Per tutto maggio 2021, il sito del Touring Club Italiano - in collaborazione con Hertz - segue il Giro d'Italia edizione numero 104 (Torino, 8 maggio - Milano, 30 maggio). A raccontarci i luoghi del Giro d'Italia 2021 è Gino Cervi, scrittore e giornalista, nonché cultore di storia del ciclismo, curatore di guide turistiche Tci e autore di volumi di storia dello sport (tra cui i recenti Il Giro dei Giri e Ho fatto un Giro). Seguiteci lungo le strade del nostro Bel Paese! A questa pagina trovate tutte le puntate.

Era il 1972 e il Giro, da Ravenna, arrivava nella sua città, Fermo. Il ragazzo aveva dodici anni e a scuola era bravo a scrivere i temi. Fu premiato. Per un giorno divenne cronista al Giro. Si sedette sull’impalcatura della tribuna sul rettilineo del traguardo e aspettò l’arrivo dei corridori. Fu una volata di gruppo. Vinse Gianni Motta battendo in volata Bitossi e Basso. Anni dopo quel ragazzo dodicenne è diventato uno scrittore. Di mestiere. Romanzi, racconti. E reportage di viaggi e inchieste in Italia e nel mondo.

Ad Angelo Ferracuti, marchigiano, sono andato a chiedere, oggi che il Giro, dalle Grotte di Frasassi a San Giacomo (la montagna sopra Ascoli Piceno), passando per Fabriano, Matelica, Camerino, è interamente marchigiano, e marchigiano interiore, che paesaggio, dei luoghi e dell’anima, ci aspetta quando arriveremo al traguardo. «Ascoli Piceno è un gioiello architettonico, la città che s’illumina del colore chiaro del travertino. Piazza del Popolo è il suo cuore illustre, ma tutto l’insieme della città è uno spazio armonico tra pieni e vuoti, tra architetture e aperture all’esterno, sul paesaggio circostante. È una città affascinante, che seppure un po’ periferica dai grandi e consueti giri turistici nazionali, è entrata nell’immaginario sentimentale di molti anche grazie ad alcuni film d’autore che ne hanno colto il senso più intimo: penso a I delfini di Citto Maselli, o ad Alfredo Alfredo di Pietro Germi, con Dustin Hoffman e Stefania Sandrelli, o ancora a Il grande Blek di Giuseppe Piccioni, che mette in scena proprio la provincia ascolana negli anni Settanta». 


Ascoli Piceno - foto Getty Images

«Perché la misura di questa terra, il gentile equilibrio armonico tra paesaggio e insediamenti urbani, si colgono proprio nel loro insieme, allargando l’orizzonte verso queste colline che appunto nella misura tra città e natura hanno proprio la loro caratteristica particolare, e distintiva. Ho pensato molte volte di andarmene da questi luoghi, ma alla fine ho scoperto che è qui che mi sento a posto, nella relazione con questa armonia naturale. Che tiene insieme tante altre cose. Il carattere arcaico di questa Italia interiore, ancora radicata nella propria identità storica e antropologica, e un po’ riottosa ai cambiamenti e agli adattamenti che invece “spazzano” le città della costa. Ma c’è qui anche qualcosa di fiabesco, di sospeso nel tempo, come i disegni di Tullio Pericoli sanno bene esprimere, con quei cinghialetti che fuggono in fila tra le colline...».  


La campagna ascolana - foto Getty Images

Ho chiesto a Ferracuti dove porterebbe un amico per fargli capire con lo sguardo quale è il genius loci di queste Marche. «A Torre di Palme, una frazione di Fermo. È un balcone in miniatura, sospeso tra colline e mare. I nostri paesi sono fatti così: hanno una grazia naturale, non artefatta. Sono luoghi vissuti, dove si vive ancora con semplicità, senza pensare a mettersi in vetrina. A Torre di Palme ci sono molto legato perché ho fondato una scuola di fotografia e letteratura, la Jack London».


Torre di Palme - foto Getty Images

A proposito di fotografia, Angelo Ferracuti ha conosciuto da vicino e ha lavorato con Mario Dondero, uno dei più grandi fotogiornalisti italiani, che ha scelto di andare a vivere nelle Marche, e a Fermo in particolare, negli ultimi anni della sua vita. «L’incontro con Mario Dondero mi ha cambiato lo sguardo. Scrivevo racconti e storie di finzione. Mario mi ha insegnato a raccontare la realtà. Conobbe Fermo quando un gruppo di giornalisti locali lo accompagnò qui dopo che vinse il premio Scanno di fotografia. E si innamorò di questo posto, forse anche per il nome stesso: per lui che aveva per una vita girato il mondo senza mai fermarsi, scegliere di vivere a Fermo gli è sembrata una suggestione, che ha raccolto. In realtà ha continuato a girare il mondo: a Fermo arrivava si riposava qualche giorno e ripartiva. Affettuosamente lo avevo soprannominato Donderoad. Viveva in una piccola casa nel quartiere popolare, più proletario e anarchico della città. E da tutti veniva considerato uno di loro».


Fermo - foto Getty Images

Angelo Ferracuti alterna la sua produzione di narratore a quella di reporter, di indagatore della realtà contemporanea. Le biciclette le ha incontrate più di una volta nei suoi libri. Ad esempio, nel reportage pubblicato nel 2015, Andare, camminare, lavorare. L’Italia raccontata dai portalettere, dove si ricorda di un postino fiorentino che la bicicletta la usava solo accompagnandola per mano, carica della posta che doveva consegnare. Oppure, in un racconto, Il bello e il cattivo tempo, ispirato da una storia vera, di un padre che parte da Porto San Giorgio arriva a Parigi in bicicletta per raggiungere la famiglia, la moglie e i figli, da cui si era dolorsamente separato. «La bicicletta è un ottimo punto di vista per raccontare la realtà. Un punto di vista in movimento, ad altezza d’uomo, che consente di entrare in contatto con le cose e le persone, andando a una giusta velocità, né troppo piano né troppo forte». 


Ascoli Piceno - foto Getty Images

Non è la stessa dimensione “speculativa” dei girini che l’Italia dai loro sellini la vedono sempre di fretta e distrattamente. Ieri, al vincitore della tappa di Cattolica, l’australiano Caleb Ewans, hanno chiesto se sapeva dove si trovasse. Ha risposto candidamente di no. Del resto, anche quando negli anni Ottanta chiesero a Giorgio Manganelli di scrivere di Ascoli Piceno lui rispose così, con un gioco di prestigio: «Da una rivista di Ascoli Piceno ricevo una lettera, nella lettera mi si chiede se non vorrei scrivere due o tre cartelle per quella rivista. La lettera viene da una zona periferica, e chi vive in quel luogo è lieto di essere un periferico. Il punto è: esiste Ascoli Piceno? Ricordo di averla visitata in una esistenza che, per molti indizi, dovrei considerare precedente; quello che non ho potuto stabilire è se Ascoli Piceno esiste ora. Rammento di aver bevuto l’anisetta in una piazza estremamente decorativa; ritengo improbabile che una piazza così fatta esista veramente; probabilmente è una allucinazione, come la parola “rua” per designare una strada, o le olive ripiene. Sappiamo che nessun ricordo dà la certezza che qualcosa sia veramente accaduto; non è impossibile che io soffra di una nevrosi ascolana, una forma che suppongo rara, e curabile solo da analisti ascolani che siano giunti, da soli, per autoanalisi, alla scoperta che Ascoli Piceno non esiste, è solamente una tradizione, anche se estremamente ricca di particolari. Ora, il problema potrebbe essere: se Ascoli Piceno esistesse, e quindi potrebbe, niente più che potrebbe, esistere una rivista, e se questa rivista mi chiedesse un racconto di due-tre cartelle, io risponderei positivamente? Non credo. Io non scrivo facilmente, non scrivo se me lo chiedono, la mia fantasia è pigra e viziosa, sono di cattivo carattere e sebbene troppo vigliacco per essere litigioso, sono certamente rancoroso. Se Ascoli Piceno esistesse, io penso che non potrei assolutamente scrivere alcunché».

Anch’io, a fine giornata dopo aver bevuto l’anisetta nella piazza rinascimentale di Ascoli Piceno, vi saprò dire di più.

 

Il "Giro del Touring" è realizzato in collaborazione con Hertz, storico partner di mobilità dell'associazione, che ha messo a disposizione di Gino Cervi un'auto ibrida per seguire le tappe della Corsa Rosa. 

I volumi Touring sul Giro d'Italia scritti da Gino Cervi: Il Giro dei Giri e Ho fatto un Giro.