Raccogliendo la metafora, dovremmo davvero immaginare gli Appennini come una spina dorsale lunga 1350 chilometri. Certo, potremmo continuare a descriverli come territori doloranti, che in molti sono costretti a lasciare per mancanza di stimoli e opportunità. Invece tra le montagne che corrono dalla Liguria alla Sicilia si sta scrivendo un capitolo tutto nuovo, grazie a storie di comunità che creano occasioni di rinascita e realizzazione. Convivere nel rispetto della natura, resistere all’idea che fuori dalle aree dense e urbanizzate l’unica via di salvezza sia solo il turismo: questa è l’ambizione a cui dare credito.
La Montagna del Latte per la rigenerazione dell'Appennino Reggiano / foto Montagna del Latte
La Montagna del Latte è un nome dagli echi onirici, ma battezza un progetto radicato nel territorio. Per conoscerlo meglio si lascia la via Emilia per addentrarsi nell’Appennino reggiano, fino a quella parte del Parco nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano che rimanda alle vicende storiche e biografiche di Matilde di Canossa. Il paesaggio è mosso da dolci colline e punteggiato dai castelli, che così bene ricordano i tempi di Matilde. Pur sbrecciati, in rovina, erosi dal tempo, sono la testimonianza più viva di quando in queste terre passavano i cortei del Papa e dell'imperatore.
Qui opera l’Unione Montana dei Comuni dell'Appennino Reggiano: Carpineti, Casina, Castelnovo ne’ Monti, Toano, Ventasso, Vetto e Villa Minozzo dal 2018 stanno attivando processi di economia sostenibili che rallentino, se non arrestino, lo spopolamento delle aree montane. Perché anche qui la domanda che ricorre soprattutto nelle giovani generazioni è “partire o restare?”, che poi è più un lasciare o raddoppiare l’impegno per rilanciare i territori lontani dalle grandi aree urbanizzate.
A motivare e sostenere chi cerca di investire sulle aree interne è la strategia nazionale per le “green communities”, che nelle “terre matildiche” si traduce in interventi per la salvaguardia del patrimonio agro-forestale e su nuovi modelli agricoli per realizzare produzioni sostenibili negli allevamenti e nei campi, attraverso la diffusione di tecniche agronomiche innovative nelle aziende. A muovere principalmente l’economia locale di queste aree sono le “ruote” di Parmigiano Reggiano, vero e proprio oro di una filiera che nel suo complesso vede coinvolti 300 caseifici produttori e oltre 2.600 aziende agricole, per un totale di 50 mila persone coinvolte e un giro d’affari alla produzione di 1,35 miliardi di euro. Volumi enormi, che generano un indotto indispensabile per sostenere le economie delle aree rurali svantaggiate, una sorta di assicurazione sulla vita di un intero territorio a rischio spopolamento.
La Montagna del Latte per la rigenerazione dell'Appennino Reggiano / foto Manuel Pizzarelli
“Nel 2008 la crisi del prezzo all'ingrosso sul mercato del Parmigiano Reggiano era causa delle molte chiusure di stalle e caseifici, i prezzi non coprivano i costi della produzione del latte negli allevamenti. Tanto più in montagna dove i costi di produzione salgono”. A parlare è Giampiero Lupatelli, economista dei territori che oltre a ricoprire la carica di vicepresidente del Consorzio Caire è uno dei coordinatori della Montagna del Latte.
A quella crisi congiunturale, i produttori della montagna reggiana hanno reagito puntando sulla forza dell'economia solidale e di una strategia comunitaria per non lasciare alle logiche del mercato il prodotto più importante dell'economia agroalimentare reggiana: “Non ci sbagliavamo allora - spiega Lupatelli - quando nella nostra comunità eravamo convinti che la strategia di sviluppo del nostro territorio dovesse mettere al centro la produzione più tradizionale e a suo modo iconica come quella del parmigiano, di cui la produzione richiesta ogni anno corrisponde a 3 miliardi di valore. A marzo del 2018 la definizione del Disciplinare di produzione del Parmigiano Reggiano ci ha dato una base utile per sviluppare un progetto nel territorio dell'Appennino reggiano”.
La Montagna del Latte per la rigenerazione dell'Appennino Reggiano / foto Montagna del Latte
NUOVI AGRICOLTORI, CUSTODI DEL SUOLO
“Abbiamo investito sulle rinnovabili, sulla riforestazione e sulla sostenibilità della produzione del foraggio. Nella direzione di andare verso la neutralità dell’impatto degli allevamenti zootecnici non intensivi di qualità abbiamo voluto riprodurre un modello antico, quello delle “cattedre ambulanti”.
A metà Ottocento in Italia, nelle zone agricole, anche in aree poco accessibili, si diffondono infatti le Cattedre ambulanti di Agricoltura: il passaggio di conoscenze tra coltivatori, contadini, tecnici e agrari avveniva nei campi, una modalità che si è consolidata in molta parte del Novecento. "Come allora, l’obiettivo della Montagna del Latte è far sì che ricercatori ed esperti diffondano tecniche agronomiche innovative nelle aziende dell’Unione montana e nei territori che rientrano nella green community dell’Appennino reggiano - spiega Lupatelli -. Far diventare ordinarie alcune tecniche di rigenerazione dei campi è uno dei primi passi per rendere reale una green community per formare sempre più degli ‘agricoltori custodi del suolo’, che agiscano riducendo l’impatto ambientale e i consumi energetici, privilegiando la qualità del latte alla quantità”.
 
La Montagna del Latte per la rigenerazione dell'Appennino Reggiano / foto Montagna del Latte
I caseifici che aderiscono alla Montagna del Latte stanno investendo sul ciclo produttivo per migliorare il livello di sostenibilità, le aziende agricole hanno fatto lo stesso riguardo la produzione dei foraggi e alle tecniche di lavorazione di stalla. Grazie ai fondi ottenuti principalmente nel settore agroalimentare, si riescono a sostenere anche altre attività: “Se la Montagna del Latte si sta costituendo come una delle prime Green Community italiane - precisa Lupatelli -, lo dobbiamo anche all’amministrazione regionale e agli enti locali, che ci hanno sostenuto nel consorziare caseifici, produttori, enti di ricerca e formazione che stanno costituendo un unico progetto, a cui abbiamo iniziato a lavorare nel 2014. A renderla operativa è stato nel 2018 l’accordo di programma-quadro firmato dal presidente del Consiglio dei ministri, dall’Agenzia della coesione, sette ministeri, la Regione e l’Unione dei Comuni. Siamo molto soddisfatti, perché il nostro progetto può contare su finanziamenti per 9 milioni di euro ed ha raggiunto il 90% del livello di attuazione”.
La Montagna del Latte per la rigenerazione dell'Appennino Reggiano / foto Localtone
 
UNA COMUNITÀ GREEN, NEI CAMPI, NELLE SCUOLE, NEL TURISMO, NELLA SALUTE
La Montagna del Latte è diventata uno strumento per supportare anche altri settori nevralgici, come la scuola e il turismo: "Nel settore della formazione siamo riusciti a dare il nostro contributo con progetti di educazione destinati alle scuole primarie e secondarie - spiega Lupatelli -, in particolare nell’offerta didattica, nei rapporti con il mercato del lavoro e nella sensibilizzazione ai temi della sostenibilità”.
“Riguardo al settore del turismo, c’è un progetto importante sviluppato dal Parco nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano per un intervento di ammodernamento delle vecchie strutture sciistiche per renderli fruibili nelle quattro stagioni, principalmente nell’ambito del cicloturismo. Ci sta dando molta soddisfazione anche la definizione del Cammino della Via Matildica del Volto Santo, un itinerario a tappe da Mantova a Lucca. Altre risorse sono state destinate a sovvenzionare piccole imprese locali che operano nel settore turistico”.
“L’ultimo intervento è stato fondamentale perché ha attenuato gli effetti della pandemia. Si tratta della sperimentazione delle figure degli infermieri di comunità, che infatti sono riusciti a presidiare i comuni più dispersi dell’Appennino, in una fase così complicata per la salute pubblica. A questo si aggiunge un centro per la prevenzione cardiovascolare e per la riabilitazione, punto di riferimento per tutta la rete provinciale, quindi un aiuto che dalla montagna arriva fin giù in pianura", a dimostrare che si può pensare a un'Italia in cui i centri metropolitani e le aree meno urbanizzate dialogano, si connettano, respirino insieme e meglio.
La Montagna del Latte per la rigenerazione dell'Appennino Reggiano / foto Montagna del Latte
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