È appena uscita la nuova Guida Verde "Calabria", disponibile sul nostro store online, in tutte le librerie e nei Punti Touring. Completamente aggiornata, arricchita di nuovi contributi, è ideale per iniziare a pianificare una vacanza o un weekend, ma anche per scoprire nuove realtà, documentarsi, sognare a occhi aperti. Merito anche dei percorsi d'autore Vins Gallico, di cui vi offriamo un saggio poco oltre. Gallico è nato a Melito Porto Salvo (RC) nel 1976. Ha pubblicato Portami Rispetto (Rizzoli 2010) e Final cut (Fandango libri 2015) e ha lavorato come consulente e traduttore editoriale. Dirige attualmente la libreria “Fandango Incontro” e fa parte del consiglio direttivo dei Piccoli Maestri. In quest'articolo lo abbiamo intervistato. 
Vins Gallico
LA NUOVA GUIDA VERDE CALABRIA
Intanto, ecco qualche anticipazione sui contenuti della nuova Guida Verde Calabria. Più di una guida, un viaggio suggestivo da Cosenza a Reggio, attraversando la mitica Scilla. Il volume accompagna lungo i panorami sempre diversi di una delle più eterogenee terre italiche, lambita appena dal turismo mainstream. Passato e presente si danno il cambio fra solenni ambienti montani e piane industrializzate, borghi dimenticati e perle costiere, spiagge assolate, antichi mestieri e arti contemporanee. Fra le succose novità di questa edizione:
 
- Dai bronzi di Riace ai movimenti antimafia della società civile, la nuova mitopoiesi di Calabria nei racconti dello scrittore Vins Gallico 
- Rocche, fiumare, paesi fantasma: cronache dagli Aspri Monti
- Tra barracuda e relitti sommersi: immersioni a Capo Rizzuto 
- Feste arbëreshe nella Calabria silana, dove sopravvive un grappolo di paesi di lingua, costumi e tradizioni albanesi
- Gite in barca sulla Costa degli Dei: spiagge bianche, acque cristalline, grotte e faraglioni fra Tropea e Pizzo
- Sapori di mare e di terra dalle acciughe di Amantea al peperoncino di Calabria, dalla liquirizia di Rossano al bergamotto
 
CALABRIA BELLA: UNA MITOPOIESI DA RICOSTRUIRE
Di Vins Gallico
«Ma lo sai che non sembri neanche calabrese?». Non so quanto spesso me lo abbiano detto. A volte con tono neutro, come se si trattasse di un oggettivo confronto fra misure o percentuali, una questione di peso o altezza, forse una comparazione fra colori. Incredibile, dai, vieni dalla terra dei neri e sei rosso? Ma molto più spesso il mio interlocutore sottintendeva qualcosa. Qualcosa che ha radici e origine nel pregiudizio, in una carenza storico-culturale, in una superficialità sociologica. Perché non dovrei sembrare calabrese? Come sembra un calabrese? Queste sono le domande che (mea culpa!) troppo di rado ho rivolto a chi pensava di farmi una cortesia o un piacere dicendo che non sembro calabrese. Mi fermo un secondo qui, prima di ragionare sulle possibili cause di quella assurda affermazione.
L’estate magica sullo Ionio
Ho bisogno di ancorarmi al presente. Scrivo questa introduzione alla nuova Guida Verde della Calabria alla fine dell’estate 2020. L’estate dell’anno bisesto e funesto, quello del Covid e del lockdown, l’estate in cui coloro che sono riusciti ad andare in vacanza hanno scelto quasi tutti un turismo di prossimità. Di questo periodo ricorderemo le immagini drammatiche delle bare nel bergamasco, il Papa e il Presidente della Repubblica soli a piazza San Pietro e a piazza Venezia, ricorderemo le mascherine, i canti dai balconi, la calata dei droni e degli elicotteri che inseguono runner o scacciano dalle spiagge bagnanti isolati. Ricorderemo i grandi aeroporti internazionali vuoti come cattedrali e le isole ricolme come pollai. E alcuni ricorderanno le vacanze in Calabria.
Mai come quest’anno ho ricevuto foto di amici e conoscenti che mi indicavano la loro presenza nella mia regione. E i commenti erano tutti positivi, e sorpresi: «Posto fenomenale», «Bomba», «Ma che davero c’avete e spiagggie der Brasile su o Ionio?». Riformulo meglio la frase di prima: i commenti erano positivi, ma soprattutto erano tutti sorpresi. Perché non si aspettavano un tale contorno di bellezza selvaggia, varietà di paesaggio, spettacoli naturali, tutela delle tradizioni. Non c’è alcun mare nella penisola italiana che sia paragonabile a quello della Calabria, perché il litorale che va da Tortora Marina a Rocca Imperiale copre quasi ottocento chilometri di spiagge, rocce, golfi, ecomostri, stabilimenti, porti, calette, passeggiate, scogliere. Ottocento chilometri è un mondo che cambia, è un viaggio, è la possibilità di incontrare di tutto. E in una regione così acquatica ti volti verso l’entroterra e su di te incombono le montagne arcigne, diffidenti, quasi respingenti dell’Aspromonte e i declivi più morbidi, poetici, a tratti elvetici della Sila, mentre il massiccio del Pollino delimita il confine con la Basilicata. E ci trovi le tradizioni grecaniche, i paesini arroccati, i paesini orrendi, le tradizioni orrende.
Capo Rizzuto (Kr) / foto Getty Images
Calabria fuori stereotipo
Mi fermo un’altra volta qui, e cambio strada. Per portarvi davanti a uno specchio e tornare alla domanda dalla quale sono partito. Vorrei mostrarvi lo specchio con il quale i calabresi vedono sé stessi e la loro regione. Lo specchio con il quale i non calabresi vedono la Calabria e i calabresi. Esiste un mito del Mezzogiorno: un mito che comprende un passato magnogreco, un passato di occupazione e colonizzazione da sud, da est, da ovest e da nord, che mescola gli arabi e gli Aragonesi, i Borboni e i Sabaudi, i banditi e i mercanti, un mito che a volte, in maniera perversa, esalta il potere della malavita da un punto di vista economico ed etico. Ma non esiste un mito tipicamente calabrese, a parte quello negativo della ’ndrangheta. Perché la Calabria non ha avuto una città di punta come Napoli o Palermo? Perché Reggio Calabria o Cosenza o Catanzaro prima, e poi Crotone e Lamezia non hanno mai raggiunto simili livelli nel corso della storia, pur godendo in alcuni casi di una posizione geografica privilegiata?
Perché è sempre mancata una mitopoiesi. La Calabria viene spesso raccontata male o si racconta peggio. Torniamo davanti allo specchio, troveremo un atteggiamento schizofrenico degli autoctoni. Ci sarà il calabrese che vede una regione bellissima, ma deturpata. Ma deturpata da chi? Sempre da altri. E il calabrese che invece osserva una regione bellissima, generosa, accogliente e basta, convinto che la bellezza della Calabria sia superiore a tutto il resto del mondo, con quella ingenua ma colpevole miopia di chi non vede più in là del proprio naso. In quello stesso specchio un altro calabrese focalizzerà bruttezza, orrore, impossibilità di trovare lavoro, frustrazione. Non si può vivere così, pensa quest’ultimo calabrese, non si può andare avanti così. La stessa lettura frammentata la daranno i non calabresi che guarderanno dentro lo specchio. Chi viene da fuori trova una regione che alterna scorci di meraviglia e squarci di orrore. Vede prospettive di grande turismo e ruberie da quattro soldi, la bellezza dei Bronzi di Riace, del MuSaBa, delle installazioni di Tresoldi e poi la piccineria soverchiante di alcuni commercianti o dell’industria dell’ospitalità.
Voci, idee, esperienze, speranze
Anche per questo ben venga una nuova guida della Calabria, per portare altre prospettive davanti allo specchio, per invogliare a un’esperienza che possa riservare grandi, spesso piacevoli sorprese. Più la Calabria sarà conosciuta, più migliorerà. E allora ben vengano le canzoni di Peppe Voltarelli e Brunori Sas; i libri di Domenico Dara, di Mimmo Gangemi, di Gioacchino Criaco, di Gianfrancesco Turano, di Danilo Chirico, di Tiziana Barillà, del collettivo Lou Palanca, di Giuliano Santoro; ben vengano anche le descrizioni sui social che danno account twitter come zuccheriNo, pico, Brizzi. Perché tolgono stereotipi e aggiungono poesia, perché senza essere retorici o bugiardi raccontano una regione complessa, con un cuore che è impossibile da esporre in vetrina. Una regione che ha un conflitto interno, fra reazionari e progressisti, fra bigotti ipocriti e illuministi romantici (sì, esistono anche questi!), una regione schiava e indomabile, vittima e carnefice di sé stessa, una regione dove l’onestà e l’etica sono in ballo. Corrado Alvaro, una delle voci novecentesche che meglio ha intuito la Calabria, scriveva: «La disperazione più grave che possa impadronirsi d’una società è il dubbio che vivere rettamente sia inutile». Una narrazione non tossica della Calabria può servire anche a questo, a renderla una terra di speranza. O per lo meno a non renderla una terra di disperazione. Andate in Calabria. Non state entrando nel far west. Ci troverete dei posti eccezionali e tante brave persone. E quando le incontrerete ed entrerete in confidenza con loro, vi chiedo un favore. Non dite a nessuno: «Ma lo sai che non sembri calabrese?».
Monterosso / foto Getty Images
INFORMAZIONI
La Guida Verde Calabria è disponibile sul nostro store online, in tutte le librerie e nei Punti Touring.