Quando lo vedi sul suo profilo Instagram, Emanuele Schmidt non sembra proprio un ironman, di quelli tutti muscoli e sguardo esagitato che non riescono a vivere senza avere l’acido lattico nelle gambe.
Poi quando gli parli scopri che è un signore pacato e gentile, 58 anni, presidente di una società di consulenza: ovvero tutto il contrario di quanto ti aspetteresti da uno che nell’estate 2017 ha deciso di percorrere le Alpi a piedi, nel senso della catena alpina nella sua interezza: quasi cento giorni di cammino da Muggia - vicino a Trieste - fino a Ventimiglia, ovvero da un confine all'altro del nostro Paese. Il perché, come, quando (e tutto quel che può starci in mezzo) ce lo racconta in questa intervista.
Emanuele, iniziamo con qualche dato della sua “impresa possibile”.
Ho camminato per 92 giorni, dal 18 giugno al 19 settembre, facendo due giorni di riposo a metà strada. Per 56 giorni sono stato da solo, gli altri li ho condivisi con amici e parenti che sono venuti a trovarmi lungo il percorso. In media, ho calcolato che ho camminato 8 ore e mezza al giorno, contando anche qualche pausa. E in totale sono stati 101mila i metri di dislivello, circa 1100 al giorno. Ah, i passi: al giorno ne ho fatti da 20 a 47mila.
Una bella precisione…
(ride) Mi appuntavo tutto su un quadernetto, la sera. E i passi li contava lo smartphone! Non so invece i chilometri percorsi, stimo tra i 1500 e i 2000, ma non ho una cifra certa.
Raccontiamo l’itinerario, tanto per dare un’idea dei luoghi da cui è passato.
Sono partito da Muggia, vicino a Trieste. Poi ho percorso il Carso, sconfinando in Slovenia sul massiccio del Triglav. Sono tornato in Italia a sud di Tarvisio, per poi proseguire lungo il confine con l’Austria sull’Alta via Carnica, poi fino al Brennero. Dalla Val Venosta sono passato poi per Livigno, l’Engadina e Madesimo, di qui ho proseguito nel Canton Ticino e poi in val Formazza. Da quel punto ho seguito il GTA (la Grande Traversata delle Alpi) per tutto il Piemonte e la Liguria, con qualche variante, arrivando a Ventimiglia.
Il percorso di Emanuele Schmidt, con l'indicazione dei posti tappa (rifugi, pensioni, tenda, ecc.)
Era un percorso deciso a tavolino prima di partire?
In teoria sì, in realtà poi sul terreno ho scelto percorsi più razionali – come sempre sul campo si capisce meglio la realtà delle cose. Nella mia idea di traversata delle Alpi c’erano alcuni punti fermi: evitare le strade asfaltate e gli impianti di risalita, innanzitutto. Non volevo trovarmi a camminare sotto una funivia! Poi volevo rimanere per quanto possibile in quota, ma senza scalare grandi cime. E nella scelta ho prediletto i luoghi che non avevo mai visto, quelli che desideravo vedere da una vita: ecco perché ho tagliato fuori la Valle d’Aosta, che conosco come le mie tasche.
Ed è riuscito a evitare l’asfalto come si era ripromesso?
Non sempre! E quando è successo sono andato in crisi. Pare incredibile, ma ci sono luoghi dove non c’è alternativa per camminare: le strade prendono inesorabilmente il posto dei sentieri. Come da Alagna alla Val Vogna, in Piemonte; o nel fondovalle della Val Senales. Non le dico in quei luoghi la fatica a cercare di trovare un percorso alternativo dove passare...
28 luglio 2017, Emanuele Schmidt sale per la val Bever (Engadina, Svizzera)
In generale, com’è la situazione della segnaletica sulle Alpi? È stato sempre facile capire dove prendere o seguire un sentiero?
La situazione è molto disomogenea. Mi è capitato di perdermi a causa di cartelli e segnavia mancanti, nascosti o poco precisi. Nel Carso ho faticato davvero a trovare la strada. In Piemonte, lungo il GTA, ho trovato grande differenza tra alcuni sentieri mal segnalati in Ossola, nelle Valli di Lanzo e nel Biellese e quelli ben indicati del Cuneese – ho avuto l’impressione che tutto dipenda dalla cura e dall’interesse delle comunità locali. Un peccato: se c’è una cosa che farò d’ora in poi è cercare di sensibilizzare chi si occupa di manutenzione raccontando la mia esperienza.
Ma non c’era nessuno cui chiedere informazioni, in caso di incertezza?
Macché! La montagna è sempre più disabitata, questo è certo. Pensi che in alcune giornate di marcia mi è capitato di non incontrare neppure una persona, neanche in senso contrario al mio, neanche a metà agosto. Ogni tanto arrivavo in certi alpeggi pieni di gente, ma appena mi allontanavo… il deserto. Comunque, direi che in Austria e in Svizzera ho sempre incontrato più camminatori che in Italia. E anche in provincia di Cuneo, dove le valli sono abitate e vivaci, piene di bikers e viandanti come me, segno di comunità che vivono il loro territorio e hanno saputo puntare con successo sul turismo lento.
15 agosto 2017, il bivacco di Antigine in valle Antrona (Vb)
Parliamo del suo equipaggiamento.
Il mio zaino pesava 12 chili, più l’acqua e il cibo. Avevo un sacco a pelo da 500 grammi, un guscio, un piumino, scarpe basse e sandali, tre pantaloni, tre t-shirt. Medicine, pile, un ombrello. E una tenda da un chilo: l’ho usata solo cinque notti, dormivo per lo più in rifugi, qualche volta in bivacchi o in fondovalle.
Uno zaino leggero…
Ho imparato che è indispensabile per camminare così a lungo. Non ho portato neppure la macchina fotografica: bastava lo smartphone, su cui nei rifugi – quando c’era la connessione o un wifi – postavo sul mio account Instagram (emanuele.girodellealpi), aperto appena prima di partire per tenere informati amici e simpatizzanti. E per le cartine ho utilizzato uno stratagemma: le ho spedite in vari rifugi dove ero sicuro di passare, così le trovavo al mio arrivo. E poi le lasciavo agli amici che mi venivano a trovare, così da non pesare nello zaino!
Lo zaino di Emanuele Schmidt
Come ha trovato i rifugi alpini?
Anche in questo caso, molto diversi tra loro. Ci sono rifugi raggiungibili in auto o in funivia che hanno un modello di business basato sulla ristorazione: se ti fermi a dormire sei quasi un disturbo. In altri, raggiungibili solo a piedi, si riceve invece un’accoglienza splendida: il gestore addirittura ti telefona se non ti vede arrivare…
Ci racconti qualche incontro particolare.
In senso positivo, quelli con gli animali selvatici: tanti, dalle aquile agli stambecchi. Ho ammirato due marmotte che lottavano senza accorgersi di me e un camoscio mi si è avvicinato a due passi. In senso negativo, ho avuto quattro brutte esperienze con i cani da pastore in Piemonte, nelle valli di Lanzo, Susa, Chisone e Argentina : attaccabrighe, non controllati e gestiti da nessuno, mi seguivano da vicino abbaiando per lungo tempo; mia moglie è stata pure morsa. Una vera seccatura per i camminatori e un problema che a lungo andare li spingerà a preferire altri monti.
2 settembre 2017, Valle Germanasca (To), il crinale dal Colle della Balma
Cani a parte, ha mai avuto momenti di crisi? Camminare per 92 giorni non è una passeggiata…
Sono stato fortunato, fisicamente e psicologicamente sono sempre stato bene. Devo dirle che ho trovato l’esperienza più semplice di quanto pensassi. Quella del camminatore su lunghe distanze è una vita molto monotona ed elementare, fatta di azioni semplici, di routine: una routine in cui il tuo corpo è al centro, è l’unica “cosa” di cui devi prenderti cura – una grande differenza con la mia esistenza quotidiana. La fatica, il freddo e il caldo, le vesciche… devi imparare a leggerti, a guardarti. Io ero abbastanza allenato, sono riuscito a camminare 8-10 ore al giorno senza problemi, anche se forse avrei dovuto far qualche sosta in più per recuperare: quando sono tornato, dopo una settimana di vita “normale” facevo fatica a fare le scale della metropolitana…
26 luglio 2017, la salita alla Fuorcla Federia, che collega Livigno con l'Engadina
Posso chiederle cos’altro ha imparato attraversando le Alpi a piedi?
Sono partito con un sogno: mi piace molto la montagna, l’idea di libertà mi affascina. E mi stuzzicava, per una volta, il pensiero di fare qualcosa solo per me. Una sorta di regalo a me stesso. Mentre camminavo, ho capito altre cose: non solo che il corpo ha un’importanza fondamentale nella vita quotidiana, ma anche che a volte serve guardare le cose da un altro punto di vista. Le cose succedono anche senza di te, il mondo va avanti anche se non sei tu a dettare le regole o a prendere le decisioni. E poi, mi sono soffermato sull’importanza di capire quando e perché sbagliavo sentiero: inutile e controproducente insistere nell’errore, meglio farsi venire un dubbio e tornare indietro. Una lezione anche per la vita quotidiana.
6 luglio 2017, Obere Wolayer Alm, in Austria
Finiamo con qualche luogo che ha “scoperto” e che consiglia di esplorare ai nostri lettori – anche senza fare 92 giorni a piedi!
Sono moltissimi, le Alpi sono ricchissime di luoghi straordinari e poco conosciuti. Sono stato affascinato dal Canton Ticino: la Val Maggia mi è piaciuta moltissimo, così come la pietrosa Val Bavona, segnata da massi erratici che l’uomo ha saputo utilizzare per i suoi scopi sin da tempi antichi. L’alta val Maira, in Piemonte, è stupenda! Quanto a panorami eccezionali, citerei quello dal rifugio Coda, nel Biellese, vicino a Oropa, per il colpo d’occhio sulla pianura e i quattromila valdostani; e il Marguareis, vicino a Limone Piemonte, dove lo sguardo spazia dal Cervino al mare. Poi voglio ricordare la val Ridanna, dove c’è un museo minerario dove devo tornare, e l’alta via Carnica, sul crinale tra Austria e Italia: un’operazione di successo, molto ben organizzata quando gestita dagli austriaci, molto meno sul versante italiano…
La rivedremo presto su altri sentieri?
Chi lo sa… prendersi tre mesi di ferie non è certo facile! Certo, mi piacerebbe andare verso nord…
29 agosto 2017, la pianura dal colle di Sulè (To)