchi pellegrini, aquile minori, falchi della regina, nibbi bruni e nibbi reali, oltre a quello che con quasi tre metri di apertura alare è il più grande uccello d'Europa, l'avvoltoio monaco, qui chiamato buitre negro. E là dove la Serra si tuffa in mare, vertiginose scogliere sono l'habitat preferito di uccelli marini come la berta delle Baleari e il gabbiano corso.
Altre idee che fanno di Maiorca una destinazione quattro stagioni? C'è solo l'imbarazzo della scelta. Visitare le Cuevas del Drach, le più famose grotte di Maiorca, senza sobbarcarsi le file estive. Fare una degustazione di vini maiorchini nelle cantine di Binissalem e di Santa María del Camí. Ah, sì, andare a vedere il pianoforte Pleyel originale di Chopin, nella cella numero 4 da lui occupata nella Certosa di Valldemossa, in realtà un grande appartamento con una bellissima terrazza. Insomma, Chopin e George Sand non l'avevano capito, ma a Maiorca si può stare molto bene anche d'inverno.
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