Questo è un libro particolare. Anzitutto, non è semplice da leggere, tutt’altro. È doloroso, a tratti insostenibile. Ancora di più avendo presente che i racconti che lo costituiscono sono storie vere: testimonianze di luoghi e fatti reali, o narrazioni ispirate da fatti e luoghi autentici. I luoghi in cui da 40 anni opera Medici senza frontiere, e per i quali la onlus internazionale chiede prima di tutto Dignità!, come il titolo di questo libro pubblicato da Feltrinelli (252 pagine, 15 euro; parte del ricavato andrà devoluto a MsF). “La nostra speranza è che attraverso questo libro storie imprigionate dalle emergenze umanitarie, dalla povertà, dall’ingiustizia, dalla mancanza di accesso alle cure, possano uscire da quel cono d’ombra in cui troppo spesso vengono rinchiuse dalla nostra indifferenza - ha spiegato alla presentazione Kostas Moschochoritis, direttore generale di MSF Italia.

Era già successo tre anni fa, con Mondi al limite, che MsF riunisse un gruppo di scrittori invitandoli a raccontare con i loro occhi e la loro penna una delle tante realtà in cui la onlus opera nel mondo. Anche allora alcuni avevano scelto la formula del taccuino di viaggio, altri quella del racconto. E anche allora era stato difficile leggerlo. Come oggi è difficile, soprattutto in un periodo di festa come questo, leggere gli orrori che accadono nel mondo quotidianamente, a una manciata di ore di volo da noi. Una distanza rassicurante, egoisticamente parlando. Ma se Paolo Giordano (l'unico italiano) è andato fino in Bangladesh, Catherine Dunne in Sudafrica, il Nobel 2010 per la letteratura Mario Vargas Llosa nel Congo martoriato dalla guerra e dagli stupri, Eliane Brum in Bolivia, per citarne solo alcuni, è stato per raccontare a noi quello che hanno visto, il male ma anche il bene che Msf e altre onlus piccole e grandi compiono quotidianamente. Loro sono andati di persona, noi possiamo andarci con il pensiero, leggendo le loro testimonianze e sostenendo l'associazione.

“Aderire a questo progetto mi ha permesso di visitare una parte del mio Paese che non conoscevo, il Nagaland, nel Nordest dell’India”, racconta Tishani Doshi, scrittrice, poetessa e giornalista indiana, autrice del racconto Un paese di nome Mon. “Ciò che mi ha più colpito è stata la totale iniquità rispetto al Sud: vi sono zone senza acqua e corrente elettrica, non è possibile neanche conservare i vaccini.” Altre testimonianze degli autori sono disponibili online.

Segnaliamo poi che giovedì 15 dicembre a Torino, in via G.B. Bellezia 8, l’associazione culturale Ferramenta  e il ristorante Sibiriaki ospitano due letture teatrali di brani del libro, alle 19.30 e alle 21.30, alla presenza di un responsabile e un operatore umanitario di Medici senza Frontiere. Anche questo è un invito a colmare quella distanza rassicurante. Lasciamoci spaventare, sentiamoci anche noi nell’obbligo di restituire a uomini, donne, bambini, la dignità cui hanno diritto.