Per il nostro turismo l’incoming è ormai una componente essenziale: il 50,5% delle presenze che si registrano ogni anno in Italia infatti sono generate da visitatori stranieri (ne abbiamo parlato qualche giorno fa anche qui).

La figura 1 riporta i primi 10 mercati di riferimento in termini di presenze: nel 2018 sono stati Germania, Usa, Francia, Regno Unito, Paesi Bassi, Svizzera, Austria, Polonia, Spagna e Russia. 

Nella figura 2 è invece indicata la top ten dei Paesi per spesa turistica, che ci garantisce annualmente circa 44 miliardi di euro (dati 2019): nell'ordine, i Paesi sono Germania, Usa, Francia, Regno Unito, Svizzera, Austria, Canada, Spagna, Paesi Bassi e Australia. 

Come si può constatare, la Germania, con quasi 60 milioni di presenze annue e 7 miliardi di euro di spesa turistica nel 2018, salita a 7,6 miliardi nel 2019, è di gran lunga il primo mercato straniero per l’Italia e ha storicamente mostrato una predilezione per le destinazioni balneari adriatiche e per quelle lacuali e montane dell’Italia settentrionale.

L’attuale situazione che vive il Paese, ma anche buona parte dell’Europa, ci porta a prevedere che i flussi incoming verso l’Italia saranno nei prossimi mesi i più penalizzati: in particolare, i turisti tedeschi, la cui concentrazione più elevata si ha tradizionalmente tra luglio e agosto, presentano di solito anche un picco anticipato in occasione della Pentecoste che quest’anno cade tra fine maggio e primi di giugno.

A questo proposito, abbiamo cercato di capire quali potrebbero essere le province più esposte alla crisi dei flussi tedeschi.

Per avere un’idea più precisa, abbiamo preso in considerazione due diversi parametri: da una parte il tasso di internazionalità delle province italiane che rappresenta la quota di presenze straniere su quelle totali, e che restituisce la vocazione incoming di un territorio; dall’altra, un indicatore più specifico, ovvero il tasso di penetrazione del mercato tedesco sul mercato incoming complessivo di un’area, misurato come quota delle presenze tedesche su quelle stranieri totali.

Come emerge dalla figura 3, il primo indicatore è stato posto in ordinata e il secondo in ascissa: analizzando i dati di tutte le province italiane, sono stati scelti quelli che mettevano in luce le situazioni in teoria più critiche. Partendo dal dato medio nazionale del tasso di internazionalità delle presenze (50,5%) e da quello dell’incidenza a livello Italia del mercato tedesco su quello incoming complessivo (27,1%), nel quadrante in alto a destra sono state riportate le province più esposte alla crisi in quanto contemporaneamente più internazionali e più dipendenti dalla Germania rispetto alla media nazionale.


Fig. 3. Le province italiane con un tasso di internazionalità e una penetrazione del mercato tedesco superiore alla media nazionale (presenze, incidenza %) – 2018

Le più a rischio sono nell’ordine: Bolzano (71% di flussi tedeschi sul totale stranieri nel 2018, pari a 16,3 milioni di presenze in forse nelle destinazioni montane), seguita da Brescia e Rovigo (entrambe 49%, ma rispettivamente con 3,4 milioni di presenze concentrate sul Garda e 377mila presenze lungo l’Adriatico), Verona (44% e circa 13,5 milioni di presenze legate al Garda), Verbano-Cusio-Ossola (39% e circa 960mila presenze sui laghi Maggiore e D’Orta), Nuoro (34% pari a 436mila presenze), Venezia (30% e circa 8,2 milioni di presenze sulla costa adriatica) e Gorizia (28% e circa 351mila presenze sempre perlopiù attratte dall’Adriatico).

Per capire l’importanza che per questi territori ha il mercato tedesco, si consideri che le otto province sopra indicate attirano annualmente il 61% di tutte le presenze provenienti dalla Germania.

Venendo alla cronaca, in questi giorni il Governo tedesco ha avviato, in anticipo di due settimane rispetto all’Italia, la cosiddetta Fase 2 consentendo, seppure con modalità e tempi differenti nei diversi Länder, la progressiva riapertura di esercizi commerciali e di alcune scuole. La buona notizia per il settore è che anche le agenzie di viaggio sono state autorizzate a riprendere l’attività. Se a questo primo tentativo di ritorno alla normalità si aggiunge che per la Germania il nostro Paese è facilmente raggiungibile anche in auto, potrebbe esserci una concreta speranza che qualche tedesco possa riaffacciarsi nei prossimi mesi sui nostri laghi o sull’Adriatico, seppure sia irrealistico a oggi pensare di registrare i numeri ai quali siamo stati abituati nei decenni scorsi.