Mettetevi la mano sul cuore: che cosa fareste voi se l’uomo che ha guidato il vostro Paese dall’indipendenza dopo solo 30 anni ininterrottamente al governo decidesse di rassegnare le sue dimissioni? Il minimo che si possa fare per rendergli omaggio è dedicargli una città, anzi, la città, la capitale. È quello che è appena successo in Kazakistan, dove il 78enne presidente Nursultan Nazarbayev ha rassegnato le dimissioni dopo essere stato in carica dall’indipendenza, nel 1990. Anche se, a voler cercare il pelo nell’uovo, il buon Nazarbayev era già al potere prima della caduta dell’Urss come primo segretario del partito comunista della Repubblica socialista sovietica kazaka.

A lui è stata dedicata la capitale Astana, che dal 21 marzo ha preso a chiamarsi Nursultan. Le dimissioni di Nazarbayev sono giunte a sorpresa visto che il mandato presidenziale sarebbe scaduto nel 2020 dopo che per la quinta volta di fila, nel 2015, era stato ri-eletto con il 97,75% delle preferenze.

Un uomo amato nel suo Paese, non c’è che dire: al punto che alle ultime elezioni anche il candidato delle opposizioni la sera dello scrutinio nel complimentarsi con lo sfidante vittorioso aveva candidamente ammesso di aver votato per lui. Solo così si spiega perché la capitale all’indomani delle dimissioni il presidente ad interim, Kassym-Jomart Tokayev, come primo gesto ha proposto di cambiare il nome della capitale Astana ribattezzandola Nursultan, in onore del suo illustre predecessore. Una decisione che con solerzia tutta ex sovietica è stata immediatamente votata dal Parlamento ed è diventata legge esecutiva.
Astana, che in kazako con grande fantasia vuol dire “capitale” e prima ancora si era chiamata Akmola (dal 1991), Celinograd (in epoca sovietica) e Akmolinsk (all’epoca della sua fondazione, nel XVIII secolo) era diventata la sede del governo nel 1997. Un progetto faraonico: trasformare un villaggio nella steppa in una metropoli globale. Missione riuscita, anche perché Nazarbayev aveva trasferito a forza tutti i ministeri con il personale annesso, e aveva investito miliardi di dollari di Stato per la costruzione di palazzi fastosi convocando nel cuore della steppa i migliori nomi dell’architettura mondiale. Così per esempio il Palazzo della Pace e della Riconciliazione – che contiene luoghi di culto per i diversi credi, visto che il Paese è stato per anni ufficialmente ateo – è stato progettato da Norman Foster; mentre l’architetto italiano Manfredi Nicoletti ha progettato la Kazakstan Ortalyk koncert zaly, la cui forma ricorda un petalo. Ma forse il palazzo più curioso della città è l’Ak Orda che ospita gli uffici del presidente il quale si è fatto costruire una immensa sala a forma di urta – la tradizionale tenda locale – di marmo e granito, e una surreale sala d’oro dove il presidente era solito incontrare gli altri capi di stato.
Tutto finanziato dagli immensi proventi petroliferi che hanno fatto la fortuna di Nazarbayev, della sua famiglia ma anche del Kazakistan, perché – va detto – in 29 anni di governo il presidente ha comunque modernizzato il Paese e ha redistribuito almeno una parte della ricchezza. Anche se certo, non ha mai brillato per aperture democratiche e per tolleranza verso il dissenso, imprigionando giornalisti e oppositori.
Cambiare nome a una città non è certo una novità kazaka, solo che di norma negli ultimi decenni si è fatto il contrario: sono stati eliminati i nomi che si riferiscono a re, regine, colonizzatori e dittatori vari per adottarne altri più geografici o storici, insomma: neutri. È il caso dalla capitale del Mozambico, ribattezzata Maputo dopo l’indipendenza mentre prima si chiamava Lourenço Marques, come un navigatore portoghese. O ancora Stalingrad, divenuta Volvograd all’indomani della scomparsa di Stalin, nel 1953. E, di recente, un centinaio di città indiane per cui sono state scelti nomi meno coloniali, così Bombay è diventata Mumbai e Calcutta Kolkata. Stessa come in Birmania, dove addirittura il Paese è stato rinominato Myanmar, mentre la capitale ha perso il suo nome coloniale di Rangoon per ridiventare Yangoon.
Anche in Italia alcuni piccoli paesi hanno cambiato nome, legandosi in qualche modo a illustri cittadini, come Grinzane Cavour o Castagneto Carducci, ma in confronto al cambio di Nursultan/Astana sono semplici, "dilettanteschi" omaggi.