Pensi alla Norvegia e subito ti vengono in mente immensi fiori e boschi a perdita d'occhio, la neve, l'aurora boreale, i salmoni. Difficilmente ti viene in mente Oslo, una capitale di cui in effetti non si sa molto, di certo non abbastanza. Il 2013 allora potrebbe essere l'anno giusto per visitare la capitale norvegese. E non solo perché nel 2013 si festaggiano con un ricco programma di mostre e avvenimenti i 150 anni dalla nascita di Edvard Munch, forse il più importante e conosciuto artista norvegese.

Oslo infatti in questi ultimi anni si è data da fare per cambiare il suo volto e riavvicinarsi al mare, grazie anche all'apertura di un nuovo museo d'arte moderna Astrup Fearnley, nel quartiere di Tjuvholmen, firmato da Renzo Piano, di una nuova Opera nazionale e di tante gallerie, ristoranti e musei che hanno rivitalizzato la zona del porto e l'intera area di Aker Brygge. Le novità di Oslo ce le racconta Elisabeth Ones, direttore dell'Ente del turismo norvegese in Italia, che abbiamo incontrato durante l'ultima Bit, la Fiera internazionale del turismo di Milano.

Per maggiori informazioni: www.visitnorway.com/it

Ne sono nate decine di progetti che hanno cercato di cambiare il volto alla città e di risollevarla. Così tre anni fa è stata inaugurata la prima biennale di arte contemporanea, si chiama Prospect New Orleans e ha portato in città decine di artisti da tutta America, molti ne hanno approfittato per fermarsi. Mentre nomi famosi si sono spesi per finanziare progetti e iniziative. Così Brad Pitt si è mosso con la fondazione Make it Right per recuperare e trasformare le case del Lower Ninth Ward; mentre la Music Rising Foundation di The Edge, il chitarrista degli U2, ha donato migliaia di strumenti ai musicisti della città (che sono migliaia e sono una delle anime di Nola) per continuare a comporre e suonare. La Sweet Home New Orleans invece ha ricevuto donazioni da artisti di mezza America per mantenere vive le tradizioni musicali della città e dare una casa a chi l’aveva persa. Azioni mirati con effetti concreti.

E il contributo degli artisti non è stato solo economico. Molti si sono dati da fare per non far calare l’attenzione su quel che era successo. Così Dave Eggers ha scritto un libro, Zeitoun, dedicato alla città. Racconta la storia di Abdulrahman Zeitoun, un americano di origini siriane, benestante e padre di quattro figli, decise di sfidare la tempesta e di restare, per proteggere la propria casa e l’attività lavorativa, ma poche giorni scomparve, fermato perché sospettato di terrorismo per via della sue origini. I proventi del libro (in Italia edito da Mondadori) sono stati destinati alla Fondazione Zeitoun per ricostruire la città.

Certo, non è tutto oro quello che accade a New Orleans. Un anno dopo l’urgano la popolazione della città era diminuta del 52%, oggi il numero degli abitanti è salito a quasi l’80%  del pre-Katrina, ma è cambiata (e molto) la sua composizione sociale. Almeno un quinto degli abitanti (in genere le classe più povere che abitavano nei quartieri più poveri a ridosso delle dighe) sono stati deliberatamente allontanati dalla città con la scusa di trovargli una sistemazione sicura e difficilmente torneranno. In compenso sono arrivati centinaia di nuovi neworleaners con un profilo decisamente diverso: istruiti, giovani, con mezzi e risorse economiche. A loro si sono aggiunti tanti stranieri, anche loro fanno parte della scommessa. Detto questo, interi quartieri sono ancora da ricostruire, decine di imprese hanno chiuso per sempre. Però, assieme a tante cose che non vanno c’è un forte senso di speranza nella gente che continua a rianimare New Orleans.

Quando questa primavera la marea nera che ha invaso il golfo del Messico ha investito la città e azzerato tutte le sue attività marinare si è pensato al colpo finale. Ma forse ha ragione il mensile americano Good, neanche questo fermerà New Orleans. “Perché se gli ultimi anni hanno detto qualcosa, hanno detto che qualunque cosa succeda New Orleans si rialzerà ogni volta, ad ogni colpo”.