E' un giardino davvero speciale, quello creato presso la Villa dei Quintili sull'Appia, a Roma e inaugurato venerdì 27 settembre alle 11. Perché l'idea di piantare 20 alberi nati per talea dai patriarchi verdi sparsi dalle Alpi alla Sicilia è bella e simbolica allo stesso tempo: tanto che il giardino è stato chiamato "dei patriarchi dell'unità d'Italia", proprio a evidenziare il messaggio di coesione e di unione portato dagli alberi. 

Tutto è nato grazie all'Associazione Nazionale Patriarchi d'Italia, che a Forlì ha costituito un vivaio con oltre 10mila talee dei patriarchi più significativi censiti finora. L'associazione ha già realizzato vari parchi e giardini in Emilia Romagna, ma è la prima volta che l'idea viene portata in un contesto nazionale. Si è deciso di scegliere un albero per regione, privilegiando quelli da frutto o di utilità economica: olivi plurisecolari, viti millenarie, meli, ciliegi, peri e cotogni. Che si spera cresceranno forti e vigorosi come i loro gemelli (le giovani piantine messe a dimora non sono infatti i figli bensì i “gemelli” dei gradi patriarchi: per questo si può considerare il giardino una vera e propria "banca del germoplasma" degli alberi da frutto più significativi d’Italia). Tra i 20 alberelli, sono state piantate siepi di specie autoctone come ginestra, sanguinella, alaterno. 

Il progetto, che ha ricevuto l'adesione del presidente della Repubblica, è stato realizzato grazie alla collaborazione fra la Soprintendenza speciale per i Beni archeologici di Roma, l'Arpa EmiliaRomagna, il ministero dell'Ambiente, l'Ispra e il Comitato per la Bellezza, con il patrocinio della Regione EmiliaRomagna.

Per i più curiosi, ecco l'elenco degli alberi più vecchi o significativi presenti nel giardino dei Patriarchi dell’Unità d’Italia, uno per ogni regione che sono stati messi a dimora - ogni pianta è contrassegnata da un apposito pannello che riporta i dati biometrici della pianta, il luogo dove si trova, le caratteristiche agronomiche e un messaggio ecologico finalizzato alla sensibilizzazione dei visitatori ai temi ambientali in genere. Sul pannello sono riportate anche la foto della pianta madre da cui è stato ricavato l’innesto e la foto del relativo frutto. 

Valle d’Aosta: pero di Brusson (il pero più grande e vecchio della Val d’Aosta)

Piemonte: melo PUM dal Bambin (uno dei meli più grandi del Piemonte)

Liguria: olivo di San Remo millenario (l’olivo più vecchio della Liguria)

Lombardia: ciliegio di Besana in Brianza (forse il ciliegio selvatico più grande d’Italia)

Trentino Alto Adige: melo di Fondo (il melo più vecchio d’Italia e forse d’Europa)

Friuli Venezia Giulia: melo di Campone (il più grande del Friuli, 150 anni)

Veneto: olivo di San Vigilio (olivo millenario sulle rive del Garda)

Emilia Romagna: cotogno antico di Faenza (fra i più vecchi d’Italia, produce frutti quasi privi di tannino che si mangiano come mele)

Toscana: corniolo di Montieri (fra i più grandi d’Italia)

Marche: olivo di Campofilone (fra gli olivi più vecchi delle Marche)

Umbria: noce di Poggiodomo (il più grande d’Italia, di oltre 5 metri di circonferenza)

Abruzzo: fico Reginella di Bucchianico (antica varietà locale)

Molise: olivo di Venafro (millenario, coltivato già in epoca romana)

Lazio: melograno di Roma (San Giovanni in Laterano, fra i più vecchi d’Italia)

Campania: vite di Taurasi (vite plurisecolare e di dimensioni enormi)

Puglia: fico di Otranto (varietà autoctona, fra le più antiche)

Basilicata: olivo maiatica di Ferrandina (olivo millenario, il più vecchio della Basilicata)

Calabria: vite di Mantonico di Bianco (vitigno risalente all’epoca magno-greca)

Sicilia: vite di Corinto Bianco (portato in Italia dai Greci oltre 2000 anni fa)

Sardegna: olivo di Luras (3800 anni, il più vecchio d’Europa 13 metri di circonferenza)