Quando viaggiare non è un’opzione praticabile per i motivi che tutti sappiamo ed è giusto fermarsi e stare in casa finché l’onda non sarà passata. E dalla poltrona del salotto, dalla sedia in balcone, dal comodo del proprio divano si può comunque continuare a muoversi con la mente mettendo in pratica quello che i britannici chiamano “armchair travel”, ovvero la lettura di libri di viaggio. Reportage che permettono una innocente evasione in compagnia di chi è partito per saziare la sua curiosità o lo spirito d’avventura ed è tornato per raccontarlo. Racconti di prima mano di mondi lontani e diversi, esperienze ricche di passione, empatia e divertimento spesso in zone periferiche che magari mai visiterete, ma che stuzzicano fantasia e voglia di scoprire. E poi, chi lo sa, non è detto che a emergenza finita, non si decida di partire con un libro sotto braccio per visitare i luoghi di cui si è letto in questi giorni….

Ecco la seconda tappa.
Il semplice andare da un luogo A al luogo B può essere un fine in sé e non un mezzo se l'ambiente che si attraversa asseconda il movimento. L'Islanda lo fa. Questa riflessione fa capolino nelle prime pagine di Tutta la solitudine che meritate (Quodlibet Humbolt, pagine 184, 19 €), un reportage dall'Islanda scritto da Claudio Giunta, docente di letteratura italiana all'Università di Trento, e fotografato da Giovanna Silva. Un libro di viaggio riuscito (con un ricco Dossier conclusivo, con indirizzi e altre storie interessanti, quasi fossero i bonus in coda ai dvd) che torna a battere una strada, quella del resoconto ben scritto e ben meditato accompagnato da fotografie non scelte a caso ma scattate mentre si compiva il viaggio di cui si racconta nel testo, che sembrava persa per sempre. Almeno a sentire alcuni catastrofisti pronti a dichiarare la fine di tutto e tutti, pur di certificare il trionfo del digitale e dei blogger in viaggio.
Bene, che senso ha scrivere ancora di viaggi oggi che tutti girano il mondo e nessun luogo può dirsi inesplorato? Ha senso, molto senso. Perché è assolutamente vero che ci sono più cose in cielo e in terra di quante se ne sognino nelle varie filosofie. E in un posto apparentemente vuoto come l'Islanda ce ne sono ancor di più. Solo che non appartengono alla casistica degli incontri incredibili e avventurosi cui siamo abituati in certe cronache di mirabolanti peripezie. Appartengono piuttosto alla categoria delle visioni emozionanti, delle situazioni surreali, degli incontri fortuiti.
Perché in Islanda si fa un'esperienza assai inconsueta, di certo in Italia, ma quasi ovunque nel mondo: la solitudine. Tre virgola due abitanti per chilometro quadrato sono davvero pochi. Anche perché metà dei 320mila islandesi vive nella capitale, Reykjavik, per cui nel resto dell'isola capita di non incontrare nessuno per ore e chilometri. Perdendosi in un paesaggio che acuisce il senso di solitudine per via della sua vastità che non incontra ostacoli. Non ci sono alberi, in Islanda. Solo vento e lava, ghiacciai e geyser. Un paesaggio minimal che sembra rispecchiarsi nei libri, nella musica, nella produzione culturale islandese che tanto affascina. Perché se uno ci pensa è ben strano che un Paese tanto piccolo e tanto remoto abbia così tanta influenza in un certo panorama culturale, forse di nicchia, forse giovanile, ma di sicuro ben nutrito. Però una generazione di musicisti che parte da Bjiork e passa per i Sigur Ros ha portato l'Islanda sulla mappe culturali del mondo e ha contribuito a creare una fascinazione verso le solitudini di quest'isola in mezzo al Nord Atlantico.
Un'isola che non ha un esercito, ma solo una guardia costiera. Con una sola grande strada, la Route I, che fa il periplo attraversando valli di lava e fiordi desolati. Un'isola dove sulle mappe sono segnati le singole case, i benzinai e qualunque altra presenza umana. Presenza che rappresenta un'eccezione nel paesaggio, come ben racconta Giunta e come emerge dalle fotografie di Giovanna Silva: tranne che in uno scatto, non si vede mai nessuno. Quell'unico scatto animato ritrae islandesi che si scaldano in una piscina naturale piena di acqua calda. Piscina in cui ci si troverebbe bene a leggere Tutta la solitudine che meritate. Perché un buon libro di viaggio è un libro che si fa tante domande e fornisce qualche risposta, ma tante le lascia inevase: stimolando quella curiosità di andare a vedere per trovare un'altra, personale, risposta. E questo lo è. 
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