La montagna è un bene comune e per definizione tutti hanno il diritto di goderne e tutti hanno il dovere di preservarla. Il principio è condiviso, ma si sta incrinando in una tendenza preoccupante.
L’ultimo campanello d’allarme arriva da Oltralpe. Il 4 settembre, nel Comune francese di Annecy (Alta Savoia, ai piedi del Monte Bianco) si sono incontrati Jean Marc Peillex, sindaco di Saint-Gervais (Francia), il prefetto dell’Alta Savoia, le Guide Alpine, il CAF (Club Alpino Francese). Sul tavolo una ipotesi che scuoterebbe il mondo dell'alpinismo: la possibilità di regolamentare la salita al Monte Bianco dalla via "normale" dell’Aiguille du Goûter.
L’ipotesi sarebbe di dotare di un talloncino gli alpinisti, che non dovrebbero superare le 214 unità al giorno. Il numero non è frutto di particolari calcoli, ma corrisponde esattamente ai posti letto del rifugio del Goûter, di solito l’ultima tappa per provare a salire in vetta dal versante francese.

Il rifugio del Goûter - foto Thinkstock
 
LE REAZIONI, DA MESSNER A BARMASSE
Le reazioni dal mondo dell’alpinismo non si sono fatte attendere. La prima è quella di Hervé Barmasse: 40 anni, alpinista di professione, istruttore di guide sul Cervino, ma anche scrittore, fotografo e allenatore federale di sci. Insomma una voce da ascoltare: “Vietare l’accesso alle montagne significa togliere la libertà. Il sindaco di St-Gervais esulta, ‘giornata storica’. Ma è la più triste nella storia dell’alpinismo”.
Alla rivista web montagna.tv Barmasse spiega le sue ragioni “(…) Una giornata triste per l’alpinismo da qualsiasi punto di vista la guardiamo. Se il sindaco di St-Gervais arriva ad una scelta così drastica è perché anche dove l’aria è più sottile la brutalità, la maleducazione e l’inciviltà di alcune persone hanno raggiunto un limite intollerabile. (…) I divieti non servono a far cultura della montagna, ma a lavarsene le mani quando le cose diventano ingestibili e non si ha voglia di investire in informazione e prevenzione. Inoltre togliere la libertà di frequentare la montagna, che è un bene comune, e appartiene a tutti coloro che la rispettano e la amano, è un attacco ai valori dell’alpinismo”.
 
Alla voce di Barmasse fa eco quella di Reinhold Messner. “Il problema è che c’è troppa gente sul Monte Bianco e poi c’è anche un passaggio pericoloso (il Gran Couloir, ndr)" ha commentato all’Agenzia Ansa. "È difficile che senza un’organizzazione queste masse possano essere controllate".
L'alpinista e scrittore Hervé Barmasse
COS’È LA VIA NORMALE FRANCESE  
Per raggiungere la cima del Bianco sono quattro le vie percorribili da escursionisti esperti. Una italiana, dal rifugio Gonnella, e tre francesi. La via normale francese più breve raggiunge la cima dal rifugio del Goûter, passando per la cresta delle Bosses. Quest'ultima è molto trafficata, ma è però solo in apparenza la più agevole. Perché sulla via della vetta c’è l’attraversamento del Gran Couloir, un canalone dove è frequente la caduta di massi, in parte dovuta allo scioglimento dei ghiacci e in parte per i movimenti di altri alpinisti impegnati su altre vie.
 
Molti esperti alpinisti la sconsigliano e già da molto tempo. Devies ed Henry nella guida Vallot “La chaine du Mont Blanc” la definiscono "Uno dei luoghi più "assassini" delle Alpi, facile ma pericoloso ed esposto ... molto esposto alle cadute di pietre". Mentre Pier Mattiel, guida valsusina d’alta montagna del gruppo Altox, ne spiega meglio i pericoli quando afferma al sito club4000.it: “Io personalmente cerco di non farla mai in salita, non solo per il Grand Couloir ma anche per il rifugio. (…) È insopportabile trovarsi in 200 su di un terrazzo di meno di 100 metri quadri a 3800 metri, per non parlare del cibo, dell’impossibilità di dormire a causa dell’affollamento”.  
Anche i cambiamenti climatici non sono dalla parte della Via Normale Francese. Il Grand Couloir infatti ha sempre meno ghiaccio e per molti più mesi. Ed era proprio il ghiaccio a trattenere molti dei massi che cadono con sempre maggiore frequenza nel canalone. A confermare i rischi dovuti al surriscaldamento è anche Elena Motta, della fondazione Montagna Sicura, che in un servizio di Internazionale dedicato al Monte Bianco del 5 settembre scorso afferma “i pendii saranno più instabili, visto che il permafrost, lo strato di ghiaccio permanente, cederà. È più probabile che si verifichino frane e valanghe”.
Il tratto sempre più pericoloso del Couloir du Goûter, sulla Via Normale Francese
IL PROGETTO ADAPT MONT-BLANC
A superare la contesa sugli accessi liberi o condizionati alla Via Francese potrebbe contribuire il progetto di cooperazione AdaPt, Mont Blanc, condiviso tra Italia e Francia, dove Adapt sta per l’Adattamento della pianificazione territoriale ai cambiamenti climatici nell’Espace Mont-Blanc. Gli attori in campo per il triennio 2017-2020 sono RAVA Dipartimento ambiente (capofila), RAVA Struttura pianificazione territoriale, Comune di Courmayeur, Communauté de Communes Vallée de Chamonix Mont-Blanc, Centre National des Recherches Scientifiques Lab. Edytem di Grenoble, Canton du Valais.
Il primo obiettivo di Adapt riguarda proprio la gestione del rischio valanghe perché la fusione del permafrost (lo strato di ghiaccio più profondo e antico) sommato ad eventi atmosferici improvvisi e di grande forza aumenta il rischio di slavine. Il secondo è quello di gestire il sempre maggiore afflusso di escursionisti in quota, che purtroppo spesso non hanno esperienza e cultura di alta montagna, esponendosi a rischi di incidenti, spesso dalle conseguenze mortali. Vedremo se arriveranno misure concrete.
Il Monte Bianco dal Dome du Goûter, sul confine tra Italia e Francia / foto Valledaostaglocal