Passione Italia. A fronte del forte momento di difficoltà che il Paese sta attraversando e per ricordarci tutti insieme che possiamo essere uniti anche a distanza, il Touring ha lanciato Passione Italia, una campagna per promuovere il territorio italiano e le sue bellezze. Un invito a tutti a “viaggiare da casa”, per scoprire e riscoprire ciò che ha da offrire il nostro Paese, semplicemente dal computer o smartphone. Scoprite tutti i contenuti sulla sezione dedicata del sito e sui nostri canali social. E contribuite alla mappa della bellezza con #passioneitalia #mappadellabellezza.     
 
Forse non sara il tempo della ricostruzione, ma quello della rinascita sì. Sospesi tra quello che facevamo e quello che potremo fare, possiamo dedicarci con passione a ravvivare quello che c’è già, che in Italia significa curare un patrimonio di bellezza senza pari al mondo. Di qui in avanti avremo l’occasione di ripensare il nostro modo di viaggiare, rallentando per riconoscerci nel nostro paesaggio, riscoprendo anch’egli angoli più remoti della penisola. 
 
Sì, ma come? Se le regole che dovremo seguire sono quelle del distanziamento e se la maggior parte degli alberghi potranno accogliere non più della metà della loro normale capienza; se non abbiamo una seconda casa e se non potremo muoverci disinvoltamente sui mezzi pubblici. Una risposta si chiama “Albergo diffuso”, qualcosa che molti hanno sentito nominare, ma che ancora non si riesce a mettere a fuoco. 
 
Santo Stefano Sessanio, L'Aquila / foto Sextantio
 
COS’È DAVVERO UN ALBERGO DIFFUSO                                           
Un albergo diffuso è un albergo che non si costruisce, ma che nasce mettendo in rete case che già c’erano. Spesso gli alberghi diffusi nascono in piccoli o minuscoli borghi storici, qualcuno quasi inabitato. Quella che anche un giornalone come il Times ha definito come “trovata semplice e al tempo stesso geniale” è nata in Italia, e dopo un evento terribile come un terremoto. Analogie con l’oggi... pensiamoci.
 
Il sisma è quello che nel 1976 ha segnato il Friuli, e negli anni '80 arriva l’idea di riconvertire all’ospitalità case e borghi disabitati della Carnia. Nel 1982 nasce il progetto pilota Comeglians, portato avanti da un gruppo di lavoro che si avvaleva della consulenza di Giancarlo Dall’Ara, di fatto l’ideatore di questo modello di ospitalità. Ma solo negli anni '90 si è arrivati a capire bone di cosa parliamo ancora oggi. Così, in coda al progetto del piano di Sviluppo Turistico di Marghine Planargia, in Sardegna, sono nati a Bosa e a Santulussurgiu i primi veri “Alberghi diffusi”, con edifici vicini tra loro, e la possibilità per gli ospiti di avere garantiti tutti i servizi alberghieri, compresi gli spazi comuni. 
L'albergo diffuso di Comeglians / foto alpifvg.it 
UN'OCCASIONE DI RILANCIO
In Italia si contano oggi un centinaio di realtà certificate, tutte federate sotto il cartello dell’Associazione Alberghi Diffusi. E oggi l’occasione per vederne nascere molti di più è diventata una priorità, “nella volontà di prendere un’altra via rispetto al turismo di massa il modello del borgo diffuso è un’alternativa concreta su cui investire con decisione soldi, energie e intelligenze”. A parlare è Teresa Cremona, che si occupa di accoglienza da una vita e da molti anni collabora con il Touring Club Italiano, curandone pubblicazioni storiche come la Guida Alberghi e Ristoranti d’Italia, in cui gli Alberghi diffusi trovano sempre più spazio. 
Teresa Cremona, c’è un nesso tra 1969 e 2020? Tra allora e oggi?
La Regione del Friuli Venezia Giulia ha ristrutturato le case dopo il terremoto del '69, e da quella tragedia sono nati i primi modelli di borghi diffusi. Ora che ci apprestiamo ad affrontare una grave crisi economica e del settore turistico, più che mai si può reagire stringendo la relazione tra borgo storico e albergo diffuso. In Italia esiste una trama molto fine fatta di piccoli e piccolissimi centri, dalla storia antica quanto interessante, che esprimono ricchezze artistiche e architettoniche, e spesso questi contesti sono immersi nella natura dell’entroterra alpino o appenninico. Un patrimonio che non possiamo ignorare. 
Teresa Cremona all'ingresso dell'Albergo diffuso Yakage, in Giappone

Crisi, distanziamento sociale, divieto di assembramento, limiti di spostamento. Sono concetti che intimoriscono chi vuole solo pensare a una vacanza. L’albergo diffuso può essere una soluzione?
Il mio ragionamento guarda a questo particolare momento in cui le economie individuali e delle famiglie sono in sofferenza. Ma può valere sempre. In un piccolo borgo si spende di meno, si riceve una accoglienza più accurata, si mangia meglio e a chilometro zero e si può godere di un rapporto autentico con la natura. Un primo aspetto interessante riguarda la possibilità di decongestionare i flussi turistici. In un borgo si può andare tutto l’anno, anche per periodi brevi o molto brevi, che sia in primavera o durante la vendemmia, per uno stage di yoga o per un corso di cucina, sta a chi investe in queste realtà esaltare le specificità. Inoltre un soggiorno in un albergo diffuso può coniugarsi con il controllo sanitario. Di solito si abitano appartamenti e quindi sono occupazioni individuali di una realtà abitativa che ogni nucleo familiare gestisce in modo indipendente. Infine il distanziamento sociale è più praticabile in contesti minori, poco affollati e spesso attorniati da grandi spazi dove poter praticare sport, o semplicemente fare un’uscita in bicicletta, o una passeggiata.

Un passeggiata a cavallo dall'albergo diffuso Sotto le Stelle, a Picinisco (Fr) / foto www.sottolestellepicinisco.it
Ci sarà una possibilità che chi investiva in un modello alberghiero tradizionale pensi a una conversione della sua attività in una accoglienza “diffusa”, magari fuori dalle rotte turistiche consuete?
Può darsi. Di sicuro siamo in tempi prematuri per poterlo valutare. Ora vedo come indispensabile che gli albergatori, e in genere chi si occupa di ricettività, facciano rete e siano supportati a dovere dalle istituzioni. Si parla moltissimo di cultura e meno di turismo. Serve un tavolo condiviso tra albergatori e istituzioni per programmare un rilancio.
 
Possiamo copiare in casa d’altri?
Dovremmo, lo scorso anno ho visitato il borgo di Yakage, in Giappone e sono rimasta sorpresa. È vero che il Giappone ha importato da noi il modello di albergo diffuso, ma l’ha implementato sostenendolo con investimenti e servizi pubblici, e soprattutto con una legislazione coerente, cosa che in Italia mi auguro avvenga al più presto, soprattutto considerando la sfida che abbiamo davanti. In Italia abbiamo un patrimonio di borghi storici che stanno soffrendo di depauperamento e abbandono, non dimentichiamolo. Come non dimentichiamo di citare realtà di eccellenti italiane, gestite da giovani intraprendenti, come l'Albergo diffuso di Scicli o il Sottolestelle a Frosinone. 
 
Uno dei progetti fiore all'occhiello del Touring è proprio legato ai piccoli borghi eccellenti dell'entroterra italiano: Bandiere arancioni ne ha certificati a oggi 247. Che ruolo potrebbe avere l'associazione in questa rinascita?
Il Touring Club Italiano non deve perdere l’occasione di affiancare chi imprende in questo senso. Il Touring ha il potenziale per individuare queste specificità e farle emergere. È una vocazione alla valorizzazione del patrimonio turistico che l’associazione deve rimettere dal centro della sua azione.
Una colazione nell'albergo diffuso di Scicli / foto sciclialbergodiffuso
INFORMAZIONI E WEB
- Scopri di più sul sito dell'Associazione nazionale Alberghi Diffusi.
- Scopri di più sull'iniziativa Bandiere arancioni e sui 247 borghi certificati sul sito di Bandiere arancioni
- La selezione e le recensioni degli Alberghi diffusi in Italia è nella guida Alberghi e Ristoranti d'Italia 2020. Acquistala scontata senza spese di spedizione sul nostro store on line!