Un lockdown nel lockdown. Non è un gioco di parole, è l’epilogo che si vorrebbe evitare nelle zone appenniniche tra Piemonte e Liguria e nei Parchi regionali naturali del Beigua e dell’Antola, dove in queste prime settimane di gennaio sono stati individuati dei casi di peste suina. Una malattia che non colpisce direttamente l’uomo, che potrebbe però essere vettore inconsapevole attraverso oggetti e superfici, veicolando il virus da un ambiente selvatico agli allevamenti di suini domestici.
Andiamo per ordine. Tra Ovada e Franconalto, in provincia di Alessandria, e nei pressi di Isola del Cantone, nel Genovese, sono state trovate le carcasse di sette cinghiali, la cui morte è stata attribuita a infezioni provocate da un ceppo virale che dal 2007 circola in Europa orientale e che ha fatto la sua ricomparsa nel 2014 nelle Repubbliche Baltiche, prima di diffondersi anche in Belgio e in Germania.
Come detto, la malattia (endemica nell’Africa sub-sahariana) è incurabile per gli animali e potenzialmente devastante se si verificasse una trasmissione dagli ambienti selvatici agli allevamenti. Le attività dell’uomo in quelle zone potrebbero quindi favorire “il salto”, portandosi dietro il virus dai boschi agli allevamenti, innescando una reazione a catena che fermerebbe le esportazioni di carne verso i Paesi che non fanno parte dell’Unione Europea e causerebbe la sospensione delle esportazioni di carne prodotta nelle aree di contagio verso i Paesi dell’Unione Europea (Confagricoltura ha detto che Cina, Giappone, Taiwan e Kuwait hanno già sospeso in via precauzionale le importazioni di carne dall’Italia).
+Val Gargassa, Parco del Beigua / Foto Shutterstock
A provare a mettere un primo argine è stato lo scorso 13 gennaio il ministro della Salute, d’intesa con il ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali, con un’ordinanza che sta facendo molto discutere.
I dicasteri hanno infatti definito una “zona infetta” in cui vigeranno divieti stringenti: “È consentita la caccia unicamente diretta al contenimento della popolazione di cinghiali, e sono proibite la raccolta dei funghi e dei tartufi, la pesca, il trekking, il mountain biking e le altre attività che, prevedendo l’interazione diretta o indiretta con i cinghiali infetti o potenzialmente infetti”. Un vero e proprio lockdown, visto che l’ordinanza rimarrà in vigore per i prossimi sei mesi, rischiando di portare al collasso un settore turistico che pagherebbe un prezzo altissimo per scongiurare un danno economico all’industria della carne.
Nordik walking nel Parco del Beigua
Le prime risposte dal territorio non si sono fatte attendere. Il presidente di Federparchi Liguria, Roberto Costa ha lanciato l’allarme inviando una nota alle autorità nazionali e regionali: “Si è giunti ad una situazione critica per il dilagare a macchia d'olio della presenza dei cinghiali sul territorio – spiega Costa - per una confusione di fondo fra l'attività venatoria, peraltro pienamente legittimata dalle normative nazionali, ma da considerarsi attività prettamente ludico-sportiva, e l'attività di selezione e contenimento della specie, che è altra cosa e deve essere praticata con altri strumenti ed obiettivi”.
“Va fatto presente - continua Costa - che la chiusura prolungata di interi territori montani ad attività importanti come escursionismo, biking, turismo equestre, ricerca funghi, rischia di trasformarsi in un nuovo lockdown per un entroterra ligure già pesantemente colpito da due anni di pandemia portando alla chiusura di innumerevoli attività”.
Conseguenza diretta dell’ordinanza è anche la chiusura dei cancelli dei Parchi naturali del Beigua e dell’Antola, le cui amministrazioni gestiscono direttamente e indirettamente strutture ed attività che avevano appena riaperto nel rispetto delle norme anticovid.
Il Lago del Brugneto, Parco Regionale Naturale dell'Antola / Foto Shutterstock
 
“L’ordinanza sulla peste suina rischia di essere per le attività legate al turismo outdoor del comprensorio e del Parco del Beigua il terzo lockdown in tre anni. Il rischio è veramente il collasso”: ha dichiarato in una nota il presidente del Parco del Beigua, Buschiazzo. ”Il virus ormai è presente, applicheremo e rispetteremo l’ordinanza, ma è un ‘pannicello caldo’. Gli animali selvatici (volpi, tassi, lupi, corvi) si spostano, soprattutto i lupi che possono percorrere centinaia di chilometri dopo aver mangiato una carcassa. Molti altri animali selvatici entrano a contatto con il virus e anche loro possono trasportarlo. “Non vorrei essere pessimista ma temo che la limitazione di un’area alle attività umane, tenendo conto anche delle poche risorse a disposizione dei forestali e delle Asl, non basterà a fermare il virus ma in compenso ammazzerà un’economia, quella legata al turismo all’aria aperta, che ha già dovuto subire due lockdown” rincara il presidente.
Una risposta decisa alla crisi innescata dal provvedimento ministeriale, e un sostegno alle istanze di Federparchi e dei Parchi Naturali è arrivata nella serata di ieri dalla Regione Liguria. "Entro cinque giorni la Regione Liguria approverà una delibera di Giunta per stanziare i primi ristori agli allevamenti suinicoli danneggiati dall'ordinanza ministeriale contro la peste suina, in particolare i primi risarcimenti per gli abbattimenti di maiali previsti" ha dichiarato all’Ansa il presidente Giovanni Toti, al termine di una riunione d’urgenza.
Foto Shutterstock
"Per rimborsare le altre attività interverrà il sistema di Protezione civile nazionale dando mandato alle Camere di commercio di fare una ricognizione sui danni. La Regione Liguria ha deciso di intervenire per anticipare le esigenze più impellenti. Poco fa ho parlato con i ministri della Salute e delle Politiche agricole, Speranza e Patuanelli, per discutere dei ristori a carico del Governo, la settimana prossima ci sarà un tavolo a Roma a cui parteciperà anche la Regione Piemonte per ridiscutere l'ordinanza ministeriale e fare una prima ricognizione dei danni".
Alla riunione hanno partecipato anche i tecnici del sistema veterinario e dell'istituto zooprofilattico, che spiegano come “è imprescindibile l'abbattimento immediato di tutti i capi in allevamenti bradi, semibrado, brado, anche per quanto concerne l'allevamento familiare, perché c'è il pericolo di un contatto con il bosco, dove sono state individuate carcasse di cinghiale infette".
 
In attesa di aggiornamenti e nella speranza che i focolai epidemici vengano spenti, l'auspicio è che le norme che restringono gli spostamenti siano provvisorie e ragionevolmente derogabili. Il buon senso e il rispetto della sicurezza (stando magari solo sui sentieri segnati) possono evitare altri sei mesi di crisi per un entroterra già troppo dimenticato.
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